Giustificato Motivo Arma: Quando il Lavoro Non Basta a Legittimare il Porto
L’ordinanza in esame offre uno spunto cruciale per comprendere i confini del giustificato motivo arma, specialmente quando invocato per esigenze lavorative. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ribadisce la distinzione fondamentale tra valutazione dei fatti, riservata ai giudici di merito, e controllo di legittimità, di sua esclusiva competenza. Analizziamo come l’esigenza di un allevatore di detenere un’arma per la propria attività non sia stata sufficiente a superare il vaglio della Suprema Corte.
Il Fatto: Un Allevatore Condannato per Porto d’Arma
Il caso ha origine dalla condanna di un uomo, ritenuto responsabile del reato previsto dall’art. 4 della legge n. 110/75, per aver detenuto un’arma. La condanna, emessa dal Tribunale di Avellino e confermata dalla Corte d’Appello di Napoli, consisteva in sei mesi di arresto e duemila euro di ammenda.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su un unico motivo: la sussistenza di un giustificato motivo arma. A suo dire, l’arma era uno strumento utile e necessario per la sua attività di allevatore di bovini, una circostanza che, secondo la difesa, avrebbe dovuto escludere la punibilità del fatto.
La Decisione della Suprema Corte: Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del sistema processuale penale: la Corte non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella già compiuta dai giudici di primo e secondo grado. Il ricorso, infatti, non lamentava una violazione di legge o un vizio logico della motivazione della sentenza d’appello, ma si limitava a proporre una lettura alternativa e più favorevole degli elementi di prova.
Le Motivazioni: i limiti del giustificato motivo arma in Cassazione
Il cuore della decisione risiede nella natura del giudizio di Cassazione. I giudici di legittimità hanno sottolineato che i tribunali di merito si erano già espressi sulla tesi difensiva, ritenendola non fondata. Il ricorrente, anziché evidenziare un errore di diritto, ha semplicemente riproposto argomenti fattuali, cercando di ottenere una nuova valutazione del caso. Questo tipo di apprezzamento, tuttavia, è precluso in sede di legittimità.
La Corte ha specificato che la motivazione della sentenza d’appello era da considerarsi “congrua e rispettosa delle regole della logica e delle risultanze processuali”. In altre parole, la decisione dei giudici di merito, che ha escluso la sussistenza del giustificato motivo arma, era stata argomentata in modo logico e coerente con le prove raccolte, rendendo l’esito non sindacabile in Cassazione. La conseguenza diretta dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza
Questa pronuncia ribadisce un concetto fondamentale: non basta affermare che un’arma sia utile per il proprio lavoro per integrare automaticamente il “giustificato motivo”. La valutazione di tale presupposto è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, che deve considerare tutte le circostanze specifiche del caso. Inoltre, emerge chiaramente che il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per avere successo, il ricorso deve concentrarsi su precise violazioni di legge o su vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata, non sulla semplice riproposizione di una tesi difensiva già rigettata.
È sempre considerato un giustificato motivo arma l’utilizzo di uno strumento per scopi lavorativi?
No, non automaticamente. La sentenza chiarisce che la sussistenza di un giustificato motivo legato all’attività lavorativa è una valutazione di fatto che spetta ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), i quali devono analizzare le specifiche circostanze del caso. Non è sufficiente invocare l’esigenza lavorativa per escludere il reato.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito della questione?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché il ricorrente non ha lamentato una violazione di legge, ma ha proposto una diversa interpretazione dei fatti già valutati dai giudici dei gradi precedenti. La Corte di Cassazione svolge un controllo di legittimità (corretta applicazione della legge) e non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito sui fatti.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Come stabilito nel provvedimento e previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, in questo caso determinata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 950 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 28/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 950 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SERINO il 10/07/1955
avverso la sentenza del 09/04/2024 della Corte d’appello di Napoli dato avviso alle parti;
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza del 9 aprile 2024, con la quale la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Avellino che aveva ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 4 l.n. 110/75 e lo aveva condannato alla pena di mesi sei di arresto ed euro duemila di ammenda;
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritenuto che con unico articolato motivo il ricorrente propone un’alternativa lettura degli elementi acquisiti, deducendo la plausibilità dell’ipotesi difensiva, secondo la quale l’imputato deteneva l’arma con un giustificato motivo essendo utile per l’attività di allevamento di bovini;
che su queste deduzioni i giudici di merito si sono pronunciati e il ricorrente propone sul punto argomenti di merito alternativi e opinabili, il cui apprezzamento Ł comunque precluso nel giudizio di legittimità;
che la motivazione appare congrua e rispettosa delle regole della logica e delle risultanze processuali (tra le altre, Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227 – 01);
che per queste ragioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 28/11/2024 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME