Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34471 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2   Num. 34471  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME COGNOME n. in Tunisia il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugia in data 1/10/2024 visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del AVV_NOTAIO; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso; dato atto che il difensore, AVV_NOTAIO, con atto del 2 ottobre 2025 ha comunicato la propria rinuncia a comparire all’udienza di trattazione orale da lui richiesta, rassegnando le conclusioni in forma scritta. 
RITENUTO IN FATTO
 Con  l’impugnata  sentenza  la  Corte  di  Appello  di  Perugia,  giudicando  a seguito di annullamento con rinvio disposto dalla Corte di legittimità per motivi processuali,  confermava  la  decisione  del  Tribunale  di  Macerata  che,  in  data
13/10/2022,  aveva  riconosciuto  NOME  COGNOME  colpevole  dei  delitti  di  rapina pluriaggravata in concorso e lesioni aggravate, condannandolo alla pena di anni sei, mesi quattro di reclusione ed euro 1500,00 di multa.
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, il quale ha dedotto i seguenti motivi, enunciati nei termini strettamente necessari per la motivazione:
2.1. violazione degli artt. 159, 178 lett. c), 179, 598ter , 601 cod. proc. pen. Il difensore espone che la citazione per il giudizio d’appello è stata notificata all’imputato ai sensi dell’art. 159 codice di rito in quanto irreperibile e che la Corte territoriale ha rigettato l’eccezione difensiva formulata con le conclusioni scritte relativa all’asserita incompletezza delle ricerche. Aggiunge che agli atti risulta il luogo di nascita dell’imputato sicché l’accertata espulsione dal territorio nazionale imponeva comunque di ricercarlo nella città di Mahdia in Tunisia. Precisa, inoltre, di non aver più contatti con il proprio assistito dal momento in cui fu accompagnato presso un centro di accoglienza in vista dell’espulsione e che la ex coniuge si è del tutto disinteressata delle vicende processuali del ricorrente. Eccepisce, pertanto, la nullità del decreto di irreperibilità e degli atti conseguenti, compreso il giudizio d’appello e la sentenza che l’ha definito;
2.2. violazione di legge in relazione agli artt. 471 e 601 cod. proc. pen. nonché agli artt. 23 D.L. 149/2020, 23bis D.L. n. 137/2020 e 5duodecies D.L. 162/2022, per avere la Corte di appello erroneamente proceduto nelle forme della trattazione scritta. Il difensore sostiene che, poiché la Corte d’Appello di Ancona aveva emesso la decisione oggetto d’annullamento in sede di legittimità in esito all’udienza pubblica, il giudice di rinvio avrebbe dovuto procedere nelle stesse forme pur in assenza di una specifica richiesta del difensore di trattazione orale;
2.3. violazione degli artt. 171, 178 lett. c), 420bis e quater , 548, comma 3, in vigore prima della L. 67/2014, nonché dell’art. 585, comma 2, lett. d) cod. proc. pen.; violazione dell’art. 15bis L. 67/2014 e dell’art. 548, comma 3, cod. proc. pen. Il difensore eccepisce che, alla data di entrata in vigore della L. 67/2014, che ha introdotto nel sistema l’istituto dell’assenza, il processo a carico del ricorrente era già in corso e pendente in primo grado sicché la Corte di Appello di Perugia avrebbe dovuto dichiarare la contumacia dell’imputato secondo le disposizioni in vigore prima della riforma, con conseguente violazione della disciplina transitoria dettata dall’art. 15bis della L. 118/2014. Con riguardo alle conseguenze, il difensore segnala che il giudizio in contumacia avrebbe comportato la necessità di notifica all’imputato dell’estratto della sentenza ai sensi dell’art. 548, comma 3, cod. proc. pen., la cui omissione ha determinato il mancato decorso per l’imputato dei termini per impugnare ex art. 585, comma 2, lett. d) ante-riforma, violazione
non  sanata  per  effetto  del  ricorso  proposto  dal  difensore  né  in  conseguenza dell’avvenuta abolizione della facoltà di presentare ricorso personalmente da parte dell’imputato,  dovendosi  distinguere  la  legittimazione  all’impugnazione  dalle modalità di esercizio del relativo diritto;
2.4. violazione degli artt. 2 e 583, secondo comma, n. 4, cod. pen. nonché dell’art. 12, comma 3, L. 69/2019, avendo la sentenza impugnata confermato la condanna del ricorrente per il delitto di lesioni gravissime consistite nello sfregio permanente del viso senza tener conto dell’intervenuta abrogazione dell’art. 583, secondo comma, n. 4, cod. pen. disposta con l’art. 1 della L. 69/2019. La caducazione dell’aggravante avrebbe dovuto comportare la declaratoria di prescrizione dell’incolpazione ascritta sub B). 
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con riferimento all’istanza di trasmissione del ricorso ad altra sezione formulata dal difensore in data 10/9/2025 in conseguenza dell’annullamento con rinvio pronunciato dalla Seconda Sezione con sentenza n. 44369-22, resa il 13/10/2022, è d’uopo evidenziare che, alla luce delle previsioni tabellari, l’annullamento determinato da motivi processuali, come nella specie, è insuscettibile di incidere sul riparto sezionale relativo alle assegnazioni dei fascicoli, radicando la competenza della sezione collegata.
Quanto alle censure formulate, deve debitamente premettersi che nel caso scrutinato non vi è alcun dubbio circa la conoscenza del processo da parte dell’imputato il quale, oltre ad aver nominato un difensore di fiducia in relazione all’odierno procedimento, in primo grado, trovandosi detenuto per altra causa, rinunziava a comparire. Inoltre, anche nel corso del giudizio definito con la sentenza della Corte d’Appello di Ancona, oggetto di annullamento per effetto dell’omessa considerazione del legittimo impedimento del ricorrente, associato presso un centro di accoglienza di Torino in attesa di espulsione, il prevenuto ricevette la notifica del verbale dell’udienza in data 11 dicembre 2017 che disponeva il rinvio della trattazione all’udienza del 5 febbraio 2018.
Tanto chiarito, la censura difensiva relativa alla nullità del decreto di irreperibilità emesso al fine della notificazione della citazione in appello in sede di rinvio è destituita di fondamento. Questa Corte ha in più occasioni precisato che, ai fini dell’emissione del decreto di irreperibilità, l’obbligo di disporre le ricerche all’estero sorge soltanto se quelle svolte nel territorio dello Stato consentono di individuare la località ove l’imputato dimora o esercita abitualmente la sua attività e in cui, quindi, può utilmente effettuarsi la ricerca per l’accertamento di un esatto
indirizzo (Sez. 1, n. 34760 del 26/06/2024, NOME, Rv. 286719 – 01; Sez. 6, n. 29147 del 03/06/2015, Ben, Rv. 264104 – 01; Sez. 1, n. 27552 del 23/06/2010, COGNOME, Rv. 247719 – 01). Alla stregua del verbale in atti, risulta che l’imputato è stato inutilmente cercato presso il domicilio noto (oltre che presso l’amministrazione carceraria) e la ex coniuge ha riferito di non avere informazioni circa  i  luoghi  in  cui  eventualmente  rintracciarlo  in  Tunisia,  paese  d’origine dell’imputato.
