Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25768 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25768 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Procuratore generale di Bari nel procedimento nei confronti di 1. COGNOME NOMECOGNOME nato a Foggia il 05/10/1976
avverso il decreto del 31/01/2025 della Corte di appello di Bari visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 25/01/2017 il Tribunale di Foggia disponeva il sequestro e la confisca del bene immobile sito in Foggia INDIRIZZO intestato a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in quanto ritenuto nella effettiva disponibilità di NOME COGNOME.
Il provvedimento veniva confermato dalla Corte di appello e, poi, annullato con sentenza n. 344 del 15/04/2020 della sesta Sezione della Corte di Cassazione,
che rilevava come non fosse stato esplorato il tema della correlazione temporale tra la manifestazione di pericolosità e l’acquisto del bene né adeguatamente motivata la sussistenza della pericolosità generica ex art. 1, lett. b), d. Igs. n. 159 del 2011.
La Corte di appello di Bari, in sede di rinvio, pur avendo riconosciuto la sussistenza della pericolosità generica di NOME COGNOME nell’arco temporale dal 2007 al 2014, periodo in cui era stabilmente dedito ad attività delittuose quali furti, ricettazioni e usure, nonché la sproporzione tra i redditi prodotti e gli acquisti effettuati e la correlazione temporale tra l’acquisto dell’immobile e la manifestazione della pericolosità, ha disposto la revoca della confisca e la restituzione dell’immobile agli aventi diritto, in quanto il bene era totalmente abusivo, insanabile, non servito da opere di urbanizzazione, tanto da avere un valore sostanzialmente nullo.
Tale decreto è stato nuovamente annullato dalla seconda Sezione di questa Corte con sentenza n. 39757 del 17/09/2024, con cui è stata rilevata l’irragionevolezza delle conclusioni del decreto rispetto alla motivazione dello stesso.
La Corte di appello di Bari, in sede di rinvio, ha revocato il decreto che disponeva la confisca del bene.
Avverso tale decreto ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore generale di Bari deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. travisamento della prova e del fatto, difetto di motivazione in quanto sul punto non oggetto di annullamento si sarebbe formato il giudicato interno, con la conseguenza che era estranea al perimetro del giudizio di rinvio la valutazione tanto della pericolosità generica, quanto della sproporzione tra redditi e acquisti, quanto, infine, della correlazione temporale tra il manifestarsi della pericolosità e l’acquisto del bene.
La motivazione sarebbe, inoltre, apparente in quanto la Corte avrebbe omesso di confrontarsi con le argomentazioni del precedente decreto in relazione alle medesime questioni, giungendo, immotivatamente, a diverse e opposte conclusioni.
2.2. Violazione di legge in relazione all’art. 627 cod. proc. pen., avendo la Corte ritenuto di dover riesaminare le questioni relative alla pericolosità sociale e alla correlazione temporale tra la manifestazione di pericolosità e l’acquisizione del bene sulla base di una errata interpretazione della sentenza rescindente.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono manifestamente infondati.
Il giudicato progressivo trova il proprio fondamento nell’art. 624, comma 1, cod. proc. pen. che stabilisce che «se l’annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata».
L’elaborazione giurisprudenziale in tema di giudicato progressivo ha ricompreso nella nozione di “parte” della sentenza che, se non legata da una connessione essenziale con la parte annullata, consente l’attribuzione dell’autorità di cosa giudicata, sia i capi della decisione sia i punti che ad essi afferiscono (Sez. U, n. 6019 del 11/05/1993, COGNOME, Rv. 193418 – 21; Sez. U, n. 3423 del 29/10/2020, COGNOME, Rv. 280261).
Nella prospettazione del ricorrente si sarebbe formato il giudicato progressivo sulla pericolosità sociale del proposto, sulla correlazione temporale tra la manifestazione di detta pericolosità e l’acquisizione del bene, sulla sproporzione tra redditi e acquisti.
Tale tesi non trova riscontro nelle emergenze processuali, in quanto nella seconda sentenza rescindente della Corte di Cassazione (n. 39757 del 17/09/2024)11 perimetro del giudizio di rinvio è stato delimitato in modo molto più ampio, poiché, secondo la. Corte, il decreto impugnato era motivato in modo meramente apparente per cui è stato «annullato nella sua interezza, con rinvio per nuovo giudizio dell’intera subiecta materia, alla Corte d’appello di Bari, in nuova composizione” (Considerato in diritto, punto n. 3).
La Corte di appello ha, quindi, correttamente ritenuto che il decreto impugnato fosse stato annullato in toto «con conseguente logica inconfigurabilità di qualsivoglia preclusione di sorta» (pag. 15 decreto impugnato).
Oggetto del giudizio di rinvio è stata, quindi, la sussistenza della pericolosità generica di cui all’art. 1, lett. b), del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 che concerne la posizione di «coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose».
Le “categorie di delitto” legittimanti l’applicazione di una misura di prevenzione fondata sulla norma appena riportata devono presentare il triplice requisito per cui deve trattarsi di delitti commessi abitualmente, ossia in un
significativo arco temporale, che abbiano effettivamente generato profitti in capo al proposto e che costituiscano, o abbiano costituito in una determinata epoca,
l’unica, o quantomeno una rilevante, fonte di reddito per il medesimo (Sez. 2, n.
27263 del 16/04/2019, COGNOME, Rv. 275827).
Ciò premesso, nel decreto impugnato si rileva che sono venuti meno i principali elementi valorizzati nel decreto annullato a sostegno della pericolosità
generica, ossia la pendenza di una serie di procedimenti penali, in quanto quelli per ricettazione e furto sono stati conclusi con tre sentenze di assoluzione,
divenute irrevocabili.
Di conseguenza, il proposto risulta gravato da un unico precedente per un furto commesso nel 2007 e ha un unico carico pendente per il reato di usura,
commesso dal 2014 in poi. Quanto alle frequentazioni di pregiudicati, anch’esse valorizzate nel decreto poi annullato, la Corte ha rilevato che sono assai risalenti.
Pertanto, secondo il decreto impugnato, difettano nel caso di specie tanto l’abitualità criminosa, quanto l’idoneità dei delitti commessi di creare un effettivo
profitto, quanto la correlazione temporale tra il reato e il possesso dell’immobile
(che risale agli anni 2007/2008).
Tale motivazione, connotata da lineare e coerente logicità e da esauriente disamina dei dati processuali, rende il relativo giudizio di merito non censurabile in questa sede.
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 23/05/2025.