Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 9181 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 9181 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/07/2023 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Reggio Calabria, con la sentenza indicata in epigrafe, decidendo a seguito di rinvio dalla Terza Sezione Penale della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione (con due sentenze di annullamento riferibili a distinti imputati le cui posizioni erano state stralciate per questioni procedurali), ha rideterminato la pena inflitta aCOGNOME COGNOME NOME, previa esclusione per il capo D) della circostanza aggravante di cui all’art.4 legge n.146/2006, nella misura di anni sei e mesi otto di reclusione.
Per quanto qui rileva, il ricorrente era destinatario dell’imputazione del reato di cui all’art. 74 commi 1, 2 e 3 d.P.R. n. 309/1990, art. 4 I. n. 146/2006 (capo D) per essersi associato con altri e con una pluralità di soggetti sudamericani allo stato non identificati, al fine di commettere una pluralità indeterminata di delitti d’intermediazione, codetenzione e successiva cessione a terzi di sostanza stupefacente del tipo cocaina in quantità ingenti, da trasportarsi dal Sud America in Europa. In Reggio Calabria, Brasile e altrove condotta perdurante, accertato dal 15 marzo 2013 al 24 maggio 2013i
In data 28/04/2017 altra sezione della medesima Corte di appello, aveva parzialmente riformato la sentenza emessa a seguito di rito abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria, in data 20/10/2015, escludendo la circostanza aggravante del numero di persone superiore a dieci, ma tale pronuncia era stata annullata dalla Terza Sezione Penale della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione con sent.n.36381/19, per quanto qui interessa, con il seguente dispositivo: «…..Annulla la sentenza impugnata quanto all’aggravante della transnazionalità contestata al capo D), con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo esame. Rigetta nel resto il ricorso».
I fatti che hanno dato origine a procedimenti riuniti nei confronti di più imputati sono stati ampiamente esposti nelle sentenze di primo grado, delle quali la sentenza impugnata ha operato una corretta sintesi, che si riporta per una migliore intelligenza dei fatti per i quali si procede.
4.1. Articolate indagini compiute su una vasta rete criminale internazionale dedita al traffico ed all’importazione dal Sud America per l’Europa e l’Italia di sostanza stupefacente del tipo cocaina avevano trovato la loro genesi nel monitoraggio di due soggetti originari della Locride, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ritenuti contigui ad altre famiglie di ‘ndrangheta di Natile di
Careri. Si legge nelle sentenze di primo grado che le indagini avevano disvelato l’esistenza di un’associazione dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti (capo A) che vedeva NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali promotori e finanziatori, essersi associati tra loro e con NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOMEpoi assolto) allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall’art. 73 T.U. Stup. e, in particolare, per compiere at preparatori diretti ad importare sostanze stupefacenti provenienti da Paesi esteri e, nella vicenda in esame, dal Sudamerica, realizzando, in tal modo, una struttura organizzativa nella quale NOME COGNOME e NOME COGNOME rivestivano i ruoli di promotori, organizzatori e finanziatori, mentre NOME COGNOME rivestiva compiti di finanziatore, i quali avevano l’obiettivo: 1) di individuare in Sudamerica e in particolare in Perù e Brasile fonti di approvvigionamento di stupefacente del tipo cocaina da inviare in Italia occultato in carichi di copertura; 2) di ricercare – in Italia – soggetti interessati all’acquis di tutta o parte della sostanza stupefacente importata; 3) di tenere i rapporti in Italia con personale di stanza nei porti di arrivo al fine di assicurare che i carichi in cui era occultato lo stupefacente passassero indenni attraverso i normali controlli di frontiera; 4) di effettuare viaggi anche in Sudamerica per visionare lo stupefacente; 5) di procedere all’acquisto dei carichi, alla direzione delle attività criminose (attraverso il costante monitoraggio dei viaggi), mantenendo contatti con gli intermediari. NOME COGNOME e NOME COGNOME, invece, assicuravano, attraverso la creazione di un canale privilegiato con i calabresi, la costante fornitura