Giustificato Motivo Immigrazione: L’Onere della Prova Spetta allo Straniero
L’inosservanza di un ordine di allontanamento emesso dal Questore costituisce un reato, ma la legge prevede delle eccezioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: spetta esclusivamente al cittadino straniero dimostrare l’esistenza di un giustificato motivo immigrazione che gli ha impedito di lasciare il territorio italiano. Senza prove concrete, la condanna è inevitabile.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un cittadino straniero destinatario di un ordine di allontanamento emesso dal Questore di Pisa nel settembre 2020. Nonostante la notifica del provvedimento, l’uomo era rimasto illegalmente sul territorio italiano. Per questa ragione, il Giudice di Pace di Arezzo lo aveva dichiarato responsabile del reato previsto dall’art. 14, comma 5-ter, del D.Lgs. 286/1998.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il giudice di primo grado non avesse adeguatamente verificato la sussistenza di cause di giustificazione che gli avrebbero impedito di obbedire all’ordine.
Il Principio del Giustificato Motivo Immigrazione
Il cuore della decisione della Corte di Cassazione ruota attorno al concetto di giustificato motivo immigrazione e, soprattutto, a chi spetti l’onere di provarlo. La Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: è l’interessato, e non il giudice, a dover allegare e dimostrare l’esistenza di situazioni ostative, oggettive o soggettive, che gli hanno reso impossibile ottemperare all’ordine di espulsione.
Questo significa che non è sufficiente lamentare una generica difficoltà. La legge richiede la prova di un impedimento concreto, che va oltre il mero disagio socio-economico, condizione tipica della maggior parte dei migranti clandestini.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno sottolineato che il Giudice di Pace aveva correttamente applicato la legge, poiché durante l’istruttoria non era emersa alcuna causa di giustificazione per la condotta dell’imputato.
Richiamando precedenti sentenze, la Cassazione ha precisato che la configurabilità del reato di inosservanza dell’ordine del Questore può essere esclusa solo in presenza di situazioni che incidono sulla possibilità effettiva di adempiere. Il ricorrente, invece, si era limitato a criticare la sentenza di primo grado senza fornire alcuna prova di tali impedimenti, invertendo di fatto l’onere della prova che la legge pone a suo carico.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza rafforza un orientamento rigoroso: chi riceve un ordine di espulsione ha solo due alternative legali: lasciare il Paese o dimostrare attivamente e con prove concrete l’impossibilità di farlo. La passività o l’addurre generiche difficoltà economiche non sono scusanti valide di fronte alla legge. La decisione implica che il cittadino straniero deve assumere un ruolo proattivo nel documentare qualsiasi impedimento (ad esempio, problemi di salute gravi e non curabili nel paese d’origine, impossibilità di ottenere documenti di viaggio per cause non imputabili a lui). In assenza di tale prova, il reato si perfeziona e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come in questo caso, diventa una conseguenza quasi certa.
Chi ha l’onere di provare il giustificato motivo per non aver rispettato un ordine di espulsione?
L’onere della prova spetta esclusivamente all’interessato, ovvero al cittadino straniero che ha ricevuto l’ordine di allontanamento. Deve essere lui a dimostrare attivamente l’esistenza di un impedimento.
Il disagio socio-economico è considerato un giustificato motivo valido per rimanere in Italia?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che il mero disagio socio-economico, essendo una condizione tipica del migrante clandestino, non è di per sé sufficiente a costituire un giustificato motivo che escluda il reato.
Cosa accade quando un ricorso contro una condanna per questo reato viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna originaria diventa definitiva. Inoltre, come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, qui quantificata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2345 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2345 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CUI 0394096) nato il 20/01/1993
avverso la sentenza del 22/07/2024 del GIUDICE COGNOME di AREZZO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Considerato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Rilevato, infatti, che il Giudice di pace di Arezzo, senza incorrere in vizi logici, dichiarato il predetto responsabile del reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, d.lgs. 286/1998 in quanto, sebbene destinatario di ordine di allontanamento emesso dal Questore di Pisa notificatogli il 9 settembre 2020, egli è rimasto illegalmente nel territo italiano senza che nel corso della istruttoria siano emerse cause di giustificazione di ta condotta;
Considerato che in tema di immigrazione clandestina la sussistenza del giustificato motivo idoneo ad escludere la configurabilità del reato di inosservanza dell’ordine del Questore di lasciare il territorio dello Stato, deve essere valutata con riguardo a situazio ostative – della cui allegazione è onerato l’interessato – incidenti sulla possibi oggettiva o soggettiva, di ottemperarvi, non essendo sufficiente la considerazione del mero disagio socio economico, di regola ricollegabile alla condizione tipica del migrante clandestino. (Sez. 1, n. 44567 del 3/11/2021, COGNOME, Rv. 282216 – 01; Sez. 1, n. 47191 del 27/4/2016, COGNOME, Rv. 268212 – 01);
Ritenuto che l’imputato lamenta il fatto che il Giudice di pace non ha accertato la sussistenza di cause di giustificazione nonostante il relativo onere, sulla base dell giurisprudenza sopra richiamata, fosse a suo carico;
Rilevato che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., a pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.