Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25938 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25938 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/10/2023 del GIUDICE DI PACE di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 11 ottobre 2023 il giudice di pace di AVV_NOTAIO ha condannato NOME COGNOME alla pena di 12.000,00 euro di multa per il reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n.286/1998 commesso il 12/07/2018, per essersi trattenuto in Italia, in violazione dell’ordine del Questore di AVV_NOTAIO che, in data 10/01/2018, gli aveva intimato di lasciare il territorio dello Stato entro sette giorni, essendo privo di titoli legittimanti il soggiorno. Il giudice ha, particolare, ritenuto del tutto ingiustificato il suo trattenimento in Italia alla d contestata, mentre lo ha assolto dall’analogo reato, commesso in data 01/11/2019, per la sussistenza di un giustificato motivo.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale deduce il vizio di motivazione, con violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod.proc.pen.
Il giudice ha omesso di verificare la sussistenza di un giustificato motivo per il suo trattenimento in Italia, divérsamente da quanto ha fatto per escludere la sussistenza del medesimo reato, contestato come commesso in una data successiva. Infatti il giudice ha ritenuto giustificato il trattenimento, accertato i data 01/11/2019, perché all’epoca egli era in attesa della trattazione di alcuni procedimenti penali, circostanza che rendeva legittima la sua permanenza in Italia almeno per la necessità di difendersi.
Identica giustificazione doveva essere ritenuta sussistente per la violazione accertata il 12/07/2018, dal momento che egli era stato indagato per il reato di cui all’art. 4 legge n. 110/1975, commesso il 07/12/2017, per il quale è stato condannato in data 04/03/2019. La diversa decisione del giudice, adottata senza alcuna spiegazione, risulta manifestamente illogica.
Il COGNOME Procuratore generale, con COGNOME requisitoria scritta, COGNOME ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per un nuovo giudizio.
Il ricorrente ha inviato conclusioni scritte, con le quali si riporta al motivo del ricorso e ne chiede l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato.
La mera necessità di difendersi in un procedimento penale non costituisce, in linea di principio, il giustificato motivo che esclude la sussistenza del reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998. L’art. 17 d.lgs. n. 286/1998 prevede, infatti, che lo straniero sottoposto a procedimento penale, o parte offesa in esso, può essere autorizzato a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l’esercizio del diritto di difesa, e specificamente per partecipare al giudizio o al compimento di atti per i quali è necessaria la sua presenza.
La pendenza di un procedimento penale non impedisce, pertanto, il rispetto dell’ordine di allontanamento emesso dal questore, perché il diritto di difesa dell’indagato o imputato non viene limitato, e l’ordinamento ha previsto la piena tutela dell’esigenza di partecipare al processo a suo carico. Conseguentemente, non può ritenersi che la necessità di esercitare il proprio diritto di difesa giustifichi il trattenimento in Italia, in particolare oltre i giorni di udie quando questa non è ancora fissata. L’esercizio del diritto di difesa nel corso di un procedimento penale, infatti, in linea di principio legittima la presenza fisica del soggetto nel territorio dello Stato limitatamente alle esigenze di partecipazione alle udienze o a specifiche attività di indagine, così come previsto dalla norma citata. Il mero conferimento con un difensore, ovvero la predisposizione della propria linea difensiva, possono infatti essere svolti a distanza, utilizzando tutti i mezzi, anche informatici, oggi facilmente accessibili, e non costituiscono, pertanto, giustificati motivi di trattenimento in Italia, violazione dell’ordine di allontanamento.
Una diversa applicazione del diritto di difesa, che facesse ritenere giustificato il trattenimento in Italia di uno straniero solo perché sottoposto ad una indagine penale e quindi presumibilmente tenuto, in un futuro imprecisato, ad affrontare un procedimento penale, avrebbe come conseguenza la legittimazione della inottemperanza all’ordine di allontanamento da parte di tutti gli stranieri che hanno commesso reati, e l’interesse di costoro a collezionare denunce e avvisi di sottoposizione a indagine, al solo fine di trattenersi nel territorio dello Stato senza rispettare le norme sull’immigrazione e in violazione di specifici ordini di allontanamento.
