Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 232 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 232 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TERLIZZI il 27/09/1979
avverso la sentenza del 15/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge in relazione alla mancata declaratoria di estinzione del reato di cui all’art. 372 cod. pen. ascritto all’odierno ricorrente per intervenuta prescrizione nelle more del giudizio di rinvio, è manifestamente infondato essendo assolutamente corretta, in diritto, la motivazione offerta sul punto dalla Corte territoriale, che h fatto corretta applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 2, n. 4109 del 12/01/2016, Rv. 265792 – 01, secondo cui l’annullamento con rinvio disposto dalla Corte di Cassazione ai soli fini della rideterminazione della pena comporta la definitività dell’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato, sicché la formazione del giudicato progressivo impedisce in sede di giudizio di rinvio, di dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale);
ritenuto che, in ogni caso – contrariamente a quanto dedotto nel ricorso – i giudici di appello, confermando quanto affermato nella sentenza di rinvio della Corte di cassazione, hanno correttamente evidenziato che, tenuto conto della contestata recidiva, non poteva comunque ritenersi ancora spirato il termine di prescrizione del reato, dovendosi infatti evidenziare, da un lato, come la recidiva reiterata ed infraquinquennale applicata nei confronti dell’odierno ricorrente incide sul calcolo del tempo necessario a prescrivere, ai sensi dell’art. 157, secondo comma, cod. pen., quale circostanza aggravante ad effetto speciale, che sul termine di cui all’art. 161, comma 2, cod. pen. (cfr., tra le altre, Sez. 2, n. 57755 del 12/10/2018, COGNOME, Rv. 274721; Sez. 2, n. 13463 del 18/02/2016, COGNOME, Rv. 266532); e dall’altro, che della recidiva occorre tener conto, ai fini della prescrizione del reato, anche qualora la stessa venga dal giudice considerata equivalente o subvalente nel giudizio di comparazione (cfr., sul punto, anche S.U., n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275319);
osservato che il secondo motivo di ricorso, con cui la difesa lamenta di fatto l’eccessività della pena irrogata nei confronti dell’odierno ricorrente, è formulato in termini non consentiti, oltre che manifestamente infondato, poiché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, la graduazione del trattamento sanzionatorio (anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e a titolo di continuazione, oltre che per fissare la pena base) rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia
frutto di arbitrio o di ragionamento illogico soprattutto quando la pena (come nel caso de quo) si attesti nella misura del minimo edittale o in misura non troppo distante da esso;
ritenuto che, dunque, nel caso di specie, l’onere argomentativo della Corte territoriale, in relazione alla rideterminazione della pena in sede di rinvio, è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo e del tutto esaustivo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (cfr., in particolare pag. 5 della senten impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2024.