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Giurisdizione penale: Cassazione sul reato estero

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza che negava la giurisdizione penale italiana su un reato commesso all’estero ma collegato a un’associazione criminale operante in Italia. La Corte ha stabilito che, ai sensi dell’art. 6 c.p., per radicare la giurisdizione penale italiana è sufficiente che anche solo un frammento della condotta si sia verificato nel territorio nazionale, a prescindere dalla valutazione sul carattere transnazionale del singolo episodio.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Giurisdizione Penale: Basta un Frammento di Azione in Italia

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4307 del 2024, ha fornito un’importante chiarificazione sui criteri per stabilire la giurisdizione penale italiana nei casi di reati transnazionali. La Corte ha annullato la decisione di un Giudice dell’Udienza Preliminare che aveva negato la propria giurisdizione su un reato commesso all’estero, sottolineando un principio fondamentale: per radicare la competenza italiana, è sufficiente che anche solo una minima parte della condotta criminosa si sia svolta sul territorio nazionale.

I fatti del caso

Il caso nasce dal ricorso del Pubblico Ministero di Firenze contro una sentenza del Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP). Quest’ultimo, in un procedimento per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione riguardo a uno specifico capo d’imputazione (la detenzione di un ingente quantitativo di droga). Secondo il GUP, sebbene l’episodio fosse collegato all’associazione criminale, il fatto si era svolto interamente all’estero e non aveva prodotto “effetti sostanziali” in Italia. Questa decisione era stata presa nonostante l’autorità giudiziaria straniera (olandese) avesse precedentemente rinunciato alla propria giurisdizione a favore di quella italiana, nell’ambito di una squadra investigativa comune.

La questione della giurisdizione penale e il ricorso

Il Pubblico Ministero ha impugnato la decisione, sostenendo che il GUP avesse errato nel non considerare la connessione tra il reato specifico e l’operatività dell’associazione transnazionale in Italia. La Procura Generale presso la Cassazione ha sostenuto il ricorso, chiedendo l’annullamento con rinvio.
Un punto preliminare affrontato dalla Corte è stata l’ammissibilità stessa del ricorso. Di norma, le sentenze che decidono sulla giurisdizione non sono appellabili in Cassazione, ma possono dar luogo a un “conflitto di giurisdizione”. Tuttavia, la Corte ha ribadito un principio consolidato: il ricorso è eccezionalmente ammesso quando la decisione di un giudice italiano di declinare la giurisdizione a favore di un’autorità straniera renderebbe impossibile la risoluzione del conflitto, lasciando la pronuncia priva di qualsiasi controllo di legittimità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso del Pubblico Ministero, accogliendo le sue argomentazioni. L’errore del GUP, secondo la Cassazione, è stato quello di concentrarsi sul carattere transnazionale del singolo reato di detenzione di stupefacenti, escludendolo e, di conseguenza, negando la giurisdizione italiana. Questo approccio è stato giudicato errato.
Il criterio corretto da applicare non era quello della Convenzione di Palermo sulla criminalità organizzata transnazionale, ma il principio generale stabilito dall’art. 6 del codice penale. Questa norma stabilisce che un reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando l’azione o l’omissione che lo costituisce è avvenuta, in tutto o in parte, in Italia, oppure se in Italia si è verificato l’evento che ne è la conseguenza. La Corte ha specificato che, per affermare la giurisdizione penale italiana, è sufficiente che “anche solo un frammento della condotta” si sia verificato nel territorio dello Stato. Non è necessario un accertamento preventivo del reato commesso all’estero, né che la condotta in Italia possieda già i requisiti del tentativo. L’importante è che esista un collegamento oggettivo tra l’azione svolta in Italia e quella realizzata all’estero.
Il GUP aveva quindi sbagliato a escludere la giurisdizione basandosi sull’assenza di effetti sostanziali in Italia, senza prima verificare se una parte, anche minima, della condotta fosse riconducibile al territorio nazionale, come invece avrebbe dovuto fare secondo l’art. 6 c.p.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla declaratoria di difetto di giurisdizione. Il caso è stato rinviato al Tribunale di Firenze per un nuovo esame. Questa decisione riafferma un principio estensivo della giurisdizione penale italiana: in un mondo globalizzato dove il crimine non conosce confini, è sufficiente un legame anche tenue con il territorio nazionale per consentire ai giudici italiani di perseguire un reato, garantendo che non si creino vuoti di tutela giurisdizionale.

Quando è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza che dichiara il difetto di giurisdizione?
Eccezionalmente, il ricorso per Cassazione è ammesso quando la pronuncia sulla giurisdizione non può dare luogo a un conflitto, come nel caso in cui il giudice italiano rinunci alla giurisdizione a favore di un’autorità straniera, poiché tale decisione rimarrebbe altrimenti priva di qualsiasi controllo di legittimità.

Quale criterio ha usato la Cassazione per affermare la giurisdizione penale italiana in questo caso?
La Corte ha applicato il principio stabilito dall’art. 6 del codice penale, secondo cui un reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando l’azione o l’omissione che lo costituisce è avvenuta, anche solo in parte, in Italia. È sufficiente un frammento della condotta per radicare la giurisdizione.

Perché il giudice di primo grado aveva negato la giurisdizione italiana?
Il giudice aveva ritenuto che il singolo episodio di detenzione di stupefacenti, pur collegato a un’associazione criminale, non avesse prodotto effetti sostanziali in Italia e non fosse caratterizzato da un carattere transnazionale, difettando quindi del criterio di collegamento necessario per radicare la giurisdizione italiana.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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