Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 38649 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 38649 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/11/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME COGNOME (cui TARGA_VEICOLO) nato in Marocco il DATA_NASCITA avverso la sentenza resa il 13 febbraio 2025 dalla Corte di appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che non è stata avanzata richiesta di trattazione orale dell’udienza; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale
NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza resa dal GUP del Tribunale di Venezia il 19 Marzo 2024 che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato l’imputato responsabile di diversi reati di furto, rapina e lesioni personali meglio indicati in rubrica, unificati dal vincolo della continuazione, e ritenuto più grave il reato di rapina contestato al capo E, concesse le circostanze attenuanti e applicata la riduzione per il rito, lo aveva condannato alla pena di anni quattro di reclusione e 1.800 € di multa.
Avverso detta pronunzia ha proposto ricorso l’ imputato, deducendo un unico articolato motivo di ricorso:
violazione di legge e vizio di motivazione in merito al diniego di inviare l’imputato ad un RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, poiché la Corte di appello non ha ritenuto accoglibile l’istanza avanzata ex art. 129 bis del codice di rito, osservando che la stessa era stata formulata soltanto nel giudizio di secondo grado e che un eventuale programma di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non sarebbe stato utile, in quanto l’imputato non aveva mai mostrato interesse per le vittime, tutte commercianti e imprenditori, che avevano subito atti predatori.
Osserva il ricorrente che la Corte ha travisato lo scopo della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, attribuendo a questo istituto obiettivi e limiti di ammissibilità mai presi in considerazione dal legislatore. Ed infatti l’art. 129 bis cod.proc.pen. prevede che in ogni stato e grado del procedimento l’Autorità giudiziaria può disporre anche d’ufficio l’invio dell’imputato e della vittima del reato al RAGIONE_SOCIALE, per l’avvio di un programma di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, (…) ‘ qualora reputi che lo svolgimento di un programma di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti ‘ .
In forza del suindicato tenore letterale della norma è evidente che la Corte di merito ha errato nel negare l’accesso alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ritenendo tardiva l’istanza formulata soltanto in secondo grado; inoltre ha travalicato i suoi poteri, in quanto ha ritenuto che debba esserci una correlazione tra la necessità di resipiscenza dell’imputato e l’utilità della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, mentre non è la resipiscenza a fungere da parametro per la ammissibilità alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; peraltro, non va trascurato che l’imputato ha reso interrogatorio di garanzia, confessando e ammettendo gli addebiti a lui contestati. Ancora meno conferente allo spirito dell’istituto risulta il riferimento alla professione svolta dalle persone offese, quasi fosse un ostacolo al percorso di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, mentre proprio per reati contro il patrimonio quale la rapina troverebbe ragione e utilità un percorso di questo genere.
In tema di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, va ribadito che la sola richiesta di accesso non fa sorgere in capo all’interessato il diritto ad essere avviato presso un centro per lo svolgimento del programma richiesto, non sussistendo alcun automatismo tra la presentazione delle domanda e l’avvio del programma, in quanto è rimessa al giudice la valutazione della sua utilità.
Nulla impedisce all’interessato di attivarsi autonomamente per accedere al programma di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in quanto l’intervento del giudice – pur disciplinato unitariamente dal comma 2 dell’art. 129-bis cod. proc. pen. -, rispetto ai reati procedibili d’ufficio o a querela non soggetta a remissione, non rappresenta né una condizione necessaria per l’acquisizione di diritti né sufficiente»; dunque, la «circostanza attenuante di nuovo conio (art. 62, n. 6, come integrato dall’art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 150 del 2022) non è correlata alla decisione dell’invio di cui all’art. 129-bis cit.»
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che il d.lgs. n. 150/2022 regola il procedimento riparativo come procedimento avente finalità, struttura e disciplina autonoma rispetto a quello penale, da cui, però, di norma origina, avendo il medesimo presupposto, ossia la commissione di un fatto di reato. Il suo avvio dipende da un atto dell’autorità giudiziaria, che l’art. 129-bis cod. proc. pen. àncora a due valutazioni: una prognosi circa l’utilità del programma e una diagnosi sull’assenza di pericoli per i partecipanti e per l’accertamento processuale. Tale valutazione è esterna al procedimento riparativo, che non ha ancora avuto inizio, ed è adottata nell’ambito del procedimento penale. Essa implica, inoltre, un giudizio su questioni derivanti dal fatto di reato e ha delle ricadute, anche solo al fine del riconoscimento di effetti favorevoli al reo, in tema, ad esempio, di determinazione della pena, del trattamento circostanziale, del beneficio della sospensione condizionale.
