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Giustificato motivo: processo penale e ordine espulsione

La Corte di Cassazione ha stabilito che la semplice pendenza di un’indagine penale non costituisce un giustificato motivo per la permanenza illegale di uno straniero sul territorio nazionale in violazione di un ordine di espulsione. La Corte ha rigettato il ricorso di un cittadino straniero, condannato per essersi trattenuto in Italia, chiarendo che la necessità di difesa in un processo giustifica la presenza solo in casi specifici e documentati, come la partecipazione a udienze fissate, e non per il solo status di indagato.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Giustificato motivo e ordine di espulsione: quando un processo penale non basta

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 25938 del 2024, offre un’analisi cruciale sul concetto di giustificato motivo in relazione alla violazione di un ordine di allontanamento dal territorio nazionale. La Corte ha chiarito che la semplice pendenza di un’indagine penale a carico di uno straniero non è, di per sé, sufficiente a legittimare la sua permanenza in Italia. Questa decisione traccia una linea netta tra lo status di indagato e la necessità concreta e attuale di partecipare a un procedimento giudiziario, con importanti implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un cittadino straniero destinatario di un ordine di espulsione emesso dal Questore nel gennaio 2018, con l’obbligo di lasciare l’Italia entro sette giorni. Nonostante l’ordine, l’uomo veniva trovato sul territorio nazionale in due occasioni successive.

1. Prima violazione (Luglio 2018): L’uomo veniva condannato dal Giudice di Pace per essersi trattenuto illegalmente in Italia.
2. Seconda violazione (Novembre 2019): Per questo secondo episodio, veniva invece assolto. Il giudice riteneva sussistente un giustificato motivo, poiché in quel periodo l’imputato era in attesa della celebrazione di alcuni procedimenti penali.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione contro la condanna per la prima violazione, sostenendo un’illogicità nella motivazione. A suo dire, anche nel luglio 2018 esisteva un giustificato motivo per la sua permanenza, essendo indagato per un reato commesso nel dicembre 2017, per il quale sarebbe stato poi condannato nel marzo 2019.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno stabilito che la sentenza del Giudice di Pace, pur essendo sintetica, non era contraddittoria. La Corte ha evidenziato una differenza sostanziale tra le due situazioni.

– Per la violazione del novembre 2019, il giudice di merito aveva accertato che l’imputato era concretamente in attesa di affrontare procedimenti penali imminenti.
– Per la violazione del luglio 2018, invece, non era stato provato, né adeguatamente allegato, che vi fossero udienze fissate o una necessità impellente e concreta di presenziare in Italia per l’esercizio del diritto di difesa. Il semplice status di indagato per un reato commesso mesi prima non era sufficiente.

Le motivazioni: perché essere indagati non è un giustificato motivo

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: la mera necessità di difendersi in un procedimento penale non costituisce, in via generale, il giustificato motivo che esclude il reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, del D.Lgs. 286/1998. La legge, infatti, prevede strumenti specifici, come l’art. 17 dello stesso decreto, che consentono allo straniero di essere autorizzato a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario all’esercizio del diritto di difesa (ad esempio, per partecipare a un’udienza).

Secondo la Corte, la pendenza di un procedimento non sospende l’efficacia dell’ordine di espulsione. L’esercizio del diritto di difesa può avvenire anche a distanza, tramite il proprio difensore, e la presenza fisica è giustificata solo per atti specifici che la richiedono. Ritenere il contrario significherebbe legittimare la permanenza illegale di tutti gli stranieri che commettono reati, incentivandoli a “collezionare” denunce al solo fine di eludere le norme sull’immigrazione. La Corte ha sottolineato che, per invocare il giustificato motivo, l’interessato deve dimostrare situazioni specifiche che rendono impossibile comunicare efficacemente con il proprio legale dall’estero o che richiedono la sua indispensabile presenza fisica.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento rigoroso: lo status di indagato non è una “carta bianca” che permette di violare un ordine di espulsione. Il giustificato motivo deve essere ancorato a circostanze concrete, attuali e provate, che rendano la permanenza sul territorio l’unica via per garantire un effettivo diritto di difesa. La decisione distingue nettamente tra la fase delle indagini preliminari e la fase processuale attiva con udienze calendarizzate. Per gli operatori del diritto e per i cittadini stranieri, questa pronuncia ribadisce l’importanza di documentare con precisione la necessità della propria presenza in Italia, evitando di fare affidamento su una generica pendenza di procedimenti penali per giustificare una condizione di irregolarità sul territorio.

Essere indagati in un procedimento penale costituisce un giustificato motivo per non rispettare un ordine di espulsione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera sottoposizione a indagini penali non costituisce, in linea di principio, un giustificato motivo che esclude la responsabilità per la violazione dell’ordine di allontanamento emesso dal Questore.

Quando la necessità di difendersi in un processo penale può giustificare la permanenza in Italia?
La permanenza può essere giustificata solo per il tempo strettamente necessario all’esercizio del diritto di difesa, ad esempio per partecipare a udienze già fissate o per compiere atti specifici che richiedono la presenza fisica dell’imputato. Non è giustificata una permanenza indefinita fino alla celebrazione del processo.

Qual è la differenza tra essere indagato e avere udienze fissate ai fini del giustificato motivo?
La differenza è sostanziale. Nel primo caso (solo indagato), la presenza fisica non è generalmente ritenuta necessaria, potendo la difesa essere gestita a distanza dal legale. Nel secondo caso (udienze fissate), la necessità di partecipare al processo può integrare un giustificato motivo, ma solo limitatamente ai giorni delle udienze e a quelli strettamente indispensabili per la partecipazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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