Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27102 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27102 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nata in Cina il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/09/2023 della Corte di appello di Trieste visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Trieste, quale giudice del rinvio a seguito di annullamento della Corte di cassazione, confermava la sentenza del Tribunale di Udine del 31 maggio 2018, che aveva condannato l’imputata NOME per i reati di ricettazione, in forma attenuata ai sensi de quarto comma dell’art. 648 cod. pen., e di detenzione per la vendita di merce dal marchio contraffatto (reati commessi il 16 settembre 2014).
La Corte di cassazione, con sentenza Sez. 2, n. 25594 del 2022, aveva annullato la pronuncia resa dalla Corte di appello limitatamente al diniego della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. per il reato di ricettazione, ritenendo , da un lato, non tardiva la richiesta della imputata per il suo riconoscimento, in quanto al momento della proposizione dell’appello non era ancora intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 156 del 2020, rilevante per la ipotesi attenuata del suddetto reato (in cui non è previsto un minimo edittale); e dall’altro fnon ostativi all’applicazione della detta causa la mera pluralità di reati commessi in continuazione e un precedente per il quale l’imputata aveva conseguito l’esito positivo della messa alla prova.
La Corte di appello, decidendo a seguito del rinvio, riteneva di confermare il precedente giudizio, valutando il fatto non di minima offensività, ancorché lo scarso valore dei beni avesse portato al riconoscimento della attenuante del quarto comma dell’art. 648 cod. pen., in quanto veniva in considerazione la quantità non irrisoria della merce contraffatta e la attività della imputata (titolare di un negozi che comportava una maggiore circolazione della merce contraffatta e una più intensa lesione patrimoniale della persona offesa. Andava inoltre considerato anche il comportamento tenuto dall’imputata post delictum.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 627, comma 3, cod. proc. pen. e 131-bis cod. pen.
Secondo la difesa, gli elementi ritenuti dalla Corte di appello ostativi all’applicazione della causa di non punibilità (la quantità non irrisoria delle merci la natura professionale della detenzione) erano già stati vagliati dalla Suprema Corte, che aveva ritenuto invece applicabile l’istituto. In tal modo la Corte di appello ha ripercorso gli argomenti già censurati dalla Corte di cassazione violando il principio di diritto dalla stessa affermato e quindi l’art. 627 cod. proc. pen.
La difesa richiama a tal fine una pronuncia di questa Corte (Sez. 6, n. 36766 del 28/04/2023, Rv. 285180), che ha affermato che la accertata violazione o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale fa configurare una sorta di giudicato interno in ordine al fatto che impedisce al giudice del rinvio di cimentarsi con il percorso logico cristallizzato al momento processuale precedente rispetto all’annullamento della Cassazione.
La sanzione penale applicata è sostanzialmente sproporzionata al reale grado di offensività del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
La sentenza della Corte di cassazione ha indicato in modo chiaro le ragioni che hanno portato all’annullamento della precedente decisione della Corte di appello sul punto dell’applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen.
La Corte di cassazione ha premesso che la Corte di appello aveva fondato l’esclusione della speciale causa di non punibilità soltanto su due profili: il primo in ragione della tardività della richiesta; il secondo, per la pluralità di r commessi dalla ricorrente, nell’ambito dei quali veniva anche ad assumere rilievo l’ordinanza di messa alla prova per un ulteriore delitto di cui all’art. 474 cod. pen.
E su tali uniche argomentazioni la Corte di cassazione si è pronunciata, ravvisando, per entrambe, ragioni di annullamento ed enunciando i relativi principi di diritto vincolanti per il giudice del rinvio.
Pertanto, per il resto la Corte del rinvio era investita di pieni poteri cognizione, potendo valutare il fatto con pieno apprezzamento e autonomia di giudizio.
E’ infatti principio pacifico che, a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, il giudice del rinvio deve ritenersi vincolato unicamente ai principi e alle questioni di dirit decise con la sentenza di annullamento, con esclusione di ogni altra restrizione derivabile da eventuali passaggi di natura argomentativa contenuti nella motivazione della sentenza di legittimità, in special modo se riferibile a questioni di mero fatto attinenti il giudizio di merito (Sez. 2, n. 33560 del 09/06/2023, Rv. 285142).
Per nulla pertinente è infine il precedente richiamato dalla difesa a sostegno della tesi della formazione di una sorta di giudicato “interno (Sez. 6, n. 36766 del 28/04/2023, Rv. 285180).
Tale pronuncia afferma invero che la accertata violazione o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale fa configurare una sorta di giudicato interno in ordine al fatto che impedisce al giudice del rinvio di cimentarsi con i percorso logico cristallizzato al momento processuale precedente rispetto all’annullamento della Cassazione.
Come si è già osservato, nel caso in esame, la Corte di appello non riproposto il percorso logico cristallizzato a tale momento, ma lo ha rivis adeguandosi ai principi di diritto enunciati dalla sentenza di annullamento.
Risulta, infine, del tutto generica la denuncia con la quale la difesa in il giudizio sull’art. 131-bis cod. pen. e la proporzionalità della pena.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibi
La ricorrente deve, pertanto, essere condannata, ai sensi dell’art. 616 proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato prese senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, d altresì, disporsi che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitat tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il O6/6’2024.