di stupefacente all’organizzazione; NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME coadiuvavano i promotori nelle attività esecutive, tra l’altro, accompagnando costoro agli incontri con gli esponenti delle altre organizzazioni nonché partecipando alle fasi del pagamento delle partite di droga; COGNOME, inoltre, coadiuvava i promotori nell’attività operativa verificando lo stivaggio della droga nel porto di partenza. Tale associazione, così delineata, manteneva, secondo il convincimento espresso dai primi giudici, contatti diretti o mediati con i fornitori dello stupefacente, avuto particolare riguardo, da un lato, al gruppo peruviano tratteggiato al capo B) della rubrica, rispetto al quale è stata ritenuta la partecipazione organica, come intraneo al sodalizio, di NOME COGNOME (nonché del coimputato NOME COGNOME e di una pluralità di soggetti sudamericani non meglio identificati tra cui tale “Chato” posto in posizione apicale) e, dall’altro, con l’associazione brasiliana di fornitori di stupefacenti e brokers descritta al capo C) della rubrica, composta – tra gli altri – da NOME COGNOME, NOME COGNOME (in qualità di promotori organizzatori), NOME COGNOME e NOME COGNOME. Ed invero, dalla collegata indagine convenzionalmente Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
denominata «Monte Pollino» (pag. 87 e seguenti della sentenza di primo grado) era emersa l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata all’esportazione, codetenzione e successiva cessione a terzi di sostanza stupefacente di tipo cocaina in quantità ingenti i cui ruoli di promotori erano rivestiti da NOME COGNOME e NOME COGNOME. I partecipi venivano individuati in NOME (moglie di NOME), NOME COGNOME (la directora), NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. Tale compagine associativa individuava le fonti di approvvigionamento di stupefacente del tipo cocaina dal produttore da inviare all’estero occultato in carichi di copertura; ricercava soggetti interessati all’acquisto (in tutto o in parte, della sostanza stupefacente importata); ricercava, in Brasile e nei porti di transito, personale che assicurasse che i carichi in cui era occultato lo stupefacente passassero indenni dai normali controlli di frontiera; effettuava viaggi (tramite emissari) anche in Europa per prelevare il denaro e consegnare il sigillo contraffatto dei containers; si avvaleva di NOME COGNOME e della sua struttura di money transfert, per creare un canale privilegiato con le organizzazioni per vendere droga. Nell’ambito dell’indagine brasiliana erano stati sequestrati: – kg.61 di cocaina nascosti all’interno del veicolo Ford parcheggiato nell’abitazione di NOME COGNOME in INDIRIZZO; – kg.20 di cocaina all’interno di una valigia abbandonata da membri dell’organizzazione; – kg.108 di cocaina sequestrati a Barra Velha, INDIRIZZO, destinati a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; – kg.44 di cocaina occultati in due valigie, sequestrati in tornello accoppiato nella nave con destinazione Belgio in partenza dal porto di Munguba (frontiera dello Stato di Amapà e Parà – gennaio 2013) in cui risultavano coinvolti NOME COGNOME e NOME COGNOME; – kg.269 di cocaina sequestrati nel porto di COGNOME, nascosti in un container diretto in Belgio, stupefacente acquistato da NOME COGNOME, la quale risultava essere a capo di una distinta organizzazione criminale di stampo internazionale (capo D) composta da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME (oltre altri soggetti tra cui NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, le cui posizioni sono state separate in sede di udienza preliminare), che curava la fase del c.d. pick-up money in Europa attraverso la creazione di una rete di contatti tra organizzazioni sudamericane ed europee, mettendo in relazione i promotori delle organizzazioni dedite alla produzione e fornitura di stupefacente e quelli delle organizzazioni europee deputate all’importazione di stupefacente nei rispettivi Stati. COGNOME, Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