Il secondo motivo è manifestamente infondato in quanto il giudizio di rinvio costituisce un’autonoma fase processuale introdotta dalla vocatio in iudicium delle parti e soggetta, nella specie, alla sequenza procedimentale delineata dalla disciplina processuale pandemica che, a norma dell’art. 94, comma 2, D. Lgs. 150/2022, trova applicazione per le impugnazioni proposte fino al 30 giugno 2024. Pertanto la circostanza che la Corte di Appello di Ancona, che ha emesso la sentenza annullata il 05/02/2018, avesse trattato l’impugnazione in pubblica udienza (rito imposto dalle disposizioni all’epoca vigenti) non costituiva un vincolo per il giudice di rinvio, attese le modifiche processuali intervenute in base alle quali costituiva onere del difensore, e dell’imputato che avesse inteso comparire per rendere interrogatorio, formulare tempestiva richiesta di trattazione orale ai sensi dell’art. 23bis D.L. 137/2020.
Il terzo motivo è anch’esso manifestamente infondato. L’art. 15bis della L. 67/2014, che ha introdotto nel sistema l’istituto dell’assenza in luogo della contumacia, prevede al comma 1 che le relative disposizioni ‘si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado’, aggiungendo al secondo comma che ‘ in deroga a quanto previsto dal comma 1, le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge quando l’imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità’.
La giurisprudenza di legittimità sul punto ha statuito che le disposizioni introdotte dalla L. 28 aprile 2014, n. 67 non si applicano – ai sensi della normativa transitoria di cui all’art. 15bis della stessa legge, introdotto dalla L. 11 agosto 2014, n. 118 – ai processi in corso nei quali, alla data di entrata in vigore della legge n. 67, era già stata emessa la sentenza di primo grado, né a quelli ancora pendenti in primo grado in cui, nei confronti dell’imputato dichiarato contumace, non era stato emesso il decreto di irreperibilità (v. tra molte, Sez. 6, n. 27540 del 03/06/2015, Tolentino, Rv. 264052 – 01; Sez. 3, n. 23271 del 29/04/2015,
NOME, Rv. 263652 – 01; Sez. 5, n. 34180 del 17/02/2016, NOME, Rv. 267655 – 01).
Nel  caso  a  giudizio,  la  sentenza  di  primo  grado  del  Tribunale  di  Macerata risulta emessa in data 16 Maggio 2016, in epoca successiva al varo della novella, e l’imputato all’epoca risultava detenuto per altra causa e rinunciante a comparire, condizione non assimilabile alla contumacia, che postulava la mancata comparizione,  a seguito di rituale citazione e in  assenza  di  impedimenti apprezzabili, dell’imputato libero.
Deve, dunque, ritenersi che non ricorressero i presupposti per l’ultrattività della disciplina della contumacia, come sostenuto dal difensore, e nessun rilievo può accordarsi al fatto che erroneamente la Corte d’appello di Ancona abbia qualificato il ricorrente come tale (peraltro in presenza di un impedimento a comparire che ebbe a determinare l’annullamento della sentenza). Risultano, pertanto, prive di fondamento le censure svolte in punto di omessa notifica dell’estratto contumaciale in quanto non dovuta.
Ad esiti di inammissibilità per manifesta infondatezza deve pervenirsi anche in relazione al conclusivo motivo che censura l’intervenuta conferma di responsabilità per il delitto di lesioni personali gravissime. Infatti, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che sussiste un rapporto di continuità normativa tra la circostanza oggettiva ad effetto speciale prevista dall’art. 583, secondo comma, n. 4, cod. pen., formalmente abrogata dalla legge 19 luglio 2019, n. 69, e l’autonoma fattispecie incriminatrice prevista dall’art. 583quinquies cod. pen. che ha tradotto la circostanza aggravante nell’autonoma ipotesi di reato di cui alla disposizione citata che sanziona “chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso … ‘ (in tal senso, Sez. 5, n. 6401 del 23/01/2024, M., Rv. 286054 – 01).
 Alla  luce  delle  considerazioni  svolte  il  ricorso  deve  essere  dichiarato inammissibile con conseguenti statuizioni ex art.  616  cod.  proc.  pen., come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 7 ottobre 2025
Il Consigliere estensore                                Il Presidente
NOME COGNOME                              NOME COGNOME