Giustificato Motivo Porto di Coltello: La Spiegazione Deve Essere Immediata
Il porto di un coltello al di fuori della propria abitazione è una questione delicata, regolata da norme precise che bilanciano la libertà individuale e la sicurezza pubblica. La legge ammette questa possibilità solo in presenza di un giustificato motivo porto di coltello, un concetto che la Corte di Cassazione ha recentemente chiarito con un’importante ordinanza. Analizziamo insieme questa decisione per capire quando una giustificazione è ritenuta valida e quali sono le conseguenze di una spiegazione tardiva.
I Fatti del Caso: Un Controllo di Polizia e un Coltello Senza Spiegazione
Il caso ha origine da un controllo di routine, durante il quale un individuo viene trovato in possesso di un coltello. In seguito, viene condannato in primo grado e in appello per il reato di porto abusivo di oggetti atti ad offendere. L’imputato decide di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo l’esistenza di un valido motivo che giustificava il possesso dell’arma in quel frangente.
L’Impugnazione e la Difesa Postuma
Davanti alla Suprema Corte, la difesa ripropone la tesi del giustificato motivo. Tuttavia, emerge un dettaglio cruciale: al momento del controllo da parte degli agenti verbalizzanti, l’imputato non aveva fornito alcuna spiegazione in merito alla detenzione del coltello. La giustificazione è stata elaborata e presentata solo in un secondo momento, nel corso del procedimento giudiziario.
La Decisione della Corte: La Necessità di un Giustificato Motivo Porto di Coltello Immediato
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile, troncando sul nascere ogni possibilità di revisione del merito della sentenza. La decisione si fonda su un principio giuridico consolidato, ma che è sempre utile ribadire per la sua rilevanza pratica.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato che il “giustificato motivo”, ai sensi della normativa sulle armi (Legge n. 110/1975), non è una qualsiasi scusa addotta a posteriori dalla difesa. Al contrario, deve essere una ragione concreta, legata alla situazione contingente (all'attualità) e, soprattutto, deve essere espressa immediatamente al momento del controllo. Questo perché la giustificazione deve poter essere oggetto di una verifica immediata da parte delle forze dell’ordine.
Nel caso specifico, il silenzio dell’imputato al momento del fermo è stato fatale. La Corte ha sottolineato che è “incontestato che l’imputato non ha nell’immediatezza del controllo fornito alcuna giustificazione in ordine alla detenzione del coltello”. Di conseguenza, la tesi difensiva presentata successivamente in tribunale è stata considerata irrilevante. Il ricorso è stato quindi giudicato come un mero tentativo di riproporre una questione già correttamente decisa dai giudici di merito, senza introdurre nuovi elementi validi.
Le Conclusioni
L’ordinanza ha implicazioni pratiche molto chiare per ogni cittadino. Chiunque porti con sé un coltello o un altro oggetto atto a offendere per una ragione legittima (ad esempio, per motivi di lavoro, sportivi o di collezionismo) deve essere pronto a spiegare immediatamente e in modo credibile il perché del possesso alle forze dell’ordine in caso di controllo. Una giustificazione inventata o fornita in un secondo momento non avrà alcun valore legale. Oltre a dichiarare inammissibile il ricorso, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza del ricorso, che denota una colpa nel promuovere un’azione giudiziaria senza speranza di successo.
È legale portare un coltello con sé?
No, a meno che non esista un “giustificato motivo” previsto dalla legge. Il porto di un coltello fuori dalla propria abitazione senza una ragione valida e dimostrabile è un reato.
Cosa intende la legge per “giustificato motivo” per il porto di un coltello?
La sentenza chiarisce che il giustificato motivo deve essere una ragione espressa immediatamente al momento del controllo delle forze dell’ordine, attuale e suscettibile di una verifica immediata. Una scusa fornita in un secondo momento non è considerata valida.
Cosa succede se si presenta un ricorso in Cassazione che viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito in questo caso, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e, se emerge una sua colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21670 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21670 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME ( INDIRIZZO) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/09/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che l’unico motivo dedotto da NOME a base dell’impugnazione non supera il vaglio preliminare di ammissibilità.
Il ricorrente ripropone il profilo di censura relativo alla sussistenza de giustificato motivo per il porto del coltello già risolto dal giudice del merito c l’applicazione del principio in forza del quale il “giustificato motivo” rilevante sensi dell’art. 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, non è quello dedotto a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso immediatamente, in quanto riferibile all’attualità e suscettibile di una immediata verifica da parte verbalizzanti (da ultimo Sez. 1, n. 19307 del 30/01/2019, Naimi, Rv. 276187 – 01) E’ incontestato che l’imputato non ha nell’immediatezza del controllo fornito alcuna giustificazione in ordine alla detenzione del coltello.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 18 aprile 2024 Il Consigliere estensore COGNOME
I Presidente