Giustificato motivo e porto di utensili: la Cassazione fa chiarezza
Il concetto di giustificato motivo è un pilastro fondamentale nel diritto penale, soprattutto quando si tratta del porto di oggetti che, pur essendo comuni utensili da lavoro, possono essere classificati come atti a offendere. Un classico esempio è il cutter. Molti lavoratori lo utilizzano quotidianamente, ma quando il suo possesso fuori dal contesto lavorativo diventa reato? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio questo delicato confine, stabilendo criteri rigorosi per valutare la legittimità del porto di tali strumenti.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine dal ricorso presentato da una lavoratrice avverso una sentenza del Tribunale che l’aveva condannata per il reato di porto di coltello. L’imputata era stata trovata in possesso di un cutter e, nel corso del processo, aveva sostenuto che si trattasse di uno strumento necessario per la sua attività lavorativa. La sua difesa si basava interamente sulla sussistenza di un giustificato motivo, chiedendo l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha ritenuto il motivo del ricorso aspecifico e privo di un reale confronto con le argomentazioni del giudice di merito. Di conseguenza, ha confermato la condanna e ha inoltre obbligato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, sottolineando la colpa nell’aver presentato un’impugnazione con evidenti profili di inammissibilità.
Le Motivazioni: quando il “giustificato motivo” non è sufficiente
Il cuore della decisione risiede nell’analisi del concetto di giustificato motivo. La Cassazione, allineandosi alla sua giurisprudenza consolidata, ha spiegato perché la semplice affermazione “è per lavoro” non sia sufficiente a scriminare la condotta.
1.  Contestualizzazione Necessaria: Il giustificato motivo non è una categoria astratta. Deve essere valutato in base a una serie di elementi concreti: la natura dell’oggetto, le modalità del fatto, le condizioni del portatore, il luogo e l’ora dell’accadimento. Non basta che l’oggetto sia potenzialmente uno strumento di lavoro; il suo porto deve essere attualmente necessario in quel preciso contesto.
2.  L’Obbligo di Diligenza: La Corte ha evidenziato un punto cruciale emerso dalle prove. Anche ammettendo l’uso lavorativo del cutter, questo avrebbe dovuto essere lasciato nell’armadietto in dotazione presso il luogo di lavoro. Portarlo con sé al di fuori di tale contesto, senza una ragione immediata e verificabile, fa venir meno il presupposto della necessità e, quindi, del giustificato motivo.
3.  Immediatezza della Giustificazione: Un altro principio ribadito è che il giustificato motivo non può essere una spiegazione fornita a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa. Deve essere una ragione oggettiva, attuale e immediatamente verificabile dagli agenti che effettuano il controllo. L’assenza di una giustificazione immediata al momento del fatto è stata considerata un elemento indiziario significativo a carico dell’imputata.
4.  Aspecificità del Ricorso: La difesa non ha efficacemente contestato la motivazione del Tribunale, che aveva già sottolineato come il cutter dovesse rimanere sul posto di lavoro. Il ricorso si è limitato a riproporre la tesi lavorativa senza confrontarsi con l’argomento centrale della sentenza impugnata, risultando così generico e, in ultima analisi, inammissibile.
Le Conclusioni: implicazioni pratiche
Questa ordinanza offre un importante monito per tutti i lavoratori che utilizzano utensili potenzialmente pericolosi. La decisione chiarisce che il confine tra lecito e illecito è molto sottile e dipende da una valutazione rigorosa delle circostanze.
–   Non basta la qualifica: Essere un lavoratore che usa un certo strumento non fornisce una licenza permanente per portarlo con sé.
–   Il luogo conta: Gli utensili da lavoro dovrebbero, di norma, rimanere nel luogo di lavoro. Portarli fuori è consentito solo se strettamente necessario per un’attività da svolgere altrove (es. un trasloco, un intervento esterno).
–   La prontezza è fondamentale: In caso di controllo, è essenziale fornire immediatamente una spiegazione plausibile e verificabile del perché si sta trasportando l’oggetto in quel momento e in quel luogo.
