Giustificato Motivo Porto d’Armi: Quando la Spiegazione non Basta
La questione del giustificato motivo porto d’armi (o, più correttamente, di oggetti atti ad offendere) è un tema ricorrente nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di approfondire questo concetto, chiarendo i requisiti stringenti che una giustificazione deve possedere per essere considerata valida dalla legge. Analizziamo insieme la decisione per comprendere i confini tra un porto lecito e uno illegale.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato dal Tribunale al pagamento di una ammenda di 1500 euro per aver violato l’articolo 4 della Legge 110/1975, che punisce il porto, fuori dalla propria abitazione, di strumenti che possono essere utilizzati per l’offesa alla persona. L’imputato, non accettando la condanna, decideva di presentare ricorso in Cassazione, affidandosi a due principali motivi: contestava la valutazione delle prove che avevano portato alla sua condanna e, in subordine, chiedeva il riconoscimento della non punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale.
La Decisione della Corte di Cassazione sul giustificato motivo porto d’armi
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, confermando di fatto la condanna. La decisione si basa su due pilastri argomentativi distinti, uno di merito e uno di procedura, che meritano un’analisi separata.
Il Principio della “Immediatezza” del Giustificato Motivo
Il cuore della pronuncia riguarda il primo motivo di ricorso, relativo alla valutazione delle prove. La Corte ha stabilito che la contestazione dell’imputato era inammissibile perché non mirava a evidenziare un errore di diritto, ma a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità.
Le Motivazioni della Corte
La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato in materia di giustificato motivo porto d’armi. Il ‘giustificato motivo’ non è una scusa qualsiasi che si può fornire a posteriori, ma deve essere una ragione concreta, attuale e immediatamente verificabile dagli agenti che effettuano il controllo. La Corte spiega che, se si accettassero giustificazioni astratte o fornite in un secondo momento, la norma verrebbe svuotata di significato. La ratio legis, infatti, è quella di limitare al massimo la circolazione di oggetti potenzialmente pericolosi per la sicurezza pubblica. Qualsiasi spiegazione deve essere collegata a una necessità effettiva e contingente al momento del fermo, non a una possibilità futura o a una spiegazione elaborata successivamente con l’aiuto della difesa. Viene inoltre sottolineato come anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla particolare tenuità del fatto, fosse inammissibile. La ragione è puramente processuale: l’imputato non aveva formulato tale richiesta durante il processo di merito, limitandosi a chiedere l’assoluzione piena. Di conseguenza, non poteva sollevare la questione per la prima volta in Cassazione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame è un importante monito: chiunque porti con sé uno strumento potenzialmente offensivo deve essere in grado di fornire una giustificazione plausibile, immediata e verificabile sul posto. Le spiegazioni tardive o astratte non hanno valore legale. La decisione rafforza la finalità preventiva della legge, volta a garantire l’ordine e la sicurezza pubblica limitando la circolazione di oggetti che, pur non essendo armi proprie, possono essere usati per commettere atti di intimidazione o violenza. Infine, sul piano processuale, emerge l’importanza di formulare tutte le richieste difensive, anche quelle subordinate come la tenuità del fatto, fin dal primo grado di giudizio, pena l’impossibilità di farle valere nelle fasi successive del processo.
Cosa intende la legge per ‘giustificato motivo’ per il porto di oggetti atti ad offendere?
La Corte chiarisce che il ‘giustificato motivo’ deve essere una ragione espressa nell’immediatezza del controllo, riferibile all’attualità e suscettibile di una verifica immediata da parte delle forze dell’ordine. Non può essere una spiegazione fornita a posteriori.
Una spiegazione successiva può rendere lecito il porto di uno strumento offensivo?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata richiamata nell’ordinanza, qualsiasi giustificazione fornita a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa è irrilevante. Ciò che conta è la ragione effettiva e dimostrabile al momento della consumazione del comportamento vietato.
Perché la richiesta di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) è stata respinta?
È stata dichiarata inammissibile perché l’imputato non aveva avanzato tale richiesta nel processo di merito (davanti al Tribunale), dove si era limitato a chiedere l’assoluzione completa. Non è possibile presentare questa richiesta per la prima volta in sede di ricorso per Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10695 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10695 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a RIMINI il 31/01/1980
avverso la sentenza del 15/03/2024 del TRIBUNALE di RIMINI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
a
RILEVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza del Tribunale di Rimini del 15/03/2024, che lo condannava alla pena di C 1500 di ammenda per il reato di cui all’art. 4 comma 3 legge 110 del 1975;
considerato che il primo motivo del ricorso, con cui si contesta violazione di legge in ordine alla corretta valutazione del compendio probatorio su cui è stata fondata l’affermazione di penale responsabilità, è inammissibile in quanto versato integralmente in fatto e volto a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti di prova estranea al sindacato di legittimità, e avulso da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito; esso è inoltre manifestamente infondato alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte (secondo cui “giustificato motivo”, rilevante ai sensi della I. n. 110 del 1975, art. 4, non è quello dedotto a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso nell’immediatezza, in quanto riferibile all’attualità e suscettibile di un’immediata verifica da parte dei verbalizzanti, atteso che, diversamente opinandosi, qualsivoglia condotta di porto vietato di strumento atto ad offendere potrebbe trovare giustificazione in una causa astrattamente collegata con esso, ma non effettiva al momento della consumazione del comportamento vietato, così frustrandosi la ratio legis, mirante a restringere, per motivi di ordine pubblico e di sicurezza per le persone e le cose, il più possibile il porto di strumenti e oggetti potenzialmente adoperabili per commettere atti di intimidazione e di violenza: si vedano Sez. 1 n. 19307 del 30/01/2019, COGNOME, Rv. 276187 – 01, e Sez. 1, n. 18925 del 26/02/2013, Rv. 256007 Carrara).
Osservato che il secondo motivo sull’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen., è inammissibile, essendo preclusa la sua analisi dalla circostanza che l’imputato non aveva avanzato detta richiesta in sede di merito (come desumibile dalle conclusioni riportate in seno alla sentenza, nelle quali l’imputato si limitava ad invocare l’assoluzione sic et simpliciter).
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/02/2025