L’interessato, peraltro, può sempre affermare la sussistenza della necessità del suo trattenimento in Italia in violazione dell’ordine di allontanamento, anche per la mera predisposizione della propria difesa, allegando specifiche situazioni che comportino l’impossibilità di comunicare, dall’estero, con il proprio difensore. Questa Corte ha stabilito, infatti, che «Ai fini dell’individuazione del giustificat motivo che esclude la configurabilità del reato di cui all’art. 14, comma quinto ter, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 di inosservanza dell’ordine del Questore
allo straniero clandestino di lasciare il territorio dello Stato, il giudice deve fa riferimento al caso concreto e alla condizione del cittadino extracomunitario, da apprezzare in tutti i profili idonei a rendere inesigibile, ovvero difficoltoso pericoloso, anche soggettivamente, il comportamento collaborativo richiesto dalla norma», con riferimento all’esercizio dei suoi diritti primari, tra cui vi quello alla difesa in un procedimento penale (Sez. 1, n. 35959 del 13/07/2015, Rv. 264936).
La sentenza impugnata, pur nella brevità della sua motivazione, consente di apprezzare la diversità delle circostanze di fatto che il giudice risulta avere riscontrato tra la violazione commessa in data 12/07/2018 e quella commessa in data 01/11/2019: solo con riferimento alla seconda il giudice afferma di avere accertato che l’imputato era in attesa di affrontare dei procedimenti penali, mentre, nulla dicendo in ordine alla prima violazione, deve ritenersi che la eventuale allegazione, di essersi trattenuto per la necessità di difendersi in altri procedimenti a suo carico, non ha trovato riscontro.
Questa Corte non è chiamata a valutare la corretta applicazione della legge con riferimento alla pronuncia assolutoria per la violazione commessa in data 01/11/2019, pur non apparendo essere stato valutato approfonditamente il concetto di “giustificato motivo” alla luce della norma dell’art. 17 T.U.Innm. La motivazione della sentenza impugnata, però, è corretta e non contraddittoria quanto alla condanna pronunciata per il reato commesso in data 12/07/2018.
Essa non risulta contraddittoria perché, come detto, il giudice ha ritenuto non provato che, all’epoca di commissione di tale violazione, sussistesse la situazione che, a suo parere, giustificava il trattenimento in Italia, cioè l necessità di affrontare procedimenti penali. La diversità di situazioni rende pertanto legittima la diversità della decisione, rispetto al reato commesso oltre un anno dopo.
Il ricorrente conferma, di fatto, la sussistenza di situazioni profondamente diverse all’epoca di commissione della seconda violazione, rispetto all’epoca della prima violazione, in quanto afferma che egli, nel novembre 2019, era sottoposto a due procedimenti penali, celebrati il 07 e il 25 novembre, mentre alla data del 12/07/2018 non aveva procedimenti in corso, che siano stati celebrati in quel periodo. Egli richiama solamente una condanna, riportata in data 04/03/2019, per una contravvenzione commessa in data 07/12/2017.
L’affermazione di una sostanziale identità tra le due situazioni è palesemente errata: il suo trattenimento in Italia, nel luglio 2018, non era giustificato dalla necessità di difendersi in un procedimento penale, perché non è
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dimostrato, e in verità neppure allegato, che per il reato commesso il 07/12/2017 fosse in corso la celebrazione del giudizio penale, e vi fossero udienze fissate in quel periodo.
La mera sottoposizione ad indagine per detto reato non costituiva un giustificato motivo per il trattenimento del ricorrente in Italia per un periodo indefinito, sino alla celebrazione del dibattimento penale, perché la sua presenza sul territorio non era necessaria al fine di predisporre la propria difesa, per i motivi indicati al superiore paragrafo 2, ed egli non ha neppure sostenuto l’esistenza di circostanze che gli rendevano impossibile comunicare con un legale dall’estero.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 aprile 2024
Il Consigliere estensore
COGNOME
fl Il Presidente