Giudicato progressivo: Quando una condanna diventa intoccabile
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul principio del giudicato progressivo e sui suoi effetti nel processo penale, in particolare riguardo alla prescrizione. Questo concetto, apparentemente tecnico, ha conseguenze pratiche significative, poiché determina quali parti di una sentenza diventano definitive e non più contestabili, anche se il processo continua per altri aspetti. Analizziamo come la Corte abbia applicato tale principio per dichiarare un ricorso inammissibile.
Il percorso processuale
Il caso nasce da un ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello, pronunciata in sede di rinvio. In precedenza, la Cassazione aveva annullato una prima sentenza d’appello, ma solo parzialmente. L’annullamento riguardava esclusivamente la rideterminazione della pena per alcuni reati, dopo aver dichiarato la prescrizione per un singolo episodio delittuoso.
La Corte d’Appello, nel giudizio di rinvio, si era attenuta a queste indicazioni: aveva dichiarato prescritti alcuni reati e aveva ricalcolato la pena per i reati residui, condannando l’imputata a otto mesi di reclusione. L’imputata ha nuovamente proposto ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. La mancata dichiarazione di prescrizione anche per un altro capo d’imputazione.
2. Una critica generica alla quantificazione della pena.
La decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi. La decisione si fonda su una rigorosa applicazione delle regole procedurali, in particolare sul concetto di giudicato progressivo.
Le motivazioni: il principio del giudicato progressivo
Il cuore della decisione risiede nella spiegazione del perché il primo motivo fosse infondato. La Corte chiarisce che la precedente sentenza di Cassazione, annullando con rinvio, aveva limitato l’oggetto del nuovo giudizio d’appello solo ed esclusivamente alla rideterminazione della pena. La condanna per il reato di cui l’imputata chiedeva la prescrizione non era stata oggetto di annullamento. Di conseguenza, su quel punto la sentenza era diventata definitiva.
Questo fenomeno è noto come giudicato progressivo: quando un’impugnazione non contesta tutti i capi di una sentenza, le parti non impugnate passano in giudicato, diventando irrevocabili. Nel caso di specie, poiché il primo ricorso in Cassazione non aveva messo in discussione la responsabilità per il reato in questione (capo a), la condanna era diventata definitiva. Pertanto, il giudice del rinvio non aveva il potere di dichiararne la prescrizione, essendo il suo compito limitato a quanto stabilito dalla Cassazione.
Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla determinazione della pena, la Corte lo ha ritenuto inammissibile perché generico e volto a ottenere una nuova valutazione di merito, non consentita in sede di legittimità. I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione specifica e adeguata, basata sui precedenti dell’imputata e sul contesto in cui i reati erano stati commessi.
Le conclusioni: implicazioni pratiche
L’ordinanza conferma un principio fondamentale del diritto processuale penale: le impugnazioni devono essere formulate in modo specifico e completo. Se una parte della sentenza non viene contestata, essa si cristallizza e non può più essere messa in discussione nelle fasi successive del processo. Questa decisione serve da monito sull’importanza di definire con precisione l’oggetto del ricorso, poiché una scelta strategica errata può precludere la possibilità di far valere in futuro motivi potenzialmente fondati, come la prescrizione. Il giudicato progressivo agisce come un meccanismo di stabilizzazione del processo, garantendo certezza giuridica sulle questioni già decise e non contestate.
È possibile dichiarare la prescrizione di un reato in sede di rinvio se la precedente sentenza della Cassazione non riguardava quel reato?
No. Se la precedente sentenza della Cassazione ha annullato la decisione di secondo grado solo su specifici punti (ad esempio, il trattamento sanzionatorio per altri reati), la condanna per i reati non oggetto dell’annullamento passa in giudicato. Di conseguenza, il giudice del rinvio non può dichiararne l’estinzione per prescrizione.
Cosa si intende per ‘giudicato progressivo’ in un processo penale?
È il principio secondo cui, quando una sentenza viene impugnata solo parzialmente, le parti della decisione che non sono state oggetto di impugnazione diventano definitive e irrevocabili. Il processo continua solo per le parti che sono state effettivamente contestate e annullate dalla corte superiore.
Perché la Cassazione ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso relativo alla determinazione della pena?
La Cassazione ha ritenuto il motivo inammissibile perché era formulato in termini generici e chiedeva una rivalutazione del merito della decisione, attività non consentita in sede di legittimità. La Corte può solo verificare se la motivazione del giudice precedente è logica e conforme alla legge, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23302 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23302 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/11/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritenuto che, con l’impugnata sentenza, la Corte d’Appello dì Bologna, decidendo in sede di rinvio dalla Cassazione, ha, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione in ordine ai reati di cui agli artt. 48, 479 cod. pen. commessi prima del 13/02/2017 (capo b), ed ha conseguentemente rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME, in relazione al reato di cui all’art. 76 D.P.R. n. 445 del 2000 (capo a) ed ai residui reati di cui al capo b), in mesi 8 di reclusione.
Considerato che il primo motivo proposto (violazione di legge in ragione della mancata dichiarazione di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato di cui al capo a) di imputazione) devolve doglianza manifestamente infondata.
Considerato, infatti, che la sentenza rescindente, sez. 5 n. 9645 del 05/12/2022 – í cui motivi dì ricorso, decrittì alle pagg. 2 della pronuncia, attenevano al solo capo b) dell’imputazione -, ha, previa declaratoria di intervenuta prescrizione in ordine ad un episodio contestato sub capo b), annullato con rinvio la pronuncia di secondo grado, limitatamente al trattamento sanzionatorio per la sua rideterminazione, con la conseguenza che la formazione del giudicato progressivo impedisce, in sede di giudizio di rinvio, di dichiarare l’estinzione del reato di cui al capo a) per intervenuta prescrizione (Sez. U, n. 4904 del 26/03/1997, Attinà, Rv. 207640 – 01).
Considerato che il secondo motivo, con cui si contesta violazione di legge in relazione all’art. 133 cod. pen., è inammissibile, perché con esso vengono formulati in termini del tutto generici rilievi sul merito del trattamento sanzionatorio, non scrutinabili in sede di legittimità, a fronte di una motivazione specifica ed esaustiva sul punto formulata dai Giudici di merito (con riferimento ai precedenti dell’imputata ed alla commissione del fatto nell’ambito dell’attività commerciale gestita dalla NOME), in conformità alla previsione dell’art. 133 cod. pen.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23/05/2024