Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26427 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26427 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 19/10/1971
avverso la sentenza del 16/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME hil~ e ha concluso chiedendo i epl” GLYPH 9:’ °ti , n C, ex-;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
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Procedimento a trattazione scritta
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 22 maggio 2022 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma dichiarava NOME COGNOME colpevole dei reati di atti persecutori (capo A dell’imputazione), di tentato omicidio (capo B) e di lesioni personali volontarie (capo C), tutti commessi in danno di NOME COGNOME e, ritenuta la continuazione e applicata la diminuente per il rito, lo condannava alla pena di anni dieci di reclusione e alle pene accessorie.
La Corte di appello di Roma, con sentenza del 9 giugno 2023, assolveva COGNOME dal reato di atti persecutori per insussistenza del fatto, riqualificava il reato sub B) e quello sub C) ai sensi degli artt. 582, 585 cod. pen., in relazione all’art. 577, n. 1, stesso codice, e, ritenuti gli stessi avvinti nel vincolo della continuazione, rideterminava la pena in anni due, mesi sette e giorni dieci di reclusione, con revoca delle pene accessorie.
La Quinta Sezione di questa Corte, con pronuncia in data 22 febbraio 2024, annullava la sentenza di cui sopra limitatamente al reato di lesioni personali di cui al capo B), rinviando ad altra sezione della suddetta Corte di appello per procedere a una rinnovata valutazione in punto di affermazione di responsabilità dell’imputato. Osservavano i giudici di legittimità che la Corte di appello si era limitata a valutare l’oggettività delle lesioni e l’esistenza del diverbio, senza affrontare il tema della condotta meramente difensiva che l’imputato aveva asserito di avere attuato di fronte all’aggressione posta in essere dalla COGNOME.
La Corte di appello di Roma, in sede di rinvio, ferma la qualificazione giuridica operata dalla sentenza annullata relativamente al reato di cui al capo B), ha confermato la colpevolezza dell’imputato in ordine a tale capo di imputazione e ha rideterminato la pena complessiva in anni due e mesi due di reclusione.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, NOME COGNOME
2.1. Con il primo motivo di impugnazione deduce vizio di motivazione, per non avere la Corte di appello di Roma, in sede di rinvio, rispettato il principio di diritto stabilito dalla sentenza rescindente, che imponeva la rivalutazione del fatto addebitato al capo B).
La motivazione secondo la difesa è carente e illogica, fornendo una ricostruzione della vicenda sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa, NOME COGNOME nonostante la stessa fosse stata ritenuta inattendibile, e dell’obiettività delle lesioni senza però prendere in esame la prospettazione difensiva della legittima difesa ad un’aggressione della donna e, quindi, approfondire quanto dichiarato al riguardo dall’imputato, che, invece, viene travisato.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso vengono dedotte mancanza di motivazione in riferimento alla recidiva e motivazione illogica laddove la Corte di appello ha ritenuto che la questione di detta aggravante non formasse oggetto di esame in sede di rinvio, seppure si trattasse di motivo ritenuto assorbito dalla pronuncia rescindente e come tale andasse esaminato.
Il difensore, alla luce di detti motivi, insiste per l’annullamento della sentenza impugnata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME conclude, con requisitoria scritta, per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato con riguardo al secondo motivo di impugnazione.
1.1. Infondato è il primo motivo.
Invero, la sentenza rescissoria, rispondendo alle indicazioni della sentenza rescindente, ha individuato gli elementi probatori a sostegno della penale responsabilità del ricorrente per le lesioni riscontrate sul collo della vittima, senza margini di incertezza e senza contraddizioni.
Ha evidenziato l’incontestabilità dei dati di fatto oggettivi, avendo la COGNOME riportato delle lesioni al collo, consistenti in evidenti ecchimosi, all’esito di un’indubbia lite con l’imputato, per come concordemente dichiarato da entrambi i protagonisti.
Ha rilevato, con riguardo alla necessità di stabilire la credibilità di COGNOME circa il fatto di essersi limitato a difendersi da un’aggressione subita ad opera della donna, che: – l’imputato ha ripetutamente dichiarato che egli si sarebbe limitato a “scansare” la COGNOME; – giammai l’azione dello scansare qualcuno avrebbe potuto cagionare la tipologia di
lesioni riscontrata sul collo della persona offesa, tale da presupporre una forte compressione di quella zona del corpo; – pertanto, deve ritenersi che COGNOME abbia agito con l’intenzione di provocare delle lesioni.
Ha, inoltre, rilevato che è rimasta del tutto indimostrata la circostanza che l’aggressione venne posta in essere dalla COGNOME, riferita dal solo imputato, che, come è noto, ha facoltà di difendersi mentendo; e che, anche ove volesse ipotizzarsi, che la COGNOME fosse in stato di agitazione e avesse accolto in casa COGNOME scagliandogli contro degli oggetti, l’imputato avrebbe potuto tranquillamente allontanarsi uscendo dall’abitazione (non essendo vero che la porta fosse chiusa e non si potesse uscire, avendo i carabinieri trovato il prevenuto per strada, a dimostrazione che non avesse avuto problemi ad uscire dalla casa della compagna) e, comunque, la reazione posta in essere sarebbe stata sproporzionata rispetto all’azione della COGNOME.
A fronte di tali argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici, le censure difensive si rivelano infondate.
1.2. Fondato è, invece, il secondo motivo di impugnazione.
Nel caso in cui la Corte di cassazione accolga alcuni motivi di ricorso, dichiarando assorbiti gli altri, il giudice del rinvio è tenuto a riesaminare ed a decidere senza alcun vincolo le questioni oggetto dei motivi assorbiti, purché queste siano state ritualmente devolute alla cognizione del giudice di secondo grado attraverso i motivi di appello; ne consegue che, in caso di accoglimento di un motivo non avente natura personale e, pertanto, esteso ai coimputati ex art. 587 cod. proc. pen., si estendono a questi ultimi anche i motivi assorbiti aventi natura oggettiva, una volta risolta, con efficacia generale, la questione logicamente presupposta che ne aveva determinato l’assorbimento (Sez. 5, n. 5509 del 08/01/2019, Castello, Rv. 275344).
Inoltre, in tema di giudizio di rinvio, la cognizione del giudice riguarda il nuovo esame non solo del profilo censurato, ma anche delle questioni discendenti dalla sua rivalutazione secondo un rapporto di interferenza progressiva e dichiarate assorbite nella pronuncia di annullamento (Sez. 6, n. 49750 del 04/07/2019, COGNOME, Rv. 277438 01: in motivazione, la Corte ha precisato che l’accoglimento di motivi di ricorso, cui segua l’assorbimento di altre questioni controverse, implica la sospensione della loro valutazione da parte del giudice di legittimità, conseguente al rapporto di pregiudizialità logica del tema assorbente sul quale deve rinnovarsi l’esame, la cui definizione impone la progressiva
verifica delle questioni dipendenti che da quella premessa traggono il proprio caposaldo argomentativo).
Nel caso in esame la Corte di cassazione nella pronuncia rescindente, preso atto delle doglianze di cui al secondo motivo di ricorso (relativa alla
violazione di legge e al vizio di motivazione in relazione alla contestata recidiva, introdotta dal giudice d’appello come elemento di valutazione
nel calcolo della pena, con trattamento deteriore rispetto a quanto statuito dal primo giudice, che non avrebbe disposto alcun aumento di
pena in relazione alla pur contestata recidiva; nonché al vizio di motivazione in relazione alla progressione criminosa ravvisata dalla Corte
di appello, considerati i precedenti penali dell’imputato rispetto al reato per cui è processo), le riteneva assorbite dall’annullamento con rinvio
inerente alla responsabilità per il reato sub B).
Ha errato, pertanto, la sentenza impugnata nel non pronunciarsi sulla questione della recidiva, posta dalla difesa con le conclusioni
formulate in udienza, sul rilievo che non costituisse oggetto dell’annullamento, trattandosi comunque di motivo assorbito su cui la sentenza di rinvio doveva pronunciarsi (devoluto con l’appello, in cui si era censurata la mancanza assoluta di motivazione da parte del primo Giudice a sostegno della ritenuta recidiva).
Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla recidiva con rinvio per nuovo giudizio su tale punto ad altra sezione della Corte di appello di Roma, mentre il ricorso va rigettato nel resto.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla recidiva con rinvio per nuovo giudizio su tale punto ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 28 marzo 2025.