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Giudizio abbreviato: preclude l’incompetenza?

Un imputato, condannato per reati di droga con rito abbreviato, ha contestato in Cassazione la competenza territoriale del giudice, sostenendo di aver sollevato l’eccezione prima della scelta del rito. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la richiesta di giudizio abbreviato comporta una sanatoria di tutte le nullità precedenti, inclusa quella sull’incompetenza territoriale, precludendo ogni successiva contestazione sul punto.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Giudizio Abbreviato: La Scelta che ‘Sana’ Anche l’Incompetenza del Giudice

Scegliere il giudizio abbreviato è una decisione strategica fondamentale per la difesa, che comporta benefici significativi come lo sconto di pena, ma anche importanti rinunce. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 25565/2025) ha ribadito con forza uno degli effetti più importanti di questa scelta: la sanatoria delle nullità procedurali, anche di quelle sollevate prima della richiesta stessa. Il caso analizzato offre uno spunto cruciale per comprendere come la scelta di un rito speciale possa precludere la possibilità di far valere in futuro questioni relative alla competenza del giudice.

Il Caso in Analisi

Un soggetto, condannato in primo e secondo grado per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/1990), aveva optato per il giudizio abbreviato. Successivamente, proponeva ricorso in Cassazione lamentando, tra le altre cose, che i giudici di merito avessero erroneamente respinto la sua eccezione di incompetenza territoriale. La tesi difensiva si basava su un punto specifico: l’eccezione era stata sollevata durante l’udienza preliminare, e quindi prima che venisse formalizzata la richiesta di accesso al rito abbreviato. Secondo la difesa, questo avrebbe dovuto ‘salvare’ l’eccezione dagli effetti preclusivi del rito.

I Motivi del Ricorso: Una Questione di Procedura

Il ricorso si fondava su tre motivi principali, strettamente collegati tra loro.

L’Eccezione di Incompetenza Territoriale

Il primo motivo contestava la violazione di legge da parte della Corte d’Appello, per aver ritenuto inammissibile l’eccezione di incompetenza. La difesa sosteneva che, essendo stata sollevata tempestivamente prima della richiesta di rito, l’eccezione dovesse essere decisa nel merito.

La Presunta Incostituzionalità della Norma

Legato al primo punto, il difensore sollevava una questione di legittimità costituzionale dell’art. 438, comma 6-bis, del codice di procedura penale. La norma, secondo l’interpretazione difensiva, sarebbe incostituzionale nella parte in cui non esclude dalla sanatoria le eccezioni già proposte al momento della richiesta del giudizio abbreviato, violando i principi del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.) e del giusto processo (art. 111 Cost.).

La Contestazione sulla Pena

Infine, il ricorso criticava la quantificazione della pena (dosimetria). La difesa riteneva che la Corte avesse illegittimamente considerato, per valutare la gravità del fatto, elementi riconducibili a un reato diverso (minaccia) per il quale non si era proceduto.

La Decisione della Cassazione: il Giudizio Abbreviato e la Preclusione Assoluta

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo chiarimenti netti e in linea con il suo orientamento consolidato.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha definito ‘manifestamente infondato’ il primo motivo di ricorso. Ha spiegato che il testo dell’art. 438, comma 6-bis, cod. proc. pen. è inequivocabile: ‘La richiesta di giudizio abbreviato proposta nell’udienza preliminare determina la sanatoria delle nullità’. Questa formula, secondo la Corte, non lascia spazio a interpretazioni. L’effetto sanante è automatico e generalizzato, e non fa distinzioni basate sul momento in cui la nullità è stata eccepita. La scelta consapevole dell’imputato di accedere a un rito premiale implica l’accettazione del processo nello stato in cui si trova, con la conseguente rinuncia a far valere i vizi procedurali precedenti.

Di conseguenza, anche la questione di legittimità costituzionale è stata implicitamente rigettata. La preclusione non viola il principio del giudice naturale, poiché è una conseguenza diretta di una libera scelta difensiva volta a ottenere un beneficio.

Riguardo alla dosimetria della pena, la Corte ha specificato che i giudici di merito avevano correttamente esercitato il loro potere discrezionale. Le condotte minacciose non sono state considerate come un reato autonomo da punire, ma come una delle modalità concrete dell’azione che hanno contribuito a definire la gravità del reato principale e l’intensità del dolo dell’imputato, in piena conformità con i criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cardine della procedura penale: la scelta del giudizio abbreviato è un atto che produce effetti radicali e irreversibili sul processo. La rinuncia al dibattimento in cambio di uno sconto di pena comporta anche l’accettazione implicita di eventuali vizi procedurali, inclusa la potenziale incompetenza del giudice. Per la difesa, è quindi fondamentale valutare con estrema attenzione non solo i benefici del rito, ma anche le rinunce che esso comporta, poiché una volta effettuata la richiesta, non è più possibile tornare indietro per contestare questioni che vengono ‘sanate’ dalla scelta stessa.

Se sollevo un’eccezione di incompetenza territoriale prima di chiedere il giudizio abbreviato, posso farla valere in appello?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la richiesta di giudizio abbreviato ‘sana’ tutte le nullità precedenti, inclusa quella relativa all’incompetenza territoriale, rendendo impossibile contestarla successivamente, a prescindere da quando sia stata sollevata.

La norma che preclude di contestare l’incompetenza dopo la richiesta di giudizio abbreviato è costituzionale?
Sì. Sebbene la difesa abbia sollevato la questione, la Corte, dichiarando il motivo manifestamente infondato, ha confermato la legittimità della norma (art. 438, comma 6-bis c.p.p.), la quale non viola i principi del giudice naturale o del giusto processo in questo contesto, essendo la preclusione una conseguenza di una libera scelta difensiva.

Il giudice può considerare condotte minacciose per aumentare la pena per un reato di droga, anche se non vi è stata un’accusa formale per minaccia?
Sì. Il giudice, nel determinare la pena (dosimetria), deve valutare la gravità del fatto in tutti i suoi aspetti, comprese le modalità dell’azione. Le condotte minacciose possono quindi essere considerate per valutare l’intensità del dolo e la gravità complessiva del reato contestato, ai sensi dell’art. 133 del codice penale, senza che ciò costituisca una punizione per un reato diverso e non contestato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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