NOME e NOME avevano il compito di contattare e incontrare separatamente, presso gli Stati ove avevano sede le rispettive organizzazioni, gli esponenti di tali consorterie, effettuando viaggi (tramite emissari) in Calabria per prelevare il denaro, organizzando staffette e assicurando la consegna dello stesso ai fornitori degli stupefacenti (ovvero la ricezione e il trasporto in sicurezza, da un continente all’altro, fino a destinazione, del denaro contante, contropartita delle forniture di stupefacente). In definitiva, la COGNOME era, secondo i giudici di merito, l’organizzatrice di fittizie operazioni commerciali di copertura dell’illecito traffico di stupefacenti attraverso una società di money transfert con sede a Londra. Secondo le sentenze – che riprendono, sul punto, gli esiti delle indagini e delle rogatorie internazionali espletate – le distinte organizzazioni erano state in grado di programmare e attuare (nel periodo oggetto delle indagini) almeno cinque operazioni di importazione di cocaina attraverso un vettore navale (tutte riscontrate anche attraverso sequestri di stupefacente): 1) l’importazione dal Perù in Italia, attraverso un vettore navale, di un ingente quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina (kg.50) non meglio individuato, del valore di euro 875 mila (capo B); 2) l’importazione in Italia di 110 panetti di cocaina (capo F); 3) l’importazione in Italia di kg.110 di cocaina (capo G); 4) l’importazione in Italia di kg.108 di cocaina (capo I); 5) l’importazione in Italia di kg.80 di cocaina non meglio individuato (capo L).
4.2. Gli elementi funzionali all’acquisizione di un solido quadro probatorio, comprovante la sussistenza di quattro distinte associazioni per delinquere finalizzate al narcotraffico, erano stati desunti dall’uso di accorgimenti volti ad eludere eventuali indagini nei confronti degli associati, quali: il ricorso a false generalità, l’uso di posti pubblici di telefonia, il continuo cambio di schede telefoniche, l’utilizzo di un linguaggio convenzionale, l’uso di conversazioni attraverso chat con telefoni blackberry e l’utilizzo di pin in codice (attraverso addizione o sottrazione dei numeri), l’abitudine di non parlare mai all’interno di autovetture allo scopo di non consentire l’utile esito di intercettazioni ambientali, l’intenzione di procedere all’acquisto di disturbatori di frequenza (jammer) e il loro possesso al fine di non consentire ogni sorta di captazione, l’uso di nomi, anche qui convenzionali (pseudonimi, soprannomi e nicknames) in modo da rendere difficile l’identificazione dei partecipanti alle conversazioni, l’uso di termini (festa, inviti, sorella, invitazioni) per definire la merce trattata, termi che non trovavano alcun riscontro nelle attività effettivamente svolte dagli associati, con la piena conoscenza – da parte di soggetti provenienti da aree geografiche differenti e svolgenti attività diverse che nulla avevano a che vedere con la merce indicata nel corso delle conversazioni – del reale oggetto di queste. Senza che nessuno avesse peraltro giustificato le ragioni dell’utilizzazione di un
simile linguaggio, non di rado in un frenetico contattarsi reciprocamente tra gli imputati in cui si faceva riferimento al denaro utilizzato (convenzionalmente denominato «fammi ridere»). Ulteriori elementi istruttori erano concretati dal compimento, da parte di COGNOME e di NOME COGNOME, di viaggi in Sudamerica (Perù e Brasile) seguendo percorsi del tutto atipici (sia europei che extra-europei) con aggravio notevole di risorse fisiche ed economiche; dall’utilizzazione di autovetture intestate a soggetti diversi al fine di eludere le investigazioni; dalle continue riunioni in diverse località (Napoli-Reggio CalabriaAmsterdam-Barcellona-Roma-Brasile) per le attività di consegna del denaro e per le attività inerenti al perfezionamento dei finanziamenti propedeutici agli acquisti o del controllo inerente allo stivaggio dello stupefacente, a riprova dell’esistenza di più gruppi operativi ed organizzati; da viaggi finalizzati al narcotraffico; dai soggiorni dello COGNOME in Brasile per lunghi periodi; dagli spostamenti di NOME COGNOME da un continente all’altro (Italia-Sudamerica) e da un Paese all’altro (Italia-Spagna-Olanda) e da una città all’altra (Reggio Calabria-Torino-Roma-Napoli); dai conferimenti in denaro e dalle altre voci di spesa che avevano comportato uscite di notevolissima entità giustificabili solo nella prospettiva di ingenti profitti. Gli imputati curavano i loro affari e s mantenevano in costante e reciproco contatto, per lo più tramite conversazioni che intercorrevano via chat a mezzo blackberry, fatte oggetto di ampio nnonitoraggio da parte degli investigatori, spesso propedeutiche e finalizzate a fugaci incontri di persona, per avviare o concretizzare le trattative di importazione, avvenute in varie parti del mondo e monitorate, in buona parte, dagli inquirenti italiani e stranieri.
