Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10481 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10481 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/04/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Procuratore Generale , in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Ancona, con sentenza del 28 aprile 2023, ha riformato, quanto al trattamento sanzionatorio, la sentenza pronunciata 1’11 marzo 2021 – all’esito di giudizio abbreviato – dal Giudice per le indagin preliminari del Tribunale di Fermo. È stata confermata l’affermazione della penale responsabilità di NOME per il reato di cui agli artt. 589 bis, comma 6, e 589 ter cod. pen., ma la pena è stata ridotta ad anni tre e mesi quattro di reclusione a fronte della pena di anni sei e mesi otto d reclusione inflitta in primo grado.
Il procedimento ha ad oggetto un incidente stradale verificatosi intorno alle 3:40 del mattino del 22 agosto 2020 sulla statale SP INDIRIZZO, nel territorio del Comune di Sant’Elpidio a Mare, a seguito del quale NOME COGNOME riportò gravi lesioni che ne determinarono, quasi istantaneamente, il decesso. Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, NOME, pur non avendo mai conseguito la patente, si trovava alla guida dell’autovettura Renault targata TARGA_VEICOLO e percorreva la statale in direzione mare monti. Nell’affrontare una curva destrorsa con visuale coperta invase l’opposta corsia di marcia e urtò frontalmente il motociclo targato TARGA_VEICOLO condotto da COGNOME COGNOME procedeva regolarmente in quella corsia. A seguito del sinistro la macchina finì in un campo ribaltandosi. I due occupanti si diedero alla fuga, ma COGNOME fu rintracciato tratto in arresto – dai arabinieri intervenuti sul posto. I giudici di pr secondo grado hanno ritenuto che l’invasione della opposta corsia di marcia sia stata determinata dalla velocità mantenuta dal conducente dell’auto, non adeguata alle caratteristiche della strada.
Contro la sentenza della Corte di appello, ha proposto ricorso il difensore di fiducia dell’imputato, munito di apposito mandato ai sensi dell’art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen.
Il ricorso si articola in tre motivi che di seguito si riportano nei l strettamente necessari alla decisione, come previsto dall’art. 173, comma 1, d.lgs. 28 luglio 1989 n. 271.
3.1 Col primo motivo la difesa lamenta vizi di motivazione riguardo alla ricostruzione del sinistro, che sarebbe stato attribuito a colpa esclusiva dell’imputato senza valutare se nella serie causale potessero aver avuto rilievo condotte colpose di terzi. A sostegno di questo motivo il difensore osserva: che l’imputato ha sostenuto di aver invaso l’opposta corsia di marcia per sorpassare un veicolo che procedeva a bassissima velocità (forse per impegnare una strada
laterale) e di non aver visto sopraggiungere il motociclo condotto da COGNOME che sbucò all’improvviso sulla strada a fari spenti. Secondo la difesa, la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto di queste argomentazioni difensive e l’affermazione della penale responsabilità sarebbe fondata esclusivamente sulle conclusioni della consulenza tecnica disposta dal Pubblico ministero senza considerare che, come lo stesso consulente ha riconosciuto, gli elementi a disposizione non consentivano di individuare le velocità mantenute dai veicoli al momento dell’impatto.
3.2. Col secondo motivo, che costituisce sviluppo del primo, il difensore lamenta vizi di motivazione quanto alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 589 bis, comma 7, cod. pen. Sostiene che tale attenuante non è stata riconosciuta pur non essendo stata esclusa la rilevanza concausale di «eventuali fattori esterni o estranei alla condotta dell’imputato», fattori sulla cui esistenz consulenza tecnica in atti non ha indagato.
3.3. Col terzo motivo, la difesa lamenta violazione dell’art. 606 / comma 1/ .. lett. d) tcod. proc. pen. per non essere stata assunta una prova decisiva. Si duole che nel corso del giudizio non sia stato mai ascoltato NOME COGNOME che, al momento dell’incidente, si trovava a bordo dell’autovettura. La difesa riferisce che, in prima battuta, era stato chiesto il giudizio abbreviato subordinato all’esame del teste, ma tale richiesta è stata respinta dal Giudice per le indagin preliminari che ha aderito alla subordinata richiesta di abbreviato non condizionato. Il difensore osserva che, nei motivi di appello, è stata chiesta l rinnovazione istruttoria ex art. 603 cod. proc. pen. con esame del teste, ma la Corte di appello non ha ritenuto di dover procedere in tal senso.
Con memoria scritta. t tempestivamente depositata, il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.
Per ragioni di logica espositiva, deve essere esaminato per primo il terzo motivo, col quale si sostiene che i giudici di merito avrebbero omesso di assumere una prova decisiva.
Si deve subito riferire che – come emerge dalla lettura della sentenza di primo grado – dopo aver ricevuto la notifica del decreto di citazione a giudizio immediato, NOME COGNOME avanzò istanza di giudizio abbreviato subordinato ad una integrazione probatoria costituita dall’esame di COGNOME
COGNOME NOME che viaggiava sull’auto in qualità di passeggero. La richiesta fu respinta dal Giudice, secondo il quale i numerosi testimoni escussi, la consulenza tecnica disposta dal Pubblico ministero nel corso delle indagini / e le immagini riprese dalle telecamere presenti nella zona, consentivano di ricostruire la dinamica dell’incidente senza necessità di escutere un testimone che si era allontanato dal luogo del sinistro insieme all’imputato. Preso atto di ciò, p mezzo del difensore munito di procura speciale, l’imputato avanzò istanza di giudizio abbreviato “semplice” e il procedimento fu definito allo stato degli att La richiesta di esame del teste fu reiterata nell’atto di appello chiedendo all Corte territoriale di procedere ad integrazione istruttoria, ma la richiesta respinta. I giudici di appello, infatti, condivisero la valutazione del Giudic primo grado e ritennero che l’esame richiesto non fosse «assolutamente necessario» alla decisione ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen.
Poiché questo è il concreto svolgimento dell’iter processuale, il motivo di ricorso è manifestamente infondato. n
Come/ noto, ai fini dell’ammissione al giudizio abbreviato condizionato, la necessità dell’integrazione probatoria è configurabile soltanto quando la prova richiesta abbia i requisiti della novità e decisività. Tale richiesta presuppon quindi, «da un lato, l’incompletezza di un’informazione probatoria in atti, e dall’altro, una prognosi di oggettiva e sicura utilità, o idoneità, del proba risultato dell’attività istruttoria richiesta ad assicurare il completo accertame dei fatti» (Sez. 2, n. 10235 del 10/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280990; Sez. 5, n. 600 del 14/11/2013, dep. 2014, V., Rv. 258676). Nel caso di specie, l’imputato ha preso atto della valutazione del Giudice per le indagini preliminari – secondo il quale tale necessità non sussisteva – e ha avanzato istanza di giudizio abbreviato non condizionato. Pertanto, la mancata ammissione della prova cui era subordinata l’iniziale richiesta, non poteva essere dedotta nei motivi di gravame e, nel dolersene, l’appellante ha sollecitato la Corte di appello ad esercitare i poteri di integrazione istruttoria “ex officio” ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 12818 del 14/02/2020, COGNOME, Rv. 279324; Sez. 2, n.10235 del 10/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280990). All’imputato che, dopo il rigetto della richiesta di rito abbreviato condizionat abbia optato per il rito abbreviato “secco”, è preclusa, infatti, la possibili contestare la legittimità del provvedimento di rigetto, «in quanto la sua opzione per il procedimento senza integrazione probatoria è equiparata al mancato rinnovo “in limine litís”, ai sensi dell’art. 438, comma 6, cod. proc. pen., della richiesta di accesso al rito subordinata all’assunzione di prove integrative» (Sez. 2, n. 13368 del 27/02/2020, COGNOME, Rv. 278826).
La Corte di appello ha valutato la richiesta di rinnovazione istruttoria ai sens dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen. e l’ha respinta ritenendo che l’assunzione della prova indicata dalla difesa non fosse «assolutamente necessaria» alla decisione. Nel censurare la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale il ricorrente non ha spiegato quali lacune o manifeste illogicità ricavabili dal testo della sentenza impugnata e concernenti punti di decisiva rilevanza, avrebbero potuto essere evitate provvedendosi all’assunzione in appello della prova richiesta (cfr.: Sez. 6, n. 1400 del 22/10/2014, dep. 2015, PR., Rv. 261799; Sez. 2, n. 48630 del 15/09/2015, COGNOME, Rv. 265323; Sez. 2, n. 40855 del 19/04/2017, COGNOME, Rv. 271163; Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, COGNOME, Rv. 273577). In particolare, non ha spiegato perché l’esame del passeggero avrebbe potuto portare ad una diversa ricostruzione della dinamica del sinistro. Lo stesso imputato, nelle spontanee dichiarazioni rese ai Carabinieri di Fermo (utilizzabili nel giudizio abbreviato), ha affermato infatt che lo scontro avvenne nella corsia di marcia percorsa dal motociclo condotto da COGNOMECOGNOME che l’auto da lui condotta invase la corsia di marcia opposta a quella che stava percorrendo e lo fece per sorpassare un’altra auto che procedeva lentamente, forse per svoltare in una strada laterale.
Secondo la sentenza impugnata, il dato oggettivo, non contestato, che l’auto condotta dall’imputato abbia invaso la corsia di marcia opposta mentre il ciclomotore procedeva regolarmente nella propria, trova conferma nella traccia di scarrocciamento lasciata dall’auto «in uscita dalla collisione sull’estremo margine della carreggiata». Inoltre, la conformazione del tratto di strada teatro del sinistro, caratterizzato dalla presenza di una «curva a visuale preclusa» e da un «andamento altimetrico» variabile non consentiva al conducente del motociclo «di porre in essere alcuna manovra difensiva tesa ad evitare la collisione». Tali essendo le emergenze istruttorie, come riportate dalla sentenza / dì appello, non si comprende perché la presenza di un’auto che procedeva lentamente potrebbe valere ad escludere la responsabilità dell’imputato e perché le dichiarazioni rese dalla persona che viaggiava in macchina insieme a COGNOME (e insieme a lui si dette alla fuga) avrebbero potuto fornire indicazioni in senso.
Secondo la versione fornita dall’imputato, infatti, il sorpasso avvenne perché l’auto andava piano; fu dunque reso necessario dalla velocità mantenuta da COGNOME il quale, invece di rallentare, invase la corsia di marcia opposta pur presenza di una curva che limitava la visibilità. Per effetto di tale manovra, inoltre, l’imputato perse il controllo del veicolo che si ribaltò andando a finire un campo limitrofo e i giudici di merito ne hanno desunto – con motivazione non certo illogica o contraddittoria – che la velocità mantenuta non era adeguata.
Non hanno maggior pregio il primo e il secondo motivo di ricorso con i quali la difesa deduce vizi di motivazione quanto all’affermazione della responsabilità dell’imputato e alla mancata applicazione dell’attenuante prevista dall’art. 589 bis, comma 7, cod. pen.
Per quanto riguarda il primo motivo, è sufficiente osservare che alla Corte di cassazione è preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degl elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a qu adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati d una migliore capacità esplicativa. Un tal modo di procedere, infatti, trasformerebbe la suprema Corte da giudice di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto (tra tante: Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747).
Nel caso di specie, le sentenze di merito – che possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595) – hanno ricostruito la dinamica dell’incidente con motivazione completa, scevra da profili di contraddittorietà o manifesta illogicit facendo riferimento, oltre che alle dichiarazioni dei testi e alle riprese de telecamere presenti in zona, ai rilievi planimetrici e alle valutazioni tecnic compiute dal consulente tecnico del pubblico ministero; valutazioni che la difesa ricorrente non ha contrastato, limitandosi ad osservare che la velocità mantenuta dai veicoli al momento dell’urto non ha potuto essere accertata. Si deve sottolineare, allora, che i giudici di merito hanno ritenuto provata la violazio dell’art. 141 d.lgs. 30 aprile 1992, n.285 tenendo conto delle caratteristiche dell strada, del fatto che l’incidente si verificò in corrispondenza di una curva visibilità limitata e della constatazione che NOME perse il controllo dell’auto si ribaltò e terminò la propria corsa in un campo. L’art. 141 cod. strada prevede infatti: al comma 2, che il conducente debba «sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile»; comma 3, che il conducente debba «regolare la velocità» nei tratti di strada a visibilità limitata e nelle curve».
Com’è evidente, peraltro, anche se fosse provato che COGNOME invase l’opposta corsia di marcia per sorpassare un veicolo troppo lento, questo non consentirebbe di escludere la sua responsabilità né di ipotizzare un concorso di responsabilità del veicolo sorpassato. Ai sensi dell’art. 141, comma 4, cod.
strada, infatti: «Il conducente deve ridurre la velocità e, occorrendo, anc fermarsi quando riesce malagevole l’incrocio con altri veicoli» e, ai sensi dell’art. 148, comma 10, dello stesso codice «è vietato il sorpasso in prossimità o in corrispondenza delle curve o dei dossi e in ogni altro caso di scarsa visibilità» A ciò deve aggiungersi che, come la sentenza impugnata ha opportunamente sottolineato, la presenza sulla strada al momento dell’urto di un terzo veicolo non ha riscontro in atti e, in ogni caso, il punto d’urto si colloca all’interno corsia di marcia percorsa dal motociclo. Come i giudici di merito riferiscono, inoltre, pur avendo inizialmente sostenuto che il motociclo viaggiava a fari spenti, nell’interrogatorio reso al Pubblico ministero il 17 settembre 2020, COGNOME non ha confermato questo particolare, ma ha ammesso di essersi accorto dell’arrivo del veicolo «troppo tardi per evitare l’impatto» (pag. 8 dell sentenza di primo grado).
I motivi di ricorso non si confrontano con queste argomentazioni e sono pertanto inammissibili sia nella parte in cui si dolgono dell’affermazione della penale responsabilità sia quando lamentano la mancata applicazione dell’art. 589 bis, comma 7, cod. pen. Tale ultima richiesta, inoltre, pecca di genericità, atteso che i motivi di ricorso non chiariscono quale sarebbe l’azione od omissione che avrebbe contribuito a causare l’evento.
Sotto diverso profilo si deve osservare che la richiesta di applicazione dell’attenuante in parola non era stata proposta in termini espliciti nei motivi appello, con i quali era stata contestata l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato sostenendo che il sinistro non fosse attribuibile a «responsabilità esclusiva» dello stesso, ma era stata chiesta esplicitamente soltanto l’applicazione delle attenuanti generiche. È doveroso ricordare, allora, che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato i provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stat intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello» (fra le tante: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, COGNOME, Rv. 279903; Sez. 2, n. 46765 del 09/12/2021, COGNOME, Rv. 282322).
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n.186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell’art cod.proc.pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della Cassa de Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità d ricorso stesso, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento d spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso il 31 gennaio 2021i
Il Consigliere estensore
NOME
DEPOSITATO 7 C A 7LERIA