Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 16835 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16835 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a GELA il 26/06/1967
avverso l’ordinanza del 11/12/2024 del TRIBUNALE di GELA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Gela in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile la richiesta di NOME COGNOME di rideterminazione nella pena di anni trenta, di quella perpetua dell’ergastolo irrogato con la sentenza della Corte di assise di appello di Catania del 7 ottobre 2003, di riforma di quella assolutoria della Corte di assise di Caltanissetta del 22 maggio 1998, divenuta definitiva in data 27 gennaio 2005.
Considerato che il motivo unico proposto dalla difesa, avv. NOME COGNOME anche alla luce delle ulteriori argomentazioni di cui alla memoria depositata in data 17 febbraio 2025 (inosservanza degli artt. 442, 125, comma 3, cod. proc. pen., 4-ter legge n. 144 del 2000, legge n. 479 del 1999, inosservanza dei principi di cui alla sentenza della Corte EDU del 17 settembre 2009, della Corte Cost. n. 210 del 2013 e delle Sez. U, n. 18821 del 24/10/2013, Ercolano) è inammissibile in quanto manifestamente infondato, perché prospetta enunciati ermeneutici in contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità.
Rilevato, infatti, che l’art. 442 cod. proc. pen. è stato modificato dall’art. 30 della legge 16 dicembre 1999, n. 479, entrata in vigore il 2 gennaio 2000 (cd. legge ‘Carotti’), con l’inserimento, al comma 2, dopo il primo periodo, della previsione che “alla pena dell’ergastolo è sostituita quella della reclusione di anni trenta”, che comportava la reintroduzione della possibilità di chiedere il giudizio abbreviato anche per i reati puniti con la pena dell’ergastolo.
Considerato che, poi, è intervenuto il d.l. 7 aprile 2000, n. 82, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2000, n. 144, entrata in vigore l’8 giugno 2010, alla stregua del cui art. 4-ter, comma 1, le disposizioni di cui agli artt. 438 e ss. cod. proc. pen., come modificate o sostituite dalla legge n. 479 del 1999, si applicano ai processi per i quali, sebbene fosse scaduto il termine per la proposizione della richiesta di giudizio abbreviato, non era ancora iniziata l’istruzione dibattimentale alla data di entrata in vigore della legge di conversione (8 giugno 2000).
Rilevato, peraltro, che secondo il comma 2 del citato art. 4-ter, nei processi penali per reati puniti con la pena dell’ergastolo, in corso alla detta data, e nei quali, prima della detta data, era scaduto il termine per proporre la richiesta di giudizio abbreviato, l’imputato, nella prima udienza utile e successiva alla medesima data, poteva chiedere che il processo, ai fini dell’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., fosse immediatamente definito, anche sulla base degli atti contenuti nel fascicolo di cui all’art. 416, comma 2, cod. proc. pen., e tale richiesta era ammessa se presentata nelle cadenze indicate dalla norma, nel giudizio di primo grado prima della conclusione della istruzione dibattimentale, nel giudizio di
appello, qualora fosse stata disposta la rinnovazione dell’istruzione ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen., prima della conclusione della istruzione stessa, oppure nel giudizio di rinvio, se ricorrevano dette medesime condizioni.
Considerato che da tale iter normativo discende, a seguito della sentenza pronunciata dalla Grande Chambre della Corte EDU nel caso COGNOME c. Italia, nonché delle sentenze C. Cost. n. 201 del 2013 e Sez. U, n. 18821 del 24/10/2013, Ercolano, che la conversione della pena dell’ergastolo in quella di anni trenta è dovuta, in sede esecutiva, solo nel caso di giudizio abbreviato ammesso tra il 2 gennaio ed il 24 novembre 2000, cioè nella vigenza dell’art. 30, comma 1 lett. b, Legge n. 479 del 1999 e che, dunque, necessita che l’imputato sia stato ammesso al rito abbreviato, chiesto e ottenuto, nella vigenza della cd. legge COGNOME o che, in tale caso, fosse stato giudicato con la normativa sopravvenuta più sfavorevole (come nel caso COGNOME; cfr. anche Sez. 1, n. 7162 del 21/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266611 – 01 che ha negato il presupposto per la sostituzione nel caso in cui il condannato, dopo aver formulato istanza di definizione del processo nella forma del rito abbreviato, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 30, comma 1, lett. b), della legge n. 479 del 1999, abbia poi revocato la richiesta di accesso al rito semplificato, avvalendosi del disposto di cui all’art. 8 del D.L. n. 341 del 24 novembre 2000).
Rilevato che, nel caso di specie, l’istanza dell’odierno ricorrente, avanzata il 7 febbraio 2000, ossia nella vigenza della cd. legge Carotti, ma prima dell’entrata in vigore della normativa transitoria, è stata dichiarata inammissibile dalla Corte di assise di appello di Caltanissetta allora procedente, che, ribaltando il giudizio assolutorio del primo giudice, ha, poi, condannato l’imputato all’ergastolo per concorso nell’omicidio di NOME COGNOME e che non risulta, nelle pronunce rese da questa Corte, Sez. F, n. 32191 del 2002 (che annullò con rinvio la sentenza di condanna della Corte di assise di appello, per carenza di motivazione in punto di responsabilità) e Sez. 5, n. 8336 del 2005 (che rigettò il ricorso proposto avverso la decisione emessa dalla Corte di assise si appello di Caltanissetta in sede di rinvio) che il ricorrente odierno abbia formulato doglianze in ordine alla dichiarata inammissibilità della richiesta di rito abbreviato, né la difesa, anche alla stregua delle precisazioni contenute nell’articolata memoria, deduce su tale punto, precise doglianze sulla legittimità dell’adottata declaratoria di inammissibilità del rito abbreviato.
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo, tenuto conto dei motivi devoluti.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, in data 6 marzo 2025
Il Consigliere estensore
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Il Presidente