Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16902 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16902 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME ( CUI CODICE_FISCALE ) nato il 24/08/1987
avverso la sentenza del 12/11/2024 del GIUDICE COGNOME di TORINO udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME che ha concluso chiedendo fL 0, I 6-eirt.> 2-6-t
RITENUTO IN FATTO
NOME NOME COGNOME (cittadino del Perù) ricorre avverso la sentenza del giudice di pace di Torino con la quale è stato condannato alla pena di euro 7000 di multa per il reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, d.lgs. 1998 n.286, perché quale destinatario dell’ordine di allontanamento del Questore di Roma, notificatogli in data 26.9.2023 e del decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Roma il 18.07.2023, si tratteneva nel territorio italiano senza giustificato motivo in data 7.12.2023.
Denuncia il ricorrente violazione di legge in relazione al reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, d.lgs. 286/1998 e vizio di motivazione, per mancata valutazione del “giustificato motivo” dedotto dall’imputato, essendo indagato al momento del controllo in plurimi procedimenti penali e non avendo la disponibilità di somme di danaro necessarie per il viaggio.
In particolare, pendevano tre procedimenti penali, per uno dei quali era fissata udienza a novembre 2023, quindi la sua permanenza in Italia era motivata dalla necessità di presenziare alle udienze e potersi difendere in tali processi.
Infine, sussisteva anche un ulteriore “giustificato motivo” rilevante ai sensi di detta norma per le sue cattive condizioni di salute, essendo affetto da epilessia e crisi di panico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Deve essere ribadito l’indirizzo della giurisprudenza di legittimità in base al quale, ai fini dell’individuazione del giustificato motivo che esclude la configurabilità del reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 di inosservanza dell’ordine del Questore rivolto al cittadino straniero di lasciare il territorio dello Stato italiano nel quale si trova presente in situazione di clandestinità, il giudice deve fare riferimento al caso concreto e alla condizione del cittadino extracomunitario, da apprezzare in tutti i profili idonei a rendere inesigibile, ovvero difficoltoso o pericoloso, anche soggettivamente, il comportamento collaborativo richiesto dalla norma.
In questo senso, si è espressa la Corte costituzionale, con sentenza n. 5 del 18 dicembre 2004 depositata il 13 gennaio 2004.
S’intende, infatti, che, come in tutti gli altri casi in cui compare la formula «senza giustificato motivo» – fermo restando il potere-dovere del giudice di rilevare direttamente, quando possibile, l’esistenza di ragioni legittimanti
l’inosservanza del precetto penale – lo straniero avrà, dal canto suo, un semplice onere di allegazione dei motivi non conosciuti né conoscibili dal giudicante. Nell’un caso e nell’altro – ossia tanto nel caso di rilievo ex officio che in quello di allegazione da parte dell’imputato – le situazioni integrative del «giustificato motivo» si tradurranno, quindi, in altrettanti temi di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice.
La clausola indicata da detta norma, se pure non può essere ritenuta evocativa delle sole cause di giustificazione in senso tecnico – lettura che la renderebbe pleonastica, posto che le scriminanti opererebbero comunque, in quanto istituti di carattere generale – ha, tuttavia, riguardo, a situazioni ostative di particolare pregnanza, che incidono sulla stessa possibilità soggettiva ed oggettiva, di adempiere all’intimazione, escludendola ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa.
Di conseguenza tale clausola non può comportare l’inversione dell’onere della prova, fermo restando il potere-dovere del giudice di rilevare direttamente, quando possibile, l’esistenza di ragioni legittimanti l’inosservanza del precetto penale. Infatti, l’onere di provare tutti gli elementi rilevanti (nella loro presenza, se positivi, e nella loro assenza, se negativi) spetta al pubblico ministero, pur gravando sull’imputato un onere di allegazione dei motivi non conosciuti né conoscibili dal giudicante.
Nel caso di specie, il giudice ha adeguatamente motivato sul mancato assolvimento dell’onere della prova dell’impossibilità da parte dell’imputato di fare rientro in Italia per aver chiesto espressamente di poter rimanere o rientrare nel territorio italiano al fine di presenziare alle udienze dei processi che si celebravano nei suoi confronti.
Nello stesso ordine di idee, appare ineccepibile, infine, la motivazione della sentenza impugnata circa il fatto che la ricetta medica prodotta dall’imputato per dimostrare le sue cattive condizioni di salute fosse oggettivamente inidonea e insufficiente, perché priva del cognome del paziente sicché non fosse riferibile univocamente all’imputato.
Al rigetto del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. ìd condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 11/03/2025.