Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 359 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 359 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI ANCONA nel procedimento a carico di: COGNOME nato il 01/03/1969
avverso l’ordinanza del 24/11/2021 della CORTE APPELLO di ANCONA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza depositata il 30 maggio 2023, la Corte di appello di Ancona, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha pronunciato sulla richiesta del Procuratore generale in sede volta a ottenere la determinazione del trattamento sanzionatorio inflitto, per ciascun reato, con sentenza della stessa Corte di appello del 24 marzo 2020 con la quale era stata respinta la richiesta di consegna di NOME COGNOME all’Autorità giudiziaria francese in esecuzione di mandato di arresto europeo emesso dalla Corte di appello di Chambery il 6 novembre 2019.
La pena determinata dalla sentenza straniera era stata pari a quattro anni di reclusione: due anni per il reato di cui all’art. 74, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990 e due anni per il delitto di cui all’art. 648-bis cod. pen.
L’esigenza di individuare esattamente la pena per ciascun reato era sorta per la necessità di accertare l’entità della pena ancora da espiare in ragione del presofferto e della ostatività del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. 309 del 1990 all sospensione dell’esecuzione ex art. 656, comma 9, cod. proc. pen.
La Corte di appello di Ancona, dato atto delle richieste delle parti e delle memorie difensive, ha evidenziato come Sema sia stato condannato dall’Autorità francese per il reato previsto dall’art. 450, comma 1, codice penale francese avendo partecipato «ad un’associazione a delinquere in previsione della preparazione di un delitto punito con 10 anni di reclusione», oltre che per riciclaggio.
Con riguardo al primo reato, è stato ritenuto corretto imputare il presofferto all’art. 74 d.P.R. 309 del 1990 e, immediatamente dopo, è stato ricondotto tale reato a quello di cui all’art. 416 cod. pen., ferma restando la pena di due anni per il delitto di riciclaggio.
I giudici di merito hanno così statuito: «determina la pena inflitta dalla Corte di appello di Chambery di cui in epigrafe in quella di anni due di reclusione (in relazione al capo a) riconducibile alla pena prevista per il reato di cui all’art. 41 secondo comma c.p. e quella di anni due di reclusione (in relazione al capo b) per il delitto di riciclaggio».
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Ancona, articolando i vizi di violazione di legge, ai sensi dell’art. 648 cod. proc. pen.’ e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
E’ stata eccepita la violazione del principio della intangibilità del giudi a o.
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Il ricorrente ha messo in evidenza come, nel riconoscere la sentenza straniera, la Corte di appello di Ancona, con sentenza del 24 marzo 2020, avesse ricondotto i reati a quelli di cui agli artt. 74 d.P.R. 309 del 1990 e 648-bis cod. pen.
Nell’ordinanza impugnata il presofferto è stato imputato all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, due anni di reclusione al delitto di riciclaggio e altri due a quello di cui all’art. 416 cod. pen..
Il riferimento a tale reato associativo sarebbe stato compiuto ex novo.
Così facendo, la Corte sarebbe incorsa in una violazione di legge consistita nella elusione del giudicato e in una motivazione contraddittoria avendo, inspiegabilmente, scisso il reato associativo nelle diverse fattispecie del narcotraffico, per l’imputazione del presofferto, e dell’associazione a delinquere “semplice”, ai fini della pena complessiva inflitta in sentenza.
In tal modo si sarebbe anche determinato un ingiustificato aumento della pena complessiva.
Il difensore di NOME COGNOME ha depositato una memoria.
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Con sentenza del 24 marzo 2020, irrevocabile il 6 aprile 2020, la Corte di appello di Ancona ha respinto la richiesta di consegna di NOME COGNOME avanzata dall’Autorità francese in esecuzione di Mandato di Arresto Europeo del 26 novembre 2019 della Corte di appello di Chambery sulla base della sentenza emessa dalla medesima Autorità il 6 novembre 2019, definitiva il 12 novembre 2019.
Ha, per quanto rileva in questa sede, disposto il riconoscimento della predetta sentenza straniera e la sua esecuzione secondo il diritto interno, assumendo quale presupposto l’esistenza di una sentenza emessa all’esito del contraddittorio e la doppia punibilità, nel senso della «piena corrispondenza dello schema normativo straniero a quello nazionale».
Ha, pertanto, affermato l’astratta riconducibilità delle ipotesi delittuose per le quali è intervenuta condanna ai delitti di cui agli artt. 74 d.P.R. 9 ottobr 1990, n. 309 e 648-bis cod. pen.
A fronte della qualificazione operata dalla predetta sentenza definitiva, sulla scorta di una interpretazione del provvedimento francese oggetto di riconoscimento, il giudice dell’esecuzione non avrebbe potuto modificarla o integrarla.
Tale operazione non è consentita neppure ai fini della esatta individuazione della fattispecie di reato in esecuzione ai fini della determinazione del presofferto e della sospensione dell’ordine di esecuzione.
In fattispecie diversa da quella in esame, ma con affermazione comunque idonea ad evidenziare i limitati poteri che spettano al giudice dell’esecuzione in relazione alle statuizioni coperte da giudicato, questa Corte ha deciso che «l’imputazione per cui sia intervenuta sentenza penale straniera di condanna, riconosciuta in Italia, non può essere integrata dal giudice dell’esecuzione, neanche “sub specie” di interpretazione del giudicato attraverso il postumo riconoscimento di una circostanza aggravante (ostativa, nella specie, all’applicazione dell’indulto elargito con L. 31 luglio 2006 n. 241)» (Sez. 1, n. 41597 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245061).
Sebbene debba convenirsi con l’orientamento più volte espresso da questa stessa Sezione secondo cui «in tema di esecuzione della pena e delle misure di sicurezza reali, il giudice è tenuto ad interpretare il giudicato e a renderne esplicito il contenuto ed i limiti ricavando dalla decisione irrevocabile tutti g elementi, anche non chiaramente espressi, che siano necessari ai fini dell’accoglimento o meno dell’istanza» (Sez. 1, n. 16039 del 02/02/2016, COGNOME, Rv. 266624; Sez. 1, n. 14984 del 13/03/2019, COGNOME, Rv. 275063), deve, tuttavia, escludersi che il giudice dell’esecuzione, a fronte di un titolo esecutivo costituito da una sentenza di riconoscimento di un provvedimento emesso da Autorità straniera che abbia espressamente qualificato i reati, possa modificarne la statuizione.
Nel caso di specie, peraltro, al giudice dell’esecuzione, coerentemente con i poteri ad esso spettanti, era stato chiesto non già di operare la ridetta qualificazione, bensì di individuare esattamente il trattamento sanzionatorio comminato per ciascun reato a fini esecutivi.
Ulteriormente, deve osservarsi il vizio di manifesta illogicità dell’ordinanza impugnata che, ferma restando la qualificazione di uno dei reati per i quali è intervenuta condanna ai sensi dlel’art. 648-bis cod. pen., ha inspiegabilmente scisso l’altra fattispecie nei due diversi delitti di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 1990, ai fini del presofferto, e dell’art. 416 cod. pen. ai fini della «pena inflitta» (penultimo paragrafo della motivazione, pag. 4 dell’ordinanza impugnata).
In sede di rinvio, dovrà, pertanto, essere applicato il principio di diritt secondo cui, in tema di riconoscimento della sentenza straniera, il GLYPH udice
dell’esecuzione, fermi restando i poteri di interpretazione ad esso spettanti relativamente al titolo esecutivo, non può integrarne o modificarne il contenuto mediante un’interpretazione postuma del giudicato.
Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto e l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di appello di Ancona.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Ancona.
Così deciso il 26/10/2023