Giudizio di Comparazione delle Circostanze: I Limiti del Sindacato della Cassazione
Il giudizio di comparazione tra circostanze attenuanti e aggravanti è un momento cruciale nel processo penale, poiché incide direttamente sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i confini del proprio sindacato su questa delicata valutazione, confermando l’ampia discrezionalità del giudice di merito.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’unico motivo di doglianza sollevato dalla difesa riguardava la valutazione delle circostanze del reato. Nello specifico, si contestava la decisione del giudice di merito di considerare equivalenti le circostanze attenuanti e quelle aggravanti, anziché far prevalere le prime, con conseguente applicazione di una pena ritenuta eccessiva.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. I giudici hanno stabilito che la contestazione mossa dalla ricorrente non poteva trovare accoglimento in sede di legittimità. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Il giudizio di comparazione e le motivazioni della Corte
La Corte ha fondato la propria decisione su un principio consolidato nella giurisprudenza penale. Il giudizio di comparazione tra le circostanze, previsto dall’articolo 69 del codice penale, è un’attività che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo significa che spetta al giudice che valuta i fatti (Tribunale o Corte d’Appello) soppesare gli elementi a favore e a sfavore dell’imputato per giungere a un giudizio di prevalenza, equivalenza o soccombenza delle attenuanti.
Limiti del Controllo di Legittimità
La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti, ma un giudice di legittimità. Il suo compito è assicurare la corretta applicazione della legge, non sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti. Pertanto, il sindacato della Suprema Corte sul giudizio di comparazione è limitato a verificare che la decisione non sia:
* Frutto di mero arbitrio o irragionevolezza.
* Basata su un ragionamento palesemente illogico.
* Priva di una motivazione sufficiente.
Richiamando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 10713/2010), la Corte ha specificato che la motivazione si considera sufficiente anche quando il giudice si limita a ritenere la soluzione dell’equivalenza come la più idonea a garantire l’adeguatezza della pena inflitta nel caso concreto. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione ragionata e argomentata, rendendo la sua decisione “incensurabile” in sede di legittimità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma che le possibilità di impugnare con successo una sentenza in Cassazione, lamentando unicamente un errato bilanciamento delle circostanze, sono estremamente ridotte. Per ottenere un annullamento, non è sufficiente sostenere che le attenuanti avrebbero dovuto prevalere; è necessario dimostrare un vizio logico manifesto o una totale assenza di motivazione nella decisione del giudice di merito. La decisione rafforza quindi l’autonomia valutativa dei giudici di primo e secondo grado nella commisurazione della pena, invitando le difese a concentrare i ricorsi per cassazione su vizi di legittimità più solidi e concreti.
È possibile ricorrere in Cassazione se non si è d’accordo su come il giudice ha bilanciato le circostanze attenuanti e aggravanti?
No, di norma non è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudizio di comparazione tra le circostanze è un’attività discrezionale del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, a meno che la decisione non sia palesemente arbitraria, illogica o priva di motivazione.
Cosa succede se un ricorso su questo punto viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. In questo specifico caso, la somma è stata fissata in tremila euro.
Quale tipo di motivazione è considerata sufficiente per giustificare il bilanciamento delle circostanze?
Secondo la giurisprudenza citata dalla Corte, è considerata sufficiente anche una motivazione che si limiti a ritenere che la soluzione adottata (ad esempio, l’equivalenza tra le circostanze) sia la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena inflitta nel caso specifico.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30193 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30193 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/10/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME, ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta il giudizio di comparazione fra opposte circostanze, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
che le conclusioni ragionate e argomentate del giudice del merito (si veda pag. 4 della sentenza impugnata) sono, pertanto, incensurabili;
rilevato, per queste ragioni, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2024
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