Giustificato Motivo Porto di Coltello: La Spiegazione Deve Essere Immediata
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3560/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza pratica: la definizione di giustificato motivo porto di coltello. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: la giustificazione per il possesso di un oggetto atto a offendere deve essere fornita nell’immediatezza del controllo e non può essere una costruzione difensiva elaborata a posteriori. Questa decisione sottolinea la rigidità della legge e offre chiari spunti interpretativi per i cittadini.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dal Tribunale di Arezzo per il reato di porto di coltello senza una valida giustificazione, ai sensi della Legge n. 110 del 1975. L’imputato, non accettando la condanna, ha deciso di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il suo ricorso su due specifici motivi.
I Motivi del Ricorso e il Giustificato Motivo Porto di Coltello
Il ricorrente ha fondato la sua difesa su due argomenti principali:
1. La Sussistenza del Giustificato Motivo: L’imputato ha riproposto la tesi, già respinta in primo grado, secondo cui esisteva una ragione valida per portare con sé il coltello.
2. L’Applicazione della Particolare Tenuità del Fatto: In subordine, la difesa ha richiesto l’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, sostenendo che il fatto fosse di minima offensività e, quindi, non meritevole di sanzione penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi e ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non solo conferma la condanna emessa dal Tribunale, ma comporta anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver presentato un ricorso palesemente infondato.
Le Motivazioni: la Giustificazione a Posteriori non Vale
La Corte ha fornito una motivazione chiara e lineare per la sua decisione, analizzando separatamente i due motivi di ricorso.
Il Principio del “Giustificato Motivo”
Riguardo al primo punto, la Cassazione ha richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale (citando la sentenza n. 19307 del 2019). Il “giustificato motivo” rilevante ai fini della legge non è quello che l’imputato o il suo avvocato possono elaborare a posteriori per la difesa processuale. Al contrario, deve essere una ragione espressa immediatamente al momento del controllo da parte delle forze dell’ordine, riferibile all’attualità della situazione e suscettibile di una immediata verifica da parte dei verbalizzanti. In questo caso, il motivo addotto era una mera riproposizione di una censura già valutata e respinta, priva dei requisiti di immediatezza e verificabilità.
Particolare Tenuità del Fatto vs. Lieve Entità
Sul secondo motivo, la Corte ha osservato che il ricorso non si confrontava criticamente con la sentenza impugnata. Il Tribunale di Arezzo aveva correttamente motivato la scelta di non applicare l’art. 131-bis cod. pen. La ragione risiedeva nell’offensività del fatto, valutata come non particolarmente tenue in relazione alla lunghezza e alla potenzialità offensiva del coltello. Tuttavia, il giudice di merito aveva riconosciuto la circostanza attenuante della lieve entità prevista specificamente dalla Legge n. 110/1975 (art. 4, comma 3). La Cassazione ha quindi confermato che la concessione di questa attenuante specifica non implica automaticamente che il fatto sia anche di “particolare tenuità” ai sensi del codice penale, trattandosi di due valutazioni distinte.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame offre un importante monito: chiunque porti con sé un coltello o un altro oggetto atto a offendere deve essere in grado di fornire, sul posto e al momento del controllo, una spiegazione logica, credibile e verificabile del perché lo sta facendo. Affidarsi a giustificazioni costruite a posteriori in sede processuale è una strategia destinata al fallimento. La giurisprudenza è ferma nel richiedere un nesso diretto e attuale tra il possesso dell’oggetto e una necessità concreta, escludendo motivazioni generiche o future. La decisione rafforza la tutela della sicurezza pubblica, ponendo un onere di chiarezza e immediatezza su chi detiene tali oggetti fuori dalla propria abitazione.
Cosa intende la legge per ‘giustificato motivo’ per il porto di un coltello?
Secondo la Corte di Cassazione, il ‘giustificato motivo’ è una ragione che deve essere espressa immediatamente al momento del controllo, deve essere legata a una necessità attuale e deve poter essere verificata sul posto dalle forze dell’ordine. Non è valida una giustificazione inventata a posteriori per la propria difesa.
Perché il reato non è stato considerato di ‘particolare tenuità’ pur essendo stata riconosciuta l’attenuante della ‘lieve entità’?
La Corte ha stabilito che le due valutazioni sono distinte. L’offensività del fatto, legata alla lunghezza e al potenziale lesivo del coltello, è stata considerata sufficiente per escludere la non punibilità per ‘particolare tenuità’ (art. 131-bis c.p.), pur consentendo il riconoscimento dell’attenuante della ‘lieve entità’, prevista specificamente dalla legge sulle armi (L. 110/1975).
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se si ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso infondato, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questa vicenda è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3560 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3560 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/01/2023 del TRIBUNALE di AREZZO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso, la sentenza impugnata e la memoria tempestivamente depositata.
Rilevato che entrambi i motivi posti da NOME COGNOME a base dell’impugnazione non superano il vaglio preliminare di ammissibilità.
1.1. Il primo motivo ripropone il profilo di censura relativo alla sussistenza del giustificato motivo per il porto del coltello già risolto dal giudice del merito con l’applicazione del principio in forza del quale il “giustificato motivo” rilevante ai sensi dell’art. 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, non è quello dedotto a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso immediatamente, in quanto riferibile all’attualità e suscettibile di una immediata verifica da parte dei verbalizzanti (da ultimo Sez. 1, n. 19307 del 30/01/2019, Naimi, Rv. 276187 – 01)
1.2. Il secondo motivo non si confronta criticamente con la sentenza impugnata che, seguendo un percorso motivazionale scevro da profili di illogicità e non discostandosi dai principi enunciati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, ha posto a base della scelta di non applicare l’invocato beneficio di cui all’art. 131-bis cod. pen. il livello di offensività del fatto, apprezzato come non particolarmente tenue, in relazione alla lunghezza e potenzialità offensiva del coltello, ma solo idoneo al riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità prevista per il porto di oggetti atti ad offendere di cui all’art. 4, comma 3, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (Sez. 1, n. 51261 del 07/03/2017, COGNOME, Rv. 271262 – 01).
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 7 dicembre 2023.