4.3. I giudici di merito hanno evidenziato gli elementi probatori dedotti attraverso i reati-fine, evidenziando il mosaico di rapporti interpersonali da cui emergeva l’attività, coordinata e sinergica, di una pluralità di soggetti essenzialmente operanti tra l’Europa e il Sudamerica dediti, con carattere di sistematicità, a un imponente traffico di droga, del tipo cocaina, sintomatico di un accordo stabile, a carattere generale e continuativo, destinato a permanere anche dopo la consumazione di ciascun delitto programmato, reso palese da plurimi elementi sintomatici (importazione in Europa di ingenti quantitativi di cocaina per lo più provenienti dal Sudamerica; disponibilità di una vasta e consolidata sfera di rapporti con fornitori all’ingrosso presenti in Sudamerica, oltre che con soggetti operanti in svariati Stati europei, disposti ad acquistare quantitativi di stupefacente da smistare successivamente mediante la vendita al dettaglio; frequenza di contatti tra gli associati; capillare organizzazione delle varie fasi inerenti a negoziazione, spedizione e sbarco in porti prestabiliti; sequestri di sostanze stupefacenti, ingente disponibilità di risorse finanziarie).
4.4. Attraverso l’analisi dei reati-fine, confortata dalle intercettazioni telefoniche e dagli esiti delle rogatorie internazionali, era così delineata una prima organizzazione (capeggiata da NOME COGNOME) che aveva assicurato l’importazione finalizzata al successivo smercio in Italia di ingenti quantitativi di stupefacente del tipo cocaina (capo A); la seconda organizzazione (quella capeggiata da NOME COGNOME COGNOME) era risultata preposta alla produzione ed alla fornitura di stupefacente verso le più disparate destinazioni a livello intercontinentale (capo C); la terza, capeggiata da NOME COGNOME, aveva ad oggetto un’attività di intermediazione e di raccordo tra i distinti gruppi organizzati, assicurando la movimentazione finanziaria delle somme per l’acquisto degli stupefacenti (capo D). Tale organizzazione aveva altresì – un proprio canale di successivo smercio. La quarta organizzazione aveva come referente un narcotrafficante chiamato «Chato» i cui sodali NOME COGNOME e COGNOME NOME erano preposti alla fornitura di ingenti partite di cocaina, in questo caso provenienti dal Perù (capo B, in relazione al quale la sentenza di condanna nei confronti di NOME è divenuta irrevocabile). L’accertato traffico illecito, quindi, era caratterizzato da una certa complessità e vastità, attesa la disvelata interazione di più sodalizi criminosi attraverso contatti e meccanismi collaudati e fluidi, tanto che alcuni sodali avevano collaborato anche in seno all’altra organizzazione, come dimostrato dall’analisi dei reati-fine.
