Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 36078 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 36078 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Terracina il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/11/2024 della Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso; udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che si è riportato ai motivi di ricorso insistendo per l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME è stato condannato dal Tribunale di Latina, con sentenza del 16 febbraio 2023, per il delitto di rapina pluriaggravata, con recidiva reiterata, specifica e nel quinquennio, oltre che per la contravvenzione di cui all’art. 4, legge n. 110 del 1975.
La Corte di appello di Roma ha confermato la condanna con sentenza del 14 dicembre 2023.
La decisione d’appello, in accoglimento di ricorso dell’imputato, è stata annullata con rinvio dalla Corte di cassazione, con sentenza n. 35040 del 19 giugno 2024, limitatamente all’omesso giudizio di prevalenza della riconosciuta attenuante di cui all’art. 62, n. 4), cod. pen., rispetto alla recidiva.
Decidendo in sede di rinvio, la Corte di appello di Roma, con la sentenza in epigrafe indicata, ha confermato la decisione di primo grado sul punto devolutole.
L’imputato, per il tramite del proprio difensore, impugna tal ultima decisione, reputandola affetta da violazione di legge e vizi di motivazione, in quanto: a) non si sarebbe uniformata alla decisione rescindente, avendo operato il giudizio di comparazione dell’attenuante rispetto a tutte le circostanze aggravanti ritenute (uso di armi, persona offesa ultrasessantacinquenne) e non riguardo alla sola recidiva, secondo quanto disposto dal giudice di legittimità; b) ha escluso il carattere irrisorio del danno cagionato alla vittima, invece ritenuto tale dal primo giudice, con statuizione non impugnata; c) ha dato rilievo ad aspetti di fatto, ovvero l’introduzione in luogo di privata dimora ed il coinvolgimento di un soggetto rimasto ignoto, il primo dei quali, però, non riguardante l’imputato ed il secondo non comprovato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, per la manifesta infondatezza delle doglianze.
La Corte di cassazione non ha imposto al giudice di rinvio di limitare la comparazione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4), cod. pen., alla recidiva, ma ha annullato la precedente sentenza d’appello nella parte in cui aveva ritenuto che detta attenuante non potesse essere ritenuta prevalente su quell’aggravante, secondo quella che era la previsione dell’art. 69, quarto comma, cod. pen., tuttavia dichiarata costituzionalmente illegittima solo pochi mesi prima, con sentenza della Corte costituzionale n. 141, depositata 1’11 luglio 2023.
Correttamente, dunque, venuta meno l’anzidetta limitazione legale al giudizio di comparazione tra circostanze del reato, il giudice di rinvio ha operato la relativa valutazione secondo la disciplina ordinaria, vale a dire considerando complessivamente tutte quelle ravvisate nel caso sottoposto alla sua cognizione.
La Corte d’appello, inoltre, non ha escluso fa circostanza attenuante, ma si è limitata ad osservare, com’era in sua facoltà, nell’àmbito del complessivo giudizio comparativo demandatole, che l’ammontare del danno, pur contenuto in una
misura ritenuta idonea a configurare detta circostanza, non si presentava propriamente irrisorio.
Le censure relative agli altri aspetti del fatto, poi, postulano una rivalutazione del materiale probatorio, che esulava dall’àmbito del giudizio di rinvio e che, comunque, è preclusa al giudice di legittimità.
Giova rammentare, infine, che, in tema di valutazione comparativa delle circostanze del reato, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è censurabile in Cassazione soltanto nell’ipotesi in cui sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (così, tra altre, Sez. 2, n. 46343 del 26/10/2016, Montesano Rv. 268473), tale non potendo ritenersi quello seguìto dalla Corte d’appello.
L’inammissibilità del ricorso comporta obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti addotti, va fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2025.