Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 36745 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 36745 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a GRUMO APPULA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/10/2023 della CORTE ASSISE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con atto rivolto alla Corte di assise di appello di Bari, NOME COGNOME chiedeva:
l’applicazione della disciplina della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in ordine ai reati, fra i quali l’associazione finalizzata al traffi stupefacenti e l’associazione mafiosa, per i quali COGNOME risultava condanNOME in forza della sentenza emessa dalla Corte di appello di Bari il 25 gennaio 2019 e i reati, fra i quali plurimi tentati omicidi in danno di NOME COGNOME, per i quali COGNOME risultava giudicato dalla Corte di assise di appello di Bari con sentenza del 9 luglio 2020;
la revoca, ai sensi dell’art. 669 cod. proc. pen., della condanna per il reato commesso il 2 dicembre 2013 inflitta in forza delle citata sentenza del 9 luglio 2020, sulla base del rilievo che per tale fatto risultava già condanNOME in forza della sentenza emessa il 5 ottobre 2017 dalla Corte di appello di Bari.
Il giudice dell’esecuzione, con ordinanza in data 11 ottobre 2023, accoglieva parzialmente l’istanza, decidendo come segue.
In primo luogo (pag. 5 della motivazione dell’ordinanza), revocava la condanna che risultava inflitta in forza della sentenza emessa il 9 luglio 2020 dalla Corte di assise di appello di Bari per uno dei reati di tentato omicidio commessi in danno di NOME, e teneva ferma la condanna che risultava inflitta per lo stesso fatto in forza della sentenza emessa dalla Corte di appello di Bari il 5 ottobre 2017.
In secondo luogo, riconosceva la continuazione nei termini indicati nell’istanza, fatta eccezione per quanto riguarda il rapporto fra il delitto estorsione aggravata in danno di NOME COGNOME e NOME COGNOME, giudicato con la menzionata sentenza del 25 gennaio 2019, e gli altri reati suddetti.
Infine, rideterminava la pena complessiva, per i reati per i quali la continuazione era stata riconosciuta, in quindici anni, tre mesi e undici giorni di reclusione.
La difesa di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in due motivi.
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata con riguardo alla negazione di un medesimo disegno criminoso
comprensivo della estorsione aggravata evidenziata. Afferma che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto riconoscere il vincolo anche con riferimento a tale reato, perché l’associazione mafiosa per la quale COGNOME è stato condanNOME era finalizzata, tra l’altro, alla commissione di un numero indetermiNOME di reati contro il patrimonio, e perché la menzionata estorsione era stata commessa nel periodo di piena operatività del sodalizio criminoso.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce vizi di motivazione con riguardo all’individuazione del reato di tentato omicidio commesso in danno di NOME il 2 dicembre 2013 come il reato più grave, e alla determinazione dell’aumento di pena per esso in sei anni, nonostante in fase di cognizione fosse stato inflitto per tale reato un aumento di due mesi e quindici giorni, posto che era stato ritenuto più grave il tentato omicidio commesso in danno di NOME il 19 dicembre 2013.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Il giudice dell’esecuzione, nel rigettare l’istanza di riconoscimento della continuazione nei termini più ampi pretesi dal ricorrente, ha rispettato i princip fissati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo i quali l’istituto in questi postula che l’agente si sia rappresentato e abbia unitariamente deliberato, almeno nelle loro linee essenziali, una serie di conAVV_NOTAIOe criminose, e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predetermiNOME di reati (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017 Rv. 270074 – 01; Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Rv. 266615 – 01; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, Rv. 255156 – 01).
Il giudice dell’esecuzione ha osservato, in maniera piana e non illogica, che il reato di estorsione in danno di NOME COGNOME e NOME COGNOME, per il quale COGNOME risulta condanNOME con la menzionata sentenza del 25 gennaio 2019, è un episodio di natura estemporanea, del tutto disancorato da qualsivoglia finalità agevolatrice dell’associazione criminosa alla quale COGNOME partecipava.
Con riguardo al mancato accoglimento di tale segmento della domanda, l’ordinanza impugnata risulta, quindi, immune da vizi e logici e giuridici.
In ordine a tale profilo, il provvedimento supera il vaglio di legittimi demandato a questa Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento delle circostanze fattuali. Il ricorso, invece, tende ad offrire una ricostruzione alternativa e una rilettura degli elementi disponibili, sulla base valutazioni di merito precluse in questa sede.
Il secondo motivo di ricorso è fondato.
2.1. La giurisprudenza di legittimità ha spiegato che, in tema di continuazione, il giudice dell’esecuzione non può fondare il proprio giudizio su circostanze di fatto contrarie agli accertamenti contenuti in sentenze irrevocabili (Sez. 5, n. 12788 del 24/01/2023, Rv. 284264 – 01).
2.2. Nel caso concreto ora in esame, l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, nel valutare la gravità dei vari episodi di tentato omicidio commessi da COGNOME in danno di NOME COGNOME, ha affermato che è più grave quello commesso il 2 dicembre 2013, e ha stabilito in sei anni l’aumento di pena per tale fatto, poiché in detta occasione la vittima venne attinta alla gamba sinistra da colpi di arma da fuoco, mentre negli altri episodi la vittima non fu attinta da colpi di arma da fuoco.
L’ordinanza non chiarisce se tale valutazione sia innovativa rispetto a quella espressa dal giudice della cognizione nel comparare i vari episodi di tentato omicidio e, quindi, non consente di stabilire se sia stato violato il principio di dir sopra richiamato, pienamente condivisibile, in base al quale il giudice dell’esecuzione non può fondare il proprio giudizio su circostanze di fatto contrarie agli accertamenti contenuti in sentenze irrevocabili.
Sotto tale profilo, l’ordinanza impugnata risulta priva di adeguata motivazione.
Per le ragioni esposte, l’ordinanza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzioNOMErio, con rinvio alla Corte di assise di appello di Bari che svolgerà nuovo giudizio sul punto senza incorrere nei vizi riscontrati ma rispettando le norme di legge.
In sede di rinvio, dovrà applicarsi l’art. 34, comma 1, cod. proc. pen., quale risulta a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 183 del 2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione e dell’art. 623, comma lett. a), cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
Per il resto, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al trattamento sanzioNOMErio con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di assise di appello di Bari, in divers composizione. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, 31 maggio 2024.