Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15520 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15520 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COGNOME il 29/12/1975
avverso l’ordinanza del 30/09/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME nel quale il
difensore si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della misura alternativa di cui all’art. 47 I. 26 luglio 1975, n.
354 (Ord. pen.) – oltre a non essere consentite, risolvendosi in doglianze di fatto, sono manifestamente infondate.
Invero, il Tribunale di sorveglianza nel rigettare la richiesta di affidamento, evidenzia che nel caso di specie non risulta essere stata fornita né una concreta
proposta lavorativa né un effettivo programma di attività socialmente utili cui la ricorrente dovrebbe dedicarsi, avendo allegato la stessa unicamente una
dichiarazione di disponibilità di un parroco a prenderla in carico per lo svolgimento di attività di sartoria e pulizia dell’oratorio per sole quattro ore alla settimana. Osserva
che ciò, unitamente alla gravità del reato in espiazione, depone, almeno per il momento, in senso sfavorevole a una prognosi di affidabilità e, quindi, di idoneità della misura invocata a consentire l’effettivo recupero e reinserimento sociale della condannata e milita, invece, per una preventiva sperimentazione esterna attraverso la fruizione di permessi premio, in un’ottica di graduale progressività nell’esecuzione della pena.
Osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 3 aprile 2025.