Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 37490 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 37490 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a VENEZIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/12/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso.
Su accordo delle parti si dà per svolta la relazione.
Rilevato che l’AVV_NOTAIO, difensore del ricorrente, ha formulato tempestiva richiesta di discussione orale, successivamente oggetto di rinuncia, priva di effetti data l’irretrattabilità della richiesta di trattazione orale (Sez. 2, n. 42410 del 17/06/2021, Basile, Rv. 282207 – 01).
Uditi in pubblica udienza il AVV_NOTAIO Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; per la parte civile, l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso, depositando nota spese.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza deliberata il 07/11/2017, il Tribunale di Bologna, all’esito del giudizio abbreviato, dichiarava NOME COGNOME, quale presidente del consiglio di amministrazione di RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 18/06/2013, responsabile dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (in relazione a prelievi di cassa ingiustificati, prelievo di una somma di circa 32 mila euro, pagamento a proprio favore di fatture per circa 29 mila euro, rimborso ingiustificato di spese di viaggio per circa 4 mila euro: capo A), bancarotta da falso in bilancio (capo B) e ricorso abusivo al credito (capo C), condannandolo alle pene di giustizia e al risarcimento dei danni a favore delle parti civili. Investita dall’impugnazione dell’imputato, la Corte di appello di Bologna, con sentenza deliberata il 15/12/2023, ha assolto l’imputato dal reato sub B), perché il fatto non sussiste, ha dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo C), per intervenuta prescrizione, ha ridetermiNOME in melius il trattamento sanzioNOMErio, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Bologna ha proposto NOME COGNOME, attraverso il difensore AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia inosservanza degli artt. 121 e 178 cod. proc. pen., nonché dell’art. 441, comma 5, cod. proc. pen., con riguardo all’omessa valutazione di una memoria e all’esclusione della documentazione depositata in sede di richiesta di giudizio abbreviato e vizi di motivazione, in quanto erroneamente non è stata acquisita la documentazione che sarebbe stata determinante per dimostrare l’assenza di responsabilità dell’imputato in ordine al capo A), in quanto sarebbero emerse le determinazioni societarie connesse alla costruzione del nuovo capannone, la costituzione di una società veicolo per ottenere il contestato finanziamento e i giustificativi connessi ai contestati prelievi, nonché i reali crediti/debiti di cui ai punti 2 e 3 e la ricostruzione dei rapporti di cui al punto 4 dell’imputazione.
2.2. Il secondo motivo denuncia inosservanza dell’art. 441, comma 5, cod. proc. pen. in relazione all’esclusione della documentazione depositata in sede di richiesta di giudizio abbreviato e vizi di motivazione, in quanto erroneamente la sentenza impugnata afferma che detta documentazione fu comunque valutata quale allegazione difensiva, posto che la stessa non fu in alcun modo ammessa.
2.3. Il terzo motivo denuncia inosservanza dell’art. 603-bis cod. proc. pen., con riguardo al diniego della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per l’espletamento di una perizia, attesa l’incompletezza del materiale probatorio derivante dalla mancata acquisizione della documentazione di cui ai precedenti motivi.
2.4. Il quarto motivo denuncia inosservanza dell’art. 603-bis cod, proc. pen., in quanto, in forza del c.d. principio di vicinanza della prova, è ragionevole gravare dell’onere probatorio la parte alla quale è più vicino il fatto da provare, sicché l’imputato non può fornire la prova contenuta in una contabilità che gli stata sottratta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per lo stretto collegamento logico-argomentativo che li lega, non sono fondati.
2.1. Come si evince dalla stessa sentenza impugnata, la memoria prodotta dalla difesa dell’imputato è stata acquisita insieme con una parte dei documenti ad essa allegati, mentre altri documenti non sono stati acquisiti.
Quanto a tale ultima statuizione, dalla sentenza di primo grado risulta che la richiesta di ammissione al rito abbreviato fu avanzata il 26/06/2017, mentre la memoria con allegati gli atti di cui si chiedeva l’acquisizione fu depositata successivamente in data 11/10/2017, laddove, come questa Corte ha avuto modo di puntualizzare, nessuna prova, documentale od orale, può essere acquisita successivamente alla richiesta di giudizio abbreviato, salva la facoltà dell’imputato di sollecitare il giudice all’esercizio dei poteri di cui all’art. 441 comma 5, cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 51950 del 15/11/2016, COGNOME, Rv. 268694 – 01; conf., ex plurimis, Sez. 2, n. 9198 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 269344 01). Ora, quanto alla necessità della documentazione ai fini della decisione, il ricorso sostiene che, con riguardo al primo fatto distrattivo ritenuto dai giudici di merito, la documentazione non acquisita riguardava le determinazioni societarie connesse alla costruzione del nuovo capannone, la costituzione di una società veicolo per ottenere il contestato finanziamento e i giustificativi connessi ai contestati prelievi. La sentenza impugnata, tuttavia, ha escluso la veridicità della giustificazione prospettata dall’imputato, poiché il pagamento di una “mediazione” per la costruzione di un capannone può essere contemporaneo o successivo alla stipula del relativo contratto, laddove nel caso di specie la consegna del denaro al “mediatore” era avvenuta ben prima dell’acquisto,
peraltro mai perfezioNOMEsi, e a prescindere dalla concessione del finanziamento, in realtà mai erogato e senza che il pagamento della “mediazione” venisse restituito (come si apprende dalla sentenza di primo grado). Già con riguardo al principale fatto distrattivo, il ricorso non rende ragione della necessità dell’acquisizione, mentre del tutto generica è l’allegazione in relazione alle ulteriori contestazioni. Dunque, il ricorso non dà conto della necessità dell’acquisizione, il che esclude appunto la fondatezza del primo motivo.
A ciò si aggiunga che la sentenza impugnata ha rilevato come il giudice di primo grado avesse comunque valutato la documentazione difensiva di cui alla citata memoria alla stregua di mera allegazione difensiva (evidentemente alla luce dei vari atti difensivi, non avendo mai l’imputato reso interrogatorio, come si apprende sempre dalla sentenza di primo grado): da tale rilievo, il giudice di appello fa discendere la duplice conclusione circa l’assenza di un vulnus per la difesa dell’imputato e la sussistenza comunque (anche considerando le prospettate giustificazioni) del reato, il che conferma l’infondatezza del motivo.
2.2. Il secondo motivo – fermo restando quanto già rilevato a proposito della dedotta violazione dell’art. 441, comma 5, cod. proc. pen. e di quanto osservato a proposito dell’esame della tesi difensiva – è del tutto inidoneo a disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv. 251516). Peraltro, è appena il caso di ribadire che, in tema di ricorso per cassazione, qualora sia sottoposta al vaglio del giudice di legittimità la correttezza di una decisione in rito, la Corte stessa è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla (Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, COGNOME, Rv. 255515; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 19970 del 15/03/2019, COGNOME, Rv. 275636); infatti, se è censurata l’applicazione di una norma processuale, non ha alcuna rilevanza, in sede di legittimità, il fatto che tale scelta sia stata, o non, correttamente motivata dal giudice di merito, atteso che, quando viene sottoposta al giudizio della Corte suprema la correttezza di una decisione in rito, la Corte stessa è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla (Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, Ranieri, Rv. 221322).
Il terzo e il quarto motivo sono inammissibili. Il terzo motivo è del tutto generico, prescindendo, fin dalla sua esposizione, dal puntuale confronto con i dati probatori valorizzati dalle – sul punto – conformi sentenze di merito. Del pari
generico è il quarto motivo, privo di specifica attitudine critica dell’apparato motivazionale della sentenza impugnata.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condanNOME al pagamento delle spese processuali, nonché alle spese sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civile, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 4.500,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 13/09/2024.