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Giudizio abbreviato: prove utilizzabili dopo la richiesta

La Corte di Cassazione conferma la condanna per detenzione di stupefacenti, chiarendo un punto cruciale sul giudizio abbreviato. Una consulenza tossicologica, depositata dopo la richiesta di rito abbreviato, è pienamente utilizzabile se acquisita legittimamente durante le indagini e nota all’imputato. La Corte rigetta il ricorso, ritenendo infondate le censure sulla valutazione della prova, la determinazione della pena e il diniego delle attenuanti generiche, basati proprio su tale consulenza.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Giudizio abbreviato: la perizia depositata tardi è valida?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12348 del 2024, affronta una questione processuale di grande rilevanza: l’utilizzabilità delle prove nel giudizio abbreviato, specialmente quando queste vengono depositate dopo la richiesta di accesso al rito. La decisione chiarisce che la tempestività del deposito non è l’unico criterio per determinare l’ammissibilità di un atto, consolidando un principio fondamentale per la difesa e l’accusa.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per detenzione illecita di sostanze stupefacenti, nello specifico cocaina, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La condanna, emessa a seguito di giudizio abbreviato, si basava su una serie di prove, tra cui una consulenza chimico-tossicologica che accertava la quantità, la purezza e il numero di dosi ricavabili dalla sostanza sequestrata.

I Motivi del Ricorso e la questione sul giudizio abbreviato

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione lamentando tre principali violazioni:

1. Inutilizzabilità della consulenza tossicologica: Secondo il ricorrente, la consulenza, essendo stata depositata dopo l’ordinanza di ammissione al rito abbreviato, non avrebbe dovuto essere utilizzata per la decisione, rendendo la motivazione sulla responsabilità penale del tutto carente.
2. Vizio di motivazione sulla pena: La pena base era stata fissata al di sopra del minimo edittale facendo riferimento proprio ai risultati della consulenza (quantità e purezza della sostanza), considerata inutilizzabile.
3. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Anche il diniego delle attenuanti generiche era stato motivato con elementi (quantità della droga e precedenti penali) che, secondo la difesa, erano stati valutati in modo illogico e basandosi su prove inammissibili.

Il fulcro della contestazione risiedeva dunque nella presunta inutilizzabilità di un atto di indagine fondamentale, depositato in un momento successivo alla scelta processuale dell’imputato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato tutti e tre i motivi del ricorso, ritenendoli infondati.

Sul primo punto, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: nel giudizio abbreviato sono utilizzabili tutti gli atti legittimamente acquisiti durante le indagini preliminari e noti all’imputato, anche se materialmente allegati al fascicolo del pubblico ministero in un momento successivo alla richiesta del rito. L’elemento cruciale non è la data del deposito, ma il fatto che l’atto sia stato formato legittimamente durante la fase investigativa. La consulenza tossicologica, richiesta dal PM durante le indagini, rientrava pienamente in questa categoria e, pertanto, era pienamente utilizzabile ai fini della decisione. La Corte ha inoltre sottolineato che, per affermare la responsabilità, il giudice non è nemmeno obbligato a disporre una perizia, potendo basarsi anche su altre fonti di prova come narcotest e dichiarazioni, purché la motivazione sia adeguata.

In relazione al secondo motivo, la Corte ha ritenuto che la determinazione della pena fosse stata congruamente motivata. I giudici di merito avevano correttamente considerato il significativo dato ponderale, la qualità e il grado di purezza della sostanza, oltre ai precedenti penali dell’imputato. Questi elementi, previsti dall’art. 133 del codice penale, giustificavano una pena superiore al minimo edittale. L’apprezzamento del giudice di merito, se logicamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità.

Infine, anche il diniego delle attenuanti generiche è stato giudicato corretto. La Corte ha ricordato che, per negare tale beneficio, è sufficiente che il giudice si concentri sugli elementi ritenuti decisivi e di connotazione negativa, come in questo caso la quantità e qualità dello stupefacente e i precedenti penali. Non è richiesta un’analisi analitica di ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio in materia di giudizio abbreviato: la scelta del rito si basa sulla conoscenza del materiale probatorio raccolto fino a quel momento, e non sulla data formale di deposito di ogni singolo atto. Un’indagine legittimamente svolta durante la fase preliminare entra a far parte del bagaglio probatorio a disposizione del giudice, indipendentemente da eventuali ritardi nel suo inserimento materiale nel fascicolo. Questa decisione riafferma la centralità della legittimità dell’acquisizione della prova rispetto ai meri formalismi procedurali e conferma l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel determinare la pena, purché la sua decisione sia supportata da una motivazione logica e coerente con i criteri di legge.

Una consulenza tecnica depositata dopo la richiesta di giudizio abbreviato è utilizzabile?
Sì, la Corte di Cassazione stabilisce che gli atti legittimamente acquisiti nel corso delle indagini preliminari e noti all’imputato sono utilizzabili nel giudizio abbreviato, anche se vengono depositati materialmente nel fascicolo dopo la richiesta di ammissione al rito.

Il giudice è sempre obbligato a ordinare una perizia per accertare la natura di una sostanza stupefacente?
No, il giudice non ha questo obbligo. Può basare la sua decisione anche su altre fonti di prova, come narcotest, dichiarazioni degli operanti di polizia o consulenze del Pubblico Ministero, a condizione che fornisca una motivazione adeguata sulla tipologia e l’entità della sostanza.

Quali elementi giustificano il diniego delle attenuanti generiche?
Il giudice può negare le attenuanti generiche basandosi su elementi ritenuti decisivi per connotare negativamente la personalità dell’imputato, come la quantità e la qualità della sostanza stupefacente detenuta e i precedenti penali, senza dover analizzare tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli emersi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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