5. Con specifico riferimento al ricorrente, la polizia britannica aveva comunicato che, nell’ambito di una vasta indagine per riciclaggio internazionale, a capo di un’organizzazione criminale inglese vi era tale NOME COGNOME, che a seguito di diversi servizi di osservazione avrebbe svariate volte cambiato identità, utilizzando documenti contraffatti, recanti la propria foto e i dati anagrafici di NOME COGNOME e NOME COGNOME; proprio due dei nominativi di coloro che, tra gli altri, risultavano aver accompagnato la COGNOME a Reggio Calabria nelle occasioni del 6 e 13 maggio 2013 in cui la donna aveva incontrato il COGNOME: si trattava quindi di NOME COGNOME, che nelle due occasioni in cui era giunto a Reggio Calabria ad accompagnare la COGNOME aveva utilizzato documenti falsi (pag.33 sentenza rescindente).
5.1. La Corte di RAGIONE_SOCIALEzione aveva ritenuto inammissibili i motivi di ricorso inerenti alla responsabilità del COGNOME in relazione al reato associativo, giudicando pienamente congrua la motivazione offerta dai giudici di merito. La Corte territoriale aveva osservato come la COGNOME, in uno con il compagno britannico NOME COGNOME, avesse svolto le funzioni di money transfert rivelandosi capace di veicolare ingenti somme di denaro in Sudamerica per il
pagamento dei fornitori delle sostanze stupefacenti, all’uopo avvalendosi di una collaudata rete di staffette che costituivano l’essenza della sua qualificata presenza sul mercato. Il ricorrente era il compagno di NOME COGNOME, colui che la seguiva nelle sue trasferte a Reggio Calabria, nel maggio 2013, in occasione degli incontri con i calabresi; era altresì presente in un incontro in Brasile monitorato nell’indagine «Monte Pollino», tenutosi al Marriot Hotel il 5 giugno 2013 con NOME COGNOME, NOME e COGNOME. All’obiezione difensiva secondo la quale la presenza dell’imputato si giustificasse esclusivamente in ragione del rapporto affettivo con NOME COGNOME, avuto anche riguardo al fatto che il ricorrente non risultava avesse partecipato agli incontri, né prestato alcun contributo causale all’attività associativa, non avendo avuto autonomi contatti con gli altri personaggi coinvolti nella presente vicenda processuale, la Corte d’appello aveva replicato affermando come fosse del tutto singolare, nonché fortemente sospetta, la circostanza che, nel corso delle trasferte compiute dall’imputato per raggiungere la COGNOME, egli avesse usato documenti falsi, peraltro corrispondenti a due diverse identità: la spiegazione fornita in merito circa la necessità di sottrarsi alle ricerche del fisco inglese, in conseguenza della separazione dalla moglie – era stata ritenuta dal Giudice di merito del tutto inverosimile e fantasiosa, non essendo ragionevole considerare che, per sottrarsi al pagamento degli alimenti dovuti a una ex moglie, si corresse il rischio di restare implicati) in gravi reati. Era stata invece valorizzata un’ulteriore circostanza, in linea con il genere di delitti di cui alla presente vicenda processuale, ossia il fatto che il ricorrente risultasse segnalato dalla polizia inglese quale membro di spicco di un’organizzazione dedita al narcotraffico e al riciclaggio. In quest’ottica, pertanto, egli aveva ottimi motivi per reputare di dover celare la sua reale identità in occasione delle trasferte a Reggio Calabria connesse ai traffici di cocaina. Quanto al ruolo svolto nell’associazione criminale, il ricorrente aveva, secondo la Corte territoriale, mansioni esecutive, rafforzava i propositi criminosi della COGNOME nei vari incontri internazionali tenuti con i narcotrafficanti, soprattutto in considerazione della sua spiccata personalità criminale, corroborata dal fatto di essere ricorso all’uso di due diversi documenti con nominativi falsi. L’uso di tali documenti aveva costituito, nella logica della ratio decidendi della sentenza impugnata, un elemento fortemente significativo per ritenere che egli fosse implicato in attività illecite, con la conseguenza che tale dato era stato ritenuto di spessore tale da smentire l’intera linea difensiva, secondo cui l’imputato era estraneo al narcotraffico e la sua presenza era giustificata per il solo fatto di seguire la compagna, senza che egli si rendesse conto di nulla essendo di nazionalità inglese e non conoscendo altre lingue (circostanza, quest’ultima, ritenuta irrilevante dai Giudici territoriali sul riliev Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
che, essendo la COGNOME poliglotta, fosse in condizione di tradurre il contenuto delle conversazioni in modo da renderne partecipe il ricorrente). Invece, secondo i Giudici di merito, COGNOME faceva parte, a pieno titolo, dell’entourage di NOME COGNOME, con il compito specifico di affiancarla negli incontri riservati con i vari interlocutori, come i calabresi COGNOME e COGNOME.