L’obiettivo prioritario perseguito è, in linea generale, slegato dai fini del processo e mira, secondo quanto si è sopra osservato, a ricomporre, nei limiti del possibile la frattura che nella comunità si è prodotta per effetto dell’illecito.
Il procedimento riparativo disciplinato dall’art. 129 -bis c.p.p. non ha natura giurisdizionale; il programma riparativo e le attività che gli sono proprie non appartengono al procedimento penale, ma piuttosto si risolvono in un servizio pubblico di cura relazionale tra persone, disciplinato da regole non mutuabili da quelle del processo penale e anzi incompatibili con quelle del processo penale.
Va detto che la giurisprudenza prevalente ha sino a poco tempo addietro escluso in radice l’ammissibilità del ricorso per cassazione nei confronti dell’ordinanza con cui il giudice nega al richiedente l’accesso ai programmi di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 129-bis c.p.p., non avendo il provvedimento natura giurisdizionale (Cass., sez. II, 14 febbraio 2024, n. 6595 cui hanno aderito anche Cass., sez. IV, 23 ottobre 2024, n. 40164; Cass., sez. VII, 10 ottobre 2024, n. 41406; Cass., sez. VII, 12 luglio 2024, n. 34097; Cass., sez. VII, 8 maggio 2024, n. 20392; Cass., sez. VII; 7 maggio 2024, n, 25120).
Altro orientamento ha ritenuto impugnabile il diniego di avviare l’imputato al percorso di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ma con alcune limitazioni in relazione al regime di perseguibilità dei reati per cui si procede; altro ancora ha affermato l’impugnabilità senza limitazioni.
Il contrasto è stato di recente superato dalla sentenza emessa il 30 ottobre 2025 dalle Sezioni Unite di questa Corte di cui al momento è nota solo l’informazione provvisoria, da cui emerge che il provvedimento di diniego dell’accesso alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è impugnabile unitamente alla sentenza che definisce la fase del giudizio in cui
è stata emessa l’ordinanza di diniego, senza limitazioni in relazione al regime di perseguibilità dei reati per cui si sta procedendo.
2.2. Ciò posto, occorre comunque ribadire che non sussiste un diritto dell’imputato ad accedere alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e che il giudice dovrà effettuare una delibazione preliminare della fondatezza dell’istanza alla luce di diversi elementi sintomatici dell’utilità e opportunità del percorso da avviare , in relazione alla personalità dell’imputato, alle modalità del fatto commesso , alle caratteristiche della persona offesa .
Nel caso in esame va osservato che, a dispetto di quanto esposto nel ricorso, la Corte ha motivatamente respinto l’istanza , non perché proposta solo con le conclusioni scritte nel giudizio di appello celebrato con rito cartolare, ma perché non è stata ritenuta utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato; a tal fine, ha valorizzato l’atteggiamento dell’imputato che , pur avendo ammesso i fatti a lui addebitati perché riconosciuto dalle persone offese, non ha manifestato alcun tipo di interesse nel corso del giudizio ad instaurare una qualche relazione con le diverse vittime delle sue plurime condotte predatorie, che nell’istanza proposta dal difensore non vengono neppure indicate in modo specifico con le loro generalità ; l’assenza di specifiche motivazioni a sostegno dell’istanza , e ha considerato che le persone offese non si gioverebbero di un simile percorso di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in ragione della natura dei reati oggetto del presente giudizio, connessi alla loro attività commerciale.
Si tratta di motivazioni corrette e conformi ai principi di diritto che hanno ispirato l’introduzione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in parallelo alla RAGIONE_SOCIALE punitiva .
Ed invero anche la circostanza che il legislatore abbia previsto che l’istanza di accesso vada presentata personalmente o a mezzo procuratore speciale vuole sottolineare il carattere individuale della scelta di accedere a questo genere di percorso, che presuppone un impegno personale e una revisione critica della propria condotta, e non la mera ammissione degli addebiti, e la volontà di riparare quantomeno il pregiudizio morale derivante dall’illecito attraverso una mediazione con la persona offesa, che va tutelata rispetto a condotte strumentali e pericolose.
Per le ragioni sin qui esposte si impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una ammenda che si ritiene congruo liquidare nella somma di euro 3000, in proporzione al grado di colpa nella presentazione della impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
Roma 14 novembre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME