Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1023 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1023 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata a Milano il 7/12/1948
avverso l’ordinanza del 24/07/2024 della Corte d’appello di Genova in funzione di giudice dell’esecuzione letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; letta la memoria del difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l ‘ ordinanza impugnata, la Corte d’appello di Genova, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato de plano la richiesta di NOME COGNOME di ottenere il riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità del
fatto, in riferimento al reato di cui all’art. 628 cod. pen. giudicato con due sentenze definitive di cui ai nn. 3 e 4 del provvedimento di unificazione di pene concorrenti n. 257/2023 SIEP, a seguito dell’intervento della Corte costituzionale n. 86 del 2024 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma indicata, nella parte in cui non prevede tale attenuante comune.
Il Giudice dell’esecuzione, nel respingere la richiesta, ha richiamato un precedente di questa Corte di legittimità (n. 28269 del 31 maggio 2023) e ha escluso che si tratti di valutazione che può essere compiuta in sede esecutiva affermando che, avendo a oggetto il fatto, questa è preclusa dal passaggio in giudicato della sentenza.
Propone tempestivo ricorso per cassazione la condannata, per il tramite del difensore, avv. NOME COGNOME denunciando, con un unico motivo, inosservanza ed erronea applicazione di legge penale nonché vizio di motivazione in relazione agli artt. 666 cod. proc. pen., 628, comma secondo, cod. pen., 30 legge n. 87 del 1953.
La Corte di appello ha ritenuto erroneamente precluso in sede esecutiva ogni esame circa la sussistenza nel caso concreto della circostanza attenuante invocata, derivante da giudizio che, secondo il giudice dell’Esecuzione, sarebbe proprio soltanto di quello della cognizione.
Diversamente, il ricorrente sostiene che, in presenza di parziale declaratoria di legittimità costituzionale della norma incriminatrice per mancata previsione di una circostanza attenuante, intervenuta dopo il giudicato ma con rapporto esecutivo ancora in essere, come nel caso di specie, è ammissibile l’incidente di esecuzione diretto a chiedere l’applicazione della circostanza attenuante onde intervenire sul trattamento sanzionatorio, richiamando un precedente indicato come in termini (Sez. 1, n. 5973 del 10 febbraio 2015), relativo alla circostanza attenuante del fatto di lieve entità introdotta per delitto di cui all’art. 630 cod. pen. con la sentenza n. 68 del 2012 della Corte costituzionale.
La ricorrente è stata condannata per il reato di rapina tentata con le due sentenze definitive indicate ai nn. 3 e 4 del provvedimento di determinazione di pene concorrenti n. SIEP 257/223. La Corte di appello ha ritenuto che il giudizio circa la sussistenza o meno del fatto di lieve entità non sia di competenza del Giudice dell’esecuzione citando un precedente relativo ai presupposti per l’applicazione, nel delitto di rapina, della circostanza attenuante di speciale tenuità del danno. Si tratta di richiamo che, per la ricorrente, non è pertinente in quanto riguarda i requisiti per la sussistenza della circostanza attenuante comune, di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. richiesta con ricorso per cassazione, quindi si tratta di precedente non pertinente.
La giurisprudenza di legittimità in presenza di una nuova circostanza attenuante astrattamente applicabile, a seguito di declaratoria di illegittimità sia pure parziale della fattispecie incriminatrice ritiene, invece, che il giudice dell’esecuzione, ove investito della questione rispetto a rapporto esecutivo ancora in essere, possa valutare se la predetta nuova circostanza attenuante sia o meno concedibile all’istante e, dunque, incidere sul titolo esecutivo.
Si richiamano come precedenti in termini, Sez. U, n. 18821 del 24 ottobre 2014 e Sez. 1, n. 5973 del 10 febbraio 2015.
Quest’ultima pronuncia ha affermato che, in tema di sequestro di persona a scopo di estorsione, il condannato con sentenza divenuta irrevocabile prima della declaratoria di legittimità costituzionale dell’art. 630 cod. pen., nella parte in cui non prevedeva l’attenuante della lieve entità del fatto, può richiedere attraverso la proposizione di incidente di esecuzione, l’applicazione della circostanza al fine di rideterminare il trattamento sanzionatorio e il giudice adito in executivis è tenuto a compiere una valutazione circa la sussistenza della circostanza, nei limiti consentiti dal provvedimento di merito, dunque sulla base delle risultanze e degli apprezzamenti operati nel giudizio di cognizione.
Sicché l’ordinanza in questione, adottata de plano , è pronunciata in violazione di legge e con vizio di motivazione posto che questa fa riferimento a un precedente di legittimità che non è attinente al processo in corso.
Si sostiene, invece, che la Corte territoriale nel caso di specie avrebbe dovuto fissare udienza ex art. 666 cod. proc. pen., onde valutare l’applicabilità o meno della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, in relazione ai reati giudicati con le sentenze di cui all’incidente di esecuzione, per effetto dell’intervento della sentenza Corte Cost. n. 86 del 2024.
Si ribadisce che il rapporto esecutivo è ancora in corso perché la ricorrente sta espiando il cumulo di pena di cui alle sentenze di condanna per rapina tentata citate, in regime di affidamento in prova al servizio sociale.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
La difesa, avv. NOME COGNOME ha fatto pervenire memoria con la quale, ulteriormente argomentando il motivo di ricorso, ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, Dunque, va disposto l’annullamento c on rinvio del provvedimento impugnato per il giudizio.
1.1. Si osserva che l’esame degli atti, necessitato dalla qualità dell’eccezione formulata, ha permesso di acclarare che il Giudice dell’esecuzione ha deciso sull’istanza principale, con provvedimento de plano , ma, comunque, svolgendo valutazioni di merito, giungendo al rigetto della richiesta per effetto di detto esame.
1.2. Ciò premesso, osserva il Collegio che il provvedimento è nullo perché assunto senza fissare il contraddittorio, ex art. 666, comma 2, cod. proc. pen. (cfr. nel senso che il provvedimento assunto dal giudice dell’esecuzione de plano , senza fissazione dell’udienza in camera di consiglio, fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, è affetto da nullità di ordine generale e a carattere assoluto, rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, Sez. 1, n. n. 22282 del 23/06/2020, D., Rv. 279452 -01; Sez. 1, n. 41754 del 16/09/2014, COGNOME, Rv. 260524; Sez. 1, n. 12304 del 26/02/2014, COGNOME, Rv. 259475).
Invero, non ricorre, nella specie, un caso di inammissibilità della richiesta, da decidere de plano .
Il modello delineato dall’art. 666 cod. proc. pen. per il procedimento di esecuzione è costituito dalle forme dell’udienza in camera di consiglio, con la partecipazione delle parti, cui viene dato di interloquire innanzi al giudice.
Tuttavia, l’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. contempla, in deroga alla regola generale, la possibilità di un epilogo decisorio anticipato della richiesta, in termini d’inammissibilità mediante pronuncia di decreto reso con procedura de plano e in assenza di contraddittorio, quando l’istanza sia stata già rigettata perché basata sui medesimi elementi, ovvero sia « manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge ».
La manifesta infondatezza, nella ratio della disposizione e nella lettura operata dall’elaborazione giurisprudenziale maggioritaria, riguarda il difetto delle condizioni di legge, intese in senso restrittivo come requisiti non implicanti una valutazione discrezionale, perché imposti direttamente dalla norma (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, COGNOME, Rv. 260971; Sez. 5, n. 34960 del 14/06/2007, Stara, Rv. 237712; Sez. 5, n. 2793 del 05/05/1998, Prato, Rv. 210936).
Il provvedimento senza contraddittorio reso in executivis si adatta, dunque, alle ipotesi della rilevabilità ictu oculi di ragioni che, sulla base della semplice prospettazione e senza la necessità di uno specifico approfondimento discrezionale, evidenzino la mancanza di fondamento dell’istanza.
In buona sostanza, deve essere data all’istante la possibilità dell’instaurazione del contraddittorio con il procedimento camerale previsto -sul modello di quello tipico previsto ex art. 127 cod. proc. pen. -dall’art. 666 cod.
proc. pen., commi 3 e 9, allorquando si pongano questioni che involgano l’esercizio di discrezionalità valutativa per manifesta infondatezza.
Invero, la giurisprudenza di legittimità è costante nel censurare (cfr. Sez. 1, n. 23726 del 08/07/2020, COGNOME Rv. 279524 -01) il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione dichiari inammissibile de plano , ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., l’istanza di un condannato ove difetti il requisito della manifesta infondatezza e sia necessario, comunque, onde decidere in tal senso, svolgere un accertamento attraverso la specifica verifica di dati storici (nel caso preso in considerazione nel precedente citato, l’istanza era rivolta, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, alla rideterminazione della pena irrevocabilmente inflitta al condannato per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in ragione della già avvenuta espiazione della pena, istanza ritenuta non manifestamente infondata, in quanto neces sitava l’accertamento dell’avvenuto esaurimento del rapporto esecutivo, in base a interpretazioni non univoche, la cui verifica, comunque, richiedeva lo specifico esame dei dati storici relativi alla posizione giuridica del condannato).
1.3. Orbene, nel c aso al vaglio, non ricorre un’ipotesi di manifesta infondatezza dell’istanza originaria rilevabile ictu oculi e nei limiti sin qui delineati, posto che, invero, il Giudice dell’esecuzione ha motivato svolgendo una valutazione di merito, discrezionale, quanto alla ritenuta applicabilità della declaratoria di parziale incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte Cost. n. 86 del 2024 al caso al vaglio, giungendo ad escluderla in toto richiamando un precedente di legittimità non pertinente, come dedotto dalla ricorrente.
Invero, la sentenza n. 86 del 2024 della Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale ” dell’art. 628, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità” .
Si tratta di pronuncia che, nel solco della precedente sentenza n. 120 del 2023, ha precisato che, in presenza di una fattispecie astratta, connotata da intrinseca variabilità atteso il carattere multiforme degli elementi costitutivi «violenza o minaccia», «cosa sottratta», «possesso», «impunità», e tuttavia assoggettata a un minimo edittale di rilevante entità, il fatto che non sia prevista la possibilità per il giudice di qualificare il fatto reato come di lieve entità in relazione alla natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità o circostanze dell’azione, ovvero alla particolare tenuità del danno o del pericolo, determina la violazione, ad un tempo, del primo e del terzo comma dell’art. 27 Cost.
Il Giudice dell’esecuzione, a fronte della pronunciata parzial e illegittimità costituzionale della norma citata, ha valutato di non poter estendere la declaratoria di incostituzionalità al caso al vaglio, per la natura plurioffensiva del reato e per la necessità di approfondito esame reputato precluso in sede esecutiva, così esprimendo una valutazione di pieno merito, peraltro trascurando che problema interpretativo analogo si è posto in relazione alla recente sentenza della Corte Cost. n. 120 del 2023 e che sono stati ribaditi da questa Corte di legittimità (cfr. Sez. 1, n. 14861 del 16/02/2024, COGNOME, non mass. che, in motivazione, si richiama al precedente di seguito citato), i principi già espressi, tra l’altro, da Sez. 1, n. 5973 del 04/12/2014, dep. 2015, Rv. 262270 -01, a seguito dell’intervento della Corte Cost. n. 68 del 2012.
In particolare, quest’ultima decisione ha ribadito, per l’analoga fattispecie della dichiarazione di parziale illegittimità dell’art. 630 cod. pen. a causa della mancata previsione della lieve entità del fatto, il principio di diritto per cui «in tema di sequestro di persona a scopo di estorsione, il condannato con sentenza divenuta irrevocabile prima della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 630 cod. pen., nella parte in cui non prevedeva l’attenuante della lieve entità del fatto (Corte cost., sent. 19 marzo 2012, n. 68), può richiedere, con incidente di esecuzione, l’applicazione della predetta attenuante al fine di rideterminare il trattamento sanzionatorio, ed il giudice adito in executivis è tenuto a compiere una valutazione circa la sussistenza della circostanza, nei limiti consentiti dalla decisione di merito, ovvero sulla base delle risultanze acquisite e degli apprezzamenti operati, in base ad esse, nel giudizio di cognizione» (Sez. 1, n. 5973 del 04/12/2014, dep. 2015, COGNOME Rv. 262270). Si richiama anche il principio generale secondo cui «quando, successivamente alla pronuncia di una sentenza irrevocabile di condanna, interviene la dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio e quest’ultimo non è stato interamente eseguito, il giudice dell’esecuzione deve rideterminare la pena in favore del condannato pur se il provvedimento “correttivo” da adottare non è a contenuto predeterminato, potendo egli avvalersi di penetranti poteri di accertamento e di valutazione, fermi restando i limiti fissati dalla pronuncia di cognizione in applicazione di norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali, o comunque derivanti dai principi in materia di successione di leggi penali nel tempo, che inibiscono l’applicazione di norme più favorevoli eventualmente “medio tempore” approvate dal legislatore» (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260697).
Deriva da quanto sin qui esposto, l’annullamento con rinvio ( tra le altre, Sez. 1, n. 14568 del 21/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 283306 -01) al
Giudice dell’esecuzione per nuovo giudizio da svolgersi con l’instaurazione del contraddittorio tra le parti.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Genova.
Così deciso, il 6 novembre 2024