Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 485 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 485 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AVELLINO il 09/07/1946 avverso l’ordinanza del 22/06/2023 del TRIBUNALE di AVELLINO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 22 giugno 2023 il Tribunale per il riesame delle misure cautelari reali di Avellino, decidendo dopo l’annullamento con rinvio della Cassazione, disponeva il sequestro preventivo “diretto” della somma di 829.443 eurcí e di quello “per equivalente” a tale somma di titoli di credito, azionari ed obbligazionari, di prodotti finanziari, quote societ beni immobili, mobili (registrati e non) e valori in genere intestati, o nella disponibili NOME COGNOME indagato per il reato previsto dall’ari:. 314 cod.pen..
Si contestava allo stesso di essersi appropriato della somma sequestrata nel corso della sua attività di commissario liquidatore della procedura di concordato preventivo attivata presso la sezione fallimentare del tribunale di Avellino.
La Corte di legittimità nel rescindere il provvedimento, aveva affermato che il commissario liquidatore della procedura di concordato preventivo riveste la qualifica di pubblico ufficiale, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici del provvedimento reiettivo annullato.
Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 627 cod. proc. pen.): la motivazione a sostegno del sequestro sarebbe apparente e, dunque, inesistente, in quanto sì sarebbe acriticamente adeguata al dictum della cassazione in ordine all’inquadramento come pubblico ufficiale del commissario liquidatore del concordato preventivo senza un concreto e specifico scrutinio dei presupposti del sequestro.
2.2. Si tratta di doglianza manifestamente infondata in quanto il Tribunale si è doverosamente allineato al principio di diritto formulato dalla Cassazione con la sentenza di annullamento.
Sul punto il collegio riafferma che a seguito dì annullamento da parte della Corte di cassazione per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, il giudice del rinvio deve ritenersi vincolato unicamente ai “principi e alle questioni di diritto” decise con sentenza di annullamento, con esclusione di ogni altra restrizione derivabile da eventuali “passaggi di natura argomentativa” contenuti nella motivazione della sentenza di legittimità, in special modo se riferibile a questioni di mero fatto attinenti il giudi merito (tra le altre: Sez. 2, n. 33560 del 09/06/202.3, Bruno, Rv. 285142 – 01; Sez. 5, n. 24133 del 31/05/2022, Ministero della Giustizia, Rv. 283440).
Nel caso in esame la qualifica come pubblico ufficiale del commissario liquidatore della procedura di concordato preventivo è sicuramente una “questione di diritto” in quanto concerne il presupposto del reato per cui si procecile ed implica valutazioni giuridiche in ordine all’inquadramento come pubblico ufficiale del ricorrente. Dunque il Tribunale non poteva che adeguarsi al dictum della Cassazione.
2.2. violazione di legge (art. 157 cod. proc. pen.): non avrebbero potuto essere sequestrati beni in relazione a condotte prescritte, mentre al più avrebbero dovuto essere sequestrate somme corrispondenti a prelievi avvenuti nel 2014.
Si tratta di doglianza non consentita in quanto proposta per la prima volta in sede di legittimità.
Sul punto il collegio ribadisce che in tema di impugnazione delle misure cautelari reali, il c.d.”effetto devolutivo” del riesame deve essere inteso nel senso che il tribunale è tenuto a valutare, indipendentemente dalla prospettazione del ricorrente, ogni aspetto relativo ai presupposti della misura cautelare, ma non anche a procedere all’analisi di aspetti ulteriori, quali, ad esempio, elementi fattuali dai quali possa desumersi la prescrizione del reato, qualora non espressamente dedotti (Sez. 3, n. 35083 del 14/04/2016, Talano, Rv. 267508 – 01).
3.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna P ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno GLYPH 23 novembre 2023
L’estensore GLYPH
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