In sintesi, la Corte di Cassazione rafforza un’interpretazione restrittiva del giustificato motivo, ancorandolo non alla mera funzione potenziale dell’oggetto, ma alla sua necessità attuale e contingente, valutata con severità e in base a tutti gli elementi del caso concreto.
 
Quando il porto di un utensile da lavoro come un cutter diventa reato?
Diventa reato quando non sussiste un giustificato motivo attuale e specifico per portarlo con sé in un determinato luogo e momento. Se l’utensile, come nel caso esaminato, poteva essere lasciato custodito nel luogo di lavoro (es. un armadietto), portarlo al di fuori è considerato illegittimo.
Cosa intende la legge per “giustificato motivo” nel porto di oggetti atti a offendere?
Per “giustificato motivo” si intende una ragione concreta, attuale e verificabile che renda necessario il porto dell’oggetto in quel preciso contesto. Non è una giustificazione astratta, ma deve corrispondere a regole comportamentali lecite e essere valutata in base alla natura dell’oggetto, al luogo, all’orario e alle condizioni soggettive del portatore.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché aspecifico. La difesa si è limitata a ribadire che il cutter era uno strumento di lavoro, senza però contestare in modo puntuale la motivazione del giudice precedente, secondo cui l’oggetto avrebbe dovuto essere lasciato sul luogo di lavoro e non portato con sé.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34240 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34240  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
SETTIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
– Relatore – ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nata in Senegal il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 07/11/2024 del Tribunale di Piacenza dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in preambolo e, con l’unico e articolato motivo, denuncia l’erroneità del diniego dell’applicazione dell’art. 131bis cod. pen. al reato di porto di coltello contestato al capo b) dell’imputazione, avendo il Giudice di merito trascurato il giustificato motivo (ragioni lavorative) dell’arma;
ritenuto preliminarmente che sussiste l’interesse dell’imputata a impugnare la sentenza che esclude la punibilità del reato ai sensi dell’art. 131bis cod. pen., trattandosi di pronuncia che: 1) ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso (art. 651bis cod. proc. pen.), 2) Ł soggetta ad iscrizione nel casellario giudiziale (art. 3, lett. f, d.P.R. n. 313 del 2002), 3) può ostare alla futura applicazione della medesima causa di non punibilità ai sensi dell’art. 131bis , comma terzo, cod. pen.;
considerato, tuttavia, che la censura appena sintetizzata Ł aspecifica e priva di adeguato confronto con la motivazione del Giudice di merito che ha indicato la ragione per la quale non era in alcun modo giustificato il porto del cutter che, anche ove impiegato per l’attività lavorativa, comeemerso dalle risultanze di prova, avrebbe dovuto essere lasciato nell’armadietto in dotazione presso il luogo di lavoro;
rilevato che tale motivazione si pone nel solco della giurisprudenza di questa Corte secondo cui il “giustificato motivo” del porto degli oggetti di cui all’art. 4, comma secondo, legge 18 aprile 1975, n. 110, ricorre solo quando particolari esigenze dell’agente siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite poste in relazione con la natura dell’oggetto, le modalità di verificazione del fatto, le condizioni soggettive del portatore, i luoghi dell’accadimento e la normale funzione dell’oggetto (Sez. 1, n. 578 del 30/09/2019, dep. 2020, NOME, Rv. 278083 – 01);
ricordato, infine, che il menzionato “giustificato motivo” non Ł quello dedotto a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso immediatamente, in quanto riferibile all’attualità e suscettibile di una immediata verifica da parte dei verbalizzanti (Sez. 1, n. 19307 del 30/01/2019, Naimi, Rv. 276187 – 01) e che, nel caso in esame, la responsabilità
Ord. n. sez. 13253/2025
CC – 25/09/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
dell’imputato Ł stata affermata – quale elemento concorrente con una serie di circostanze ulteriori, di tempo e di luogo, dal ricorrente in nessun modo confutate nella loro significatività indiziaria – sull’assenza di immediate giustificazioni in ordine alle ragioni del porto dell’arma bianca;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 25/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME