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Giudizio di ottemperanza e diritti dei detenuti

Un detenuto, autorizzato ad acquistare 18 testate giornalistiche ma a cui ne veniva concessa solo una, ha richiesto l’esecuzione del provvedimento. Il Magistrato di sorveglianza ha respinto l’istanza senza udienza. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che il giudizio di ottemperanza, volto a garantire i diritti dei detenuti, deve sempre svolgersi in contraddittorio tra le parti, non potendo essere deciso de plano.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Giudizio di Ottemperanza: la Cassazione Ribadisce la Necessità del Contraddittorio per i Diritti dei Detenuti

Il riconoscimento di un diritto in un’aula di tribunale è solo il primo passo. La vera tutela si concretizza quando quella decisione viene rispettata e attuata. Questo principio è ancora più cruciale quando si parla dei diritti delle persone detenute. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha rafforzato questo concetto, chiarendo le regole procedurali del giudizio di ottemperanza, lo strumento che garantisce l’effettiva esecuzione dei provvedimenti della magistratura di sorveglianza.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla richiesta di un detenuto di poter acquistare una serie di quotidiani e riviste. Il Magistrato di sorveglianza accoglieva la sua istanza, autorizzandolo all’acquisto di ben 18 diverse testate. Tuttavia, l’amministrazione penitenziaria attuava solo parzialmente tale provvedimento, consentendo di fatto l’acquisto di un unico quotidiano.

Di fronte a questa palese inosservanza, il detenuto si rivolgeva nuovamente al Magistrato, attivando un procedimento per ottenere la piena esecuzione dell’ordine precedente. Sorprendentemente, il Magistrato dichiarava ‘non luogo a deliberare’, ritenendo sufficiente l’autorizzazione parziale già concessa dalla direzione del carcere. La decisione più critica, però, è stata la modalità con cui è stata presa: de plano, ovvero senza indire un’udienza e senza ascoltare le parti.

Il ruolo del giudizio di ottemperanza

Il difensore del detenuto ha impugnato questa decisione davanti alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione delle norme procedurali. Il punto centrale del ricorso era semplice ma fondamentale: un giudizio di ottemperanza può essere deciso senza un’udienza in contraddittorio?

La difesa sosteneva che la procedura corretta, delineata dall’articolo 35-bis dell’ordinamento penitenziario, impone al giudice di fissare un’udienza per consentire a tutte le parti – in questo caso il detenuto e l’amministrazione penitenziaria – di esporre le proprie ragioni. Ignorare questo passaggio significava negare al detenuto il diritto di dimostrare come la decisione iniziale fosse stata, nei fatti, elusa.

La Procedura Corretta secondo la Legge

L’articolo 35-bis dell’ordinamento penitenziario è stato introdotto proprio per colmare un deficit di tutela nei confronti degli atti dell’amministrazione penitenziaria lesivi dei diritti dei detenuti. Esso istituisce un vero e proprio procedimento giurisdizionale che si svolge davanti alla magistratura di sorveglianza. Quando un provvedimento favorevole al detenuto diventa definitivo ma non viene eseguito, i commi 5 e seguenti dello stesso articolo prevedono un’ulteriore fase, una ‘prosecuzione funzionale’ del giudizio, finalizzata proprio a garantirne l’ottemperanza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente le argomentazioni della difesa, definendo il ricorso ‘fondato’. I giudici hanno chiarito che l’istanza presentata dal detenuto doveva essere inquadrata proprio come una richiesta di giudizio di ottemperanza ai sensi dell’art. 35-bis, comma 5, ord. pen.

La Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato: il giudice competente, di fronte a una richiesta di ottemperanza, è tenuto a procedere in contraddittorio tra le parti, fissando un’apposita udienza. La decisione de plano è stata quindi considerata ‘irrimediabilmente viziata’.

Senza l’udienza, al detenuto è stata negata la possibilità di rappresentare la discrepanza tra quanto ordinato dal giudice (acquisto di 18 testate) e quanto effettivamente concesso dall’amministrazione (acquisto di una sola testata). Il contraddittorio è essenziale per permettere al giudice di valutare se vi sia stata un’inerzia, un’elusione o un aperto contrasto con la sua precedente decisione. Solo all’esito di tale verifica, il magistrato può adottare le misure necessarie, come dettare tempi e modalità di adempimento o, nei casi più gravi, nominare un commissario ad acta.

Le Conclusioni

La sentenza in esame riafferma un principio di garanzia fondamentale: la tutela giurisdizionale non può essere solo formale, ma deve essere effettiva. Il giudizio di ottemperanza è lo strumento che trasforma una decisione su carta in un diritto concreto. Per essere efficace, questo strumento deve rispettare il principio del contraddittorio. Una decisione presa senza ascoltare le ragioni di chi lamenta la violazione di un proprio diritto non è una decisione giusta. La Corte, annullando il provvedimento e rinviando gli atti al Magistrato di sorveglianza, ha imposto la celebrazione di un nuovo giudizio nel rispetto delle regole processuali, garantendo così che la voce del detenuto possa essere ascoltata prima di qualsiasi verdetto.

Un Magistrato di sorveglianza può decidere su una richiesta di ottemperanza senza fissare un’udienza?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il procedimento di ottemperanza previsto dall’art. 35-bis dell’ordinamento penitenziario richiede obbligatoriamente la fissazione di un’udienza in contraddittorio tra le parti, non potendo essere deciso de plano.

Che cos’è il giudizio di ottemperanza nel contesto penitenziario?
È un procedimento giurisdizionale specifico, previsto dall’art. 35-bis ord. pen., che serve a garantire l’effettiva esecuzione di una decisione del Magistrato di sorveglianza quando l’amministrazione penitenziaria non vi adempie o lo fa in modo elusivo.

Qual era il diritto leso nel caso specifico?
Il diritto del detenuto ad acquistare quotidiani e riviste, precedentemente riconosciuto da un’ordinanza del Magistrato di sorveglianza, che l’amministrazione penitenziaria aveva attuato solo in minima parte, consentendo l’acquisto di una sola testata a fronte delle 18 autorizzate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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