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Giustificato motivo: quando è valido per lo straniero?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino straniero condannato per non aver rispettato un ordine di allontanamento. La sentenza chiarisce che per invocare un ‘giustificato motivo’, come lo stato di indigenza, non è sufficiente dichiararsi disoccupato. È necessario un onere di allegazione specifico da parte dell’imputato, che deve fornire elementi concreti sulla propria impossibilità di ottemperare all’ordine. La Corte ha inoltre respinto le eccezioni procedurali relative alla mancata nomina di un interprete e alla presunta nullità dell’elezione di domicilio.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Giustificato Motivo: Cosa Significa e Come Allegarlo in Caso di Espulsione

Quando uno straniero non ottempera a un ordine di lasciare il territorio italiano, commette un reato, a meno che non sussista un giustificato motivo. Ma cosa si intende esattamente con questa espressione? È sufficiente dichiararsi disoccupato per evitare una condanna? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto cruciale, delineando i confini dell’onere di allegazione che grava sull’imputato. Analizziamo il caso e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: L’Ordine di Allontanamento e il Ricorso in Cassazione

Un cittadino straniero veniva condannato dal Giudice di Pace al pagamento di una multa di 7.500 euro per essersi trattenuto in Italia in violazione di un ordine di allontanamento emesso dal Questore, secondo quanto previsto dalla legge sull’immigrazione. La difesa dell’imputato presentava ricorso in Cassazione, basandosi su cinque diversi motivi. Tra questi, spiccavano questioni procedurali, come la mancata nomina di un interprete e la presunta nullità dell’elezione di domicilio, e questioni di merito, incentrate sull’illegittimità del provvedimento di espulsione e, soprattutto, sulla sussistenza di un giustificato motivo per la mancata partenza: lo stato di indigenza derivante dalla disoccupazione.

Le Questioni Procedurali: Interprete ed Elezione di Domicilio

Prima di entrare nel merito, la Corte ha esaminato e respinto le eccezioni procedurali.

Il Diritto all’Interprete

La difesa lamentava la violazione del diritto all’interprete, sostenendo che non fosse stata accertata l’effettiva conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato. La Cassazione ha ribattuto che l’accertamento compiuto dalla polizia giudiziaria al momento dell’identificazione, che attestava la comprensione dell’italiano, è valido fino a prova contraria. Inoltre, altri elementi, come la successiva presenza dell’imputato in udienza e la comunicazione del proprio domicilio, rafforzavano la conclusione che egli fosse in grado di comprendere gli atti processuali.

La Validità dell’Elezione di Domicilio

L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio è stata ritenuta pienamente valida. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, non si trattava di un’elezione in incertam personam (verso persona incerta), poiché il verbale indicava chiaramente il nominativo e l’indirizzo dello studio legale. Il fatto che l’imputato avesse poi ricevuto la notifica e fosse comparso in udienza dimostrava che l’atto aveva raggiunto il suo scopo.

Il Cuore della Difesa: il “Giustificato Motivo” per non Lasciare l’Italia

Il punto centrale del ricorso riguardava la nozione di giustificato motivo. Secondo la difesa, lo stato di disoccupazione dichiarato dall’imputato costituiva di per sé una condizione di totale indigenza, tale da impedirgli materialmente di ottemperare all’ordine di lasciare il Paese. Si sosteneva che il giudice di primo grado avesse erroneamente posto a carico dell’imputato l’onere di provare questa condizione, mentre egli avrebbe solo un onere di allegazione.

La Motivazione del Provvedimento di Espulsione

Inoltre, la difesa contestava la legittimità stessa del provvedimento del Questore, ritenendolo non adeguatamente motivato riguardo all’impossibilità di procedere con l’accompagnamento alla frontiera o il trattenimento in un Centro di Permanenza per i Rimpatri (CPR). Anche su questo punto, la Corte ha dato torto al ricorrente, affermando che la motivazione, seppur sintetica, era sufficiente, in quanto indicava la mancanza di un documento di viaggio valido e l’indisponibilità di posti nei CPR.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in toto, offrendo chiarimenti fondamentali sulla clausola del giustificato motivo. I giudici hanno sottolineato una distinzione essenziale: una cosa è essere disoccupati, un’altra è versare in uno stato di indigenza, cioè mancare dell’indispensabile per vivere. Se la disoccupazione può essere una causa dell’indigenza, le due condizioni non coincidono automaticamente.

Perché il giustificato motivo possa essere preso in considerazione dal giudice, non è sufficiente una generica affermazione. Sullo straniero ricade un ‘onere di allegazione’. Ciò significa che egli deve indicare al giudice, in modo specifico, le ragioni concrete e le situazioni ostative che gli hanno impedito di partire. Una semplice dichiarazione di disoccupazione, senza ulteriori dettagli sulla propria condizione di assoluta impossidenza, non è sufficiente a soddisfare tale onere. La Corte ha precisato che il giudice di primo grado non ha invertito l’onere della prova, ma ha correttamente rilevato che l’imputato non aveva ‘allegato’ alcuno stato di assoluta indigenza, limitandosi a una dichiarazione generica.

Le Conclusioni: L’Importanza dell’Onere di Allegazione

La sentenza ribadisce un principio consolidato: la clausola del giustificato motivo non è un salvacondotto automatico per chi non rispetta un ordine di espulsione. Per farla valere, l’imputato ha il dovere di collaborare, fornendo al giudice elementi specifici e concreti che descrivano la sua impossibilità oggettiva o soggettiva di adempiere. Il mero disagio socio-economico, tipico della condizione di migrante irregolare, non basta. Questa decisione sottolinea l’importanza di una difesa tecnica che non si limiti a enunciazioni di principio, ma che articoli e sostenga le ragioni del proprio assistito con elementi fattuali precisi.

È sufficiente dichiararsi disoccupato per integrare il ‘giustificato motivo’ che esclude il reato di inosservanza dell’ordine di espulsione?
No. Secondo la sentenza, essere disoccupato non equivale automaticamente a versare in uno stato di indigenza totale che impedisce di lasciare il territorio. Lo straniero ha un onere di allegare elementi specifici che dimostrino la sua impossibilità materiale di ottemperare all’ordine, non essendo sufficiente la mera dichiarazione di disoccupazione.

Quando è necessario nominare un interprete per uno straniero in un procedimento penale?
La nomina di un interprete è necessaria quando l’imputato straniero non conosce la lingua italiana. Tuttavia, secondo la sentenza, l’accertamento sulla conoscenza della lingua può basarsi anche sugli atti della polizia giudiziaria che attestano la capacità dell’imputato di parlare e comprendere l’italiano, a meno che non emergano elementi oggettivi contrari.

Il provvedimento di allontanamento del Questore deve essere motivato in modo estremamente dettagliato?
No. La sentenza chiarisce che il provvedimento deve essere motivato, ma la motivazione può essere sintetica. È sufficiente che indichi le ragioni principali per cui non è stato possibile seguire l’iter ordinario dell’espulsione (es. accompagnamento alla frontiera o trattenimento in un CPR), come la mancanza di documenti idonei o l’indisponibilità di posti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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