5.2. Con il sesto motivo di ricorso, NOME COGNOME aveva censurato il diniego delle circostanze attenuanti generiche. Tale censura era stata specificamente esaminata dai giudici di legittimità, che avevano rigettato il motivo ritenendo esente da censure la motivazione della Corte di appello, che aveva negato tali attenuanti «sul rilievo che i reati commessi fossero espressione di una scelta di vita, di un rapporto di affari collaudato, destinato a produrre devastanti effetti. Da ciò….è stato tratto argomento per ritenere che le predette circostanze non consentissero di operare una valutazione in melius della dosimetria della pena, avuto anche riguardo alla gravità dei fatti ed alla totale assenza di qualsivoglia rimeditazione e/o resipiscenza da parte dei ricorrenti. Si tratta di una motivazione che, quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, deve ritenersi congrua ….per COGNOME per aver commesso i fatti celando la propria identità mediante plurime falsificazioni dell’identità personale. … la Corte d’appello, oltre ad evidenziare l’assenza di elementi di segno positivo sui quali far leva per la concessione della rivendicata attenuante, ha ritenuto la presenza di elementi ostativi alla concessione del beneficio. Tutte le predette valutazioni devono ritenersi corrette atteso che l’applicazione di attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle circostanze in parola (Sez. 1, n. 3529 del 22/09/1993, Stelitano, Rv. 195339). E’ stato infatti affermato, a tal proposito, che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’articolo 62-bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610). In ogni caso, la Corte territoriale ha sottolineato la gravità dei fatti dei quali è intervenuta la dichiarazione di responsabilità, ritenendo tale elemento decisivo ai fini del diniego della concessione delle attenuanti generiche. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità è compatta nel ritenere che, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (ex multis, Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899)»
5.3. I giudici di legittimità hanno precisato, nel rigettare il motivo di ricorso inerente al diniego delle circostanze attenuanti generiche, l’«assorbimento di ogni ulteriore doglianza in tema determinazione del trattamento sanzionatorio, potendo lo stesso essere eventualmente rideterminato nel caso di esclusione dell’aggravante della transnazionalità».
Il giudice del rinvio ha, dunque, escluso la predetta circostanza aggravante e ridotto proporzionalmente il trattamento sanzionatorio.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione l deducendo, con unico motivo, violazione dell’art. 606, comma 1 lette) / ed , cod. proc. pen. in relazione all’art.597, comma 5, cod. proc. pen. In particolare, lamenta che il giudice del rinvio non abbia valutato d’ufficio la possibilità di concedere le circostanze attenuanti generiche alla luce del ridimensionamento della gravità dei fatti conseguente all’esclusione della circostanza aggravante della trasnazionalità.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
E’ sufficiente rilevare che il sistema delle impugnazioni comporta il progressivo formarsi di preclusioni (Sez. U, n. 1 del 19/01/2000, Tuzzolino, Rv. 216239 – 01) sui punti che hanno formato oggetto di decisione e che non possono essere oggetto di ulteriore impugnazione, come avviene nel giudizio di rinvio, a norma dell’art.628, comma 2, cod. proc. pen., sui punti già decisi dalla Corte di RAGIONE_SOCIALEzione.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 7 febbraio 2024 IConsigliere estensore
Il Presidente