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Graduazione della pena: Cassazione e limiti del ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro la determinazione della pena per furti in abitazione. La Corte ha ribadito che la graduazione della pena è una scelta discrezionale del giudice di merito, non rivalutabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e sufficiente, come nel caso di specie.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La graduazione della pena: quando la decisione del giudice è insindacabile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 20868 del 2024, offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso per cassazione in materia di graduazione della pena. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: la determinazione della sanzione penale rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di legittimità, a meno che la decisione non sia palesemente arbitraria o illogica. Analizziamo insieme il caso e le conclusioni della Corte.

I fatti del processo

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che aveva parzialmente riformato una condanna emessa in primo grado. Due imputati erano stati ritenuti colpevoli di vari reati contro il patrimonio: uno per plurimi episodi di furto in abitazione (consumati e tentati) e simulazione di reato, l’altro per un singolo episodio di furto in abitazione. La Corte d’Appello aveva rideterminato il trattamento sanzionatorio.

Contro questa decisione, entrambi gli imputati hanno proposto un unico ricorso per cassazione, sollevando tre questioni principali:
1. La mancata applicazione della pena nel minimo edittale previsto dalla legge.
2. L’eccessivo aumento di pena applicato per i reati commessi in continuazione (il cosiddetto ‘reato continuato’).
3. Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche a uno degli imputati.

In sostanza, i ricorrenti chiedevano alla Cassazione di rimettere in discussione la quantità di pena inflitta, ritenendola sproporzionata.

La decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. Questa decisione non entra nel merito delle richieste dei ricorrenti, ma si ferma a un livello precedente, stabilendo che le questioni sollevate non potevano essere discusse in quella sede. La Corte ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni sulla graduazione della pena

Le motivazioni della Corte si basano su principi consolidati della procedura penale. I giudici hanno spiegato che la graduazione della pena è una prerogativa esclusiva del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello), che la esercita seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del danno, intensità del dolo, capacità a delinquere, etc.).

Un ricorso in Cassazione che mira a ottenere una nuova e diversa valutazione sulla congruità della pena è inammissibile. Il giudizio di legittimità, infatti, serve a verificare la corretta applicazione della legge, non a rifare il processo. L’unica eccezione si ha quando la determinazione della pena è frutto di ‘mero arbitrio’, di un ‘ragionamento illogico’ o è priva di una ‘sufficiente motivazione’. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la sentenza d’appello fosse adeguatamente motivata.

La gestione del reato continuato

La Corte ha inoltre specificato che i giudici di merito avevano correttamente applicato le regole sul reato continuato, come delineate anche da una importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 47127/2021). Il giudice deve:
1. Individuare il reato più grave e stabilire la pena base.
2. Calcolare e motivare l’aumento di pena per ciascuno degli altri reati (i cosiddetti ‘reati satellite’).
La motivazione deve essere tale da permettere di verificare la proporzionalità degli aumenti e il rispetto dei limiti di legge, evitando un mero cumulo materiale delle pene.

Infine, anche la censura sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è stata giudicata priva di specificità, poiché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata per la sua decisione.

Le conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rafforza un pilastro del sistema processuale penale: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La quantificazione della pena è un’attività complessa che richiede la valutazione di molteplici fattori concreti, compito che spetta ai giudici che hanno diretto contatto con le prove del processo. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio nel merito. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che le doglianze sulla misura della pena devono essere supportate non da una semplice richiesta di ‘sconto’, ma dalla dimostrazione di una palese illogicità o arbitrarietà nella motivazione del giudice, un onere probatorio assai difficile da assolvere.

È possibile contestare in Cassazione la quantità di pena decisa dal giudice?
No, di regola non è possibile. La graduazione della pena è una valutazione di merito, discrezionale del giudice. Un ricorso in Cassazione su questo punto è inammissibile, a meno che la decisione non sia frutto di mero arbitrio, palesemente illogica o priva di motivazione sufficiente.

Come deve essere motivato l’aumento di pena per il reato continuato?
Il giudice deve individuare il reato più grave, stabilire la pena base e poi calcolare e motivare l’aumento in modo distinto per ciascun reato ‘satellite’. La motivazione deve essere adeguata a verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene e i limiti previsti dall’art. 81 del codice penale.

Perché il ricorso sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è stato respinto?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché la censura è stata giudicata ‘del tutto priva di specificità’. La Corte ha rilevato che i giudici di merito avevano fornito un’adeguata motivazione per negare le attenuanti, rendendo la doglianza infondata in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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