Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9240 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9240 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Considerato che la Corte di appello di Napoli ha confermato la condanna pronunciata dal Tribunale in sede, in data 31 dicembre 2020, nei confronti di NOME alla pena di mesi 6 di arresto ed euro 1.500,00 di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 4, I. 18 aprile 1975, n. 110.
Rilevato che i motivi proposti dal ricorrente, a mezzo del difensore, AVV_NOTAIO (- primo motivo: violazione e vizio di motivazione in relazione all’art. 4 I. 110/1975; secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 131-bis cod. pen.; terzo motivo: violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’alt 62-bis cod. pen.) sono inammissibili perché prospettano censure volte a provocare una non consentita rivalutazione del merito della decisione su profili di censura già valutati, con una motivazione che non risulta insussistente, né affetta da manifesta illogicità o contraddittorietà, e che si presenta ineccepibile in punto di diritto.
Considerato, infatti, che, con riguardo al primo motivo, a fondamento della sussistenza dell’elemento psicologico, il giudice a quo ha logicamente evidenziato che l’imputato, all’atto della perquisizione, aveva mostrato un comportamento espressione di allarme e non aveva fornito giustificazioni per la presenza delle armi, una delle quali (il bastone) ben visibile, all’interno del veicolo.
Reputato, peraltro, che non si comprende la rilevanza in questo giudizio delle circostanze spazio-temporali indicate genericamente dal ricorrente e in che termini sarebbe stato leso il diritto al silenzio, considerato altresì che, per la consolidata giurisprudenza (Sez. 1, n. 18925 del 26/02/2013, Carrara, Rv. 256007-01), il «giustificato motivo» di cui all’art. 4 I. 18 aprile 1975, n. 110 e che rileva già p escludere l’oggettività criminosa, non è quello dedotto a posteriori dall’imputato (o dalla sua difesa), ma quello espresso immediatamente, ‘in quanto riferibile all’attualità e suscettibile di una immediata verifica da parte dei verbalizzanti.
Considerato, con riguardo al secondo motivo, che a giustificazione della non applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod pen. si valorizza non soltanto la natura della condotta, ma anche, logicamente, l’allarmante pericolosità sociale della stessa, perché compiuta in orario notturno e con il tentativo di elusione dei controlli della polizia, nonché la personalità de soggetto, connotata dalla proclività a commettere reati contro il patrimonio.
Considerato, infine, con riguardo al terzo motivo, rispetto alle circostanze attenuanti generiche, che viene evidenziata la negativa personalità del soggetto, così come emerge dai precedenti penali e dall’assenza di qualunque elemento positivo atto a giustificare il beneficio (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, Rv. 283489, secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice
con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato), non essendo valorizzabile in tal senso il consenso prestato all’acquisizione di dichiarazioni predibattimentali, costituendo questo mera espressione di una strategia difensiva, insuscettibile, in quanto tale, di connotazioni di meritevolezza o di disvalore (Sez. 2, n. 22 del 24/11/2021, Rv. 282509-02; Sez. 3, n. 19155 del 15/04/2021, Rv. 281879 – 03).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 8 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente