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Giudicato progressivo: stop alla prescrizione nel rinvio

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale: il formarsi del giudicato progressivo sulla colpevolezza dell’imputato impedisce la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione durante il giudizio di rinvio, se l’annullamento riguarda solo la determinazione della pena. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando che l’accertamento del reato era già definitivo.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Giudicato progressivo: quando la prescrizione si ferma

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di procedura penale: il concetto di giudicato progressivo. Questa decisione chiarisce che, se la Cassazione annulla una sentenza di condanna limitatamente alla quantificazione della pena, l’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato diventano definitivi. Di conseguenza, il reato non può più estinguersi per prescrizione nella successiva fase del giudizio, nota come “giudizio di rinvio”.

Il caso in esame

Un imputato, condannato per il reato di cui all’art. 372 del codice penale, ha presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello emessa in sede di rinvio. La Corte d’Appello era stata chiamata a rideterminare la pena dopo un precedente annullamento parziale da parte della stessa Cassazione.
L’imputato ha sollevato due principali motivi di ricorso:
1. La violazione di legge per la mancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, che a suo dire sarebbe maturata nelle more del giudizio di rinvio.
2. L’eccessività della pena irrogata dalla Corte d’Appello.

Il ruolo del giudicato progressivo nel bloccare la prescrizione

La Corte di Cassazione ha respinto il primo motivo, definendolo “manifestamente infondato”. I giudici hanno spiegato che l’annullamento con rinvio disposto ai soli fini di ricalcolare la pena comporta la definitività di tutti gli altri punti della sentenza, inclusi l’accertamento del fatto-reato e la responsabilità penale dell’imputato. Si forma, appunto, un giudicato progressivo (o parziale).

Questo significa che la parte della sentenza relativa alla colpevolezza non è più discutibile. Poiché la prescrizione è una causa di estinzione del reato, essa non può più operare una volta che la responsabilità penale è stata accertata in via definitiva. Il giudizio di rinvio, in questo scenario, ha un ambito limitato alla sola pena e non può riaprire questioni ormai decise.

L’impatto della recidiva sul calcolo della prescrizione

La Corte ha aggiunto un’ulteriore argomentazione, sottolineando che, anche a voler prescindere dal principio del giudicato, la prescrizione non sarebbe comunque maturata. Nel caso specifico, all’imputato era stata contestata una recidiva reiterata e infraquinquennale. Questa forma di recidiva è considerata una circostanza aggravante a effetto speciale che, ai sensi dell’art. 157, comma 2, c.p., incide sui termini di prescrizione, allungandoli.

Richiamando un importante pronunciamento delle Sezioni Unite (sent. n. 20808/2019), la Corte ha ribadito che la recidiva deve essere considerata nel calcolo della prescrizione anche quando il giudice, nel bilanciamento con le attenuanti, la considera equivalente o subvalente. La sua natura di circostanza aggravante rilevante ai fini della prescrizione non viene meno.

La discrezionalità del giudice nella determinazione della pena

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo all’eccessività della pena, è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha ricordato che la graduazione della sanzione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale la esercita sulla base dei criteri stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale.

Un controllo di legittimità sulla misura della pena è possibile solo se la decisione del giudice di merito è frutto di arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, eventualità esclusa nel caso di specie, dato che la pena era stata fissata in una misura vicina al minimo edittale.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri consolidati della giurisprudenza. Il primo è il principio del giudicato progressivo, che garantisce la stabilità delle decisioni giudiziarie, impedendo che questioni già definite possano essere rimesse in discussione all’infinito. Quando l’annullamento è parziale e riguarda solo la pena, la colpevolezza è ‘cristallizzata’ e non più soggetta all’effetto estintivo della prescrizione. Il secondo pilastro riguarda l’autonomia della recidiva ai fini del calcolo della prescrizione rispetto al suo ruolo nel bilanciamento con le attenuanti per la determinazione della pena. La Corte ha ritenuto che il giudice di merito abbia correttamente applicato questi principi, rendendo il ricorso inammissibile.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza la certezza del diritto, chiarendo che il giudizio di rinvio per la sola rideterminazione della pena non riapre i termini per la prescrizione. La decisione sottolinea inoltre l’importanza della recidiva nel calcolo dei tempi di estinzione del reato, un fattore che non può essere ignorato neppure in presenza di un giudizio di bilanciamento favorevole all’imputato.

Se la Cassazione annulla una sentenza solo per ricalcolare la pena, il reato può prescriversi nel frattempo?
No. Secondo la Corte, l’annullamento parziale limitato alla pena rende definitiva la parte della sentenza che accerta il reato e la colpevolezza (giudicato progressivo). Di conseguenza, la prescrizione non può più operare.

La recidiva va considerata nel calcolo della prescrizione anche se il giudice la ritiene equivalente alle attenuanti?
Sì. La Corte ha ribadito che, ai fini del calcolo del tempo necessario a prescrivere, si deve tenere conto della recidiva qualificata anche qualora essa venga considerata equivalente o subvalente alle circostanze attenuanti nel giudizio di comparazione.

È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa dal giudice di merito?
No, a meno che la decisione non sia palesemente arbitraria o illogica. La determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è adeguata e coerente, come nel caso in cui la pena si attesti vicino al minimo previsto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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