Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23674 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23674 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NOVARA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/02/2024 del TRIB. LIBERTA’ di NOVARA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il difensore AVV_NOTAIO, sostituto processuale dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO del foro di NOVARA, che ha chiesto accogliersi il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 febbraio 2025 il Tribunale di Novara, investito ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso il 22 gennaio 2024 dal Giudice per l’Udienza preliminare del medesimo Tribunale e ha respinto la richiesta di restituzione dei beni in sequestro avanzata nell’interesse di NOME COGNOME.
Per miglior comprensione della vicenda e dei motivi di ricorso occorre chiarire che, con ordinanza in data 29 maggio 2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Novara dispose nei confronti dell’odierno ricorrente la custodia cautelare in carcere (poi sostituita dagli arresti domiciliari) per la ritenuta sussistenza di gravi indizi del reato di cui agli artt. 81, comma 2, e 648 ter cod. pen. e di più violazioni degli artt. 81, comma 2, 110 cod. pen. 73, commi 1 e 4, e 80, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309. Con la medesima ordinanza, accogliendo la richiesta avanzata dal Pubblico ministero, fu disposto il sequestro preventivo a fini di confisca:
dell’autovettura targata TARGA_VEICOLO, in uso a COGNOME e intestata alla moglie di lui, NOME COGNOME (coindagata nel procedimento);
di due carte prepagate Postepay intestate a COGNOME;
di un conto corrente postale, un deposito di risparmio, una carta prepagata Postepay e più buoni postali, intestati alla COGNOME.
di eventuali somme di denaro «disponibili in forma liquida presso il domicilio dei medesimi o in altro luogo agli stessi riconducibile, ove vi sia prova certa dell’appartenenza del denaro agli indagati».
In caso di «incapienza», il G.i.p. dispose il sequestro «per equivalente» di: «beni immobili, beni mobili registrati e quote societarie eventualmente nella disponibilità degli indagati»; «altri beni patrimoniali in capo agli stessi».
Il sequestro preventivo fu eseguito il 30 maggio 2023 e furono sottoposti a vincolo cautelare:
una abitazione sita a INDIRIZZO della quale la COGNOME è nuda proprietaria /essendo titolare del diritto di usufrutto la madre NOME COGNOME;
l’autovettura targata TARGA_VEICOLO;
tre orologi Rolex e un orologio Cartier.
Il procedimento a carico di NOME COGNOME e NOME COGNOME si è chiuso in primo grado con sentenza di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen 7 pronunciata l’8 gennaio 2024 dal Giudice per l’Udienza preliminare del Tribunale di Novara. La pena applicata a NOME COGNOME si riferisce – oltre che a una
violazione della legge sulle armi (che non rileva in questa sede) – anche a violazioni degli artt. 81, comma 2, 648 ter, comma 1, cod. pen. e della legge in materia di stupefacenti commesse tra l’ottobre 2022 e il febbraio 2023. La pena applicata ad NOME COGNOME si riferisce al reato di cui agli artt. 81, comma 2, e 648 bis cod. pen. commesso tra l’ottobre 2022 e il febbraio 2023. Con la sentenza, il Giudice ha disposto «la restituzione agli aventi diritto degli orologi, dell autovetture, dei cellulari, nonché degli immobili in sequestro» e ha ordinato «la confisca e la devoluzione all’Erario del denaro in sequestro».
Il Tribunale per il riesame riferisce che la sentenza di applicazione della pena non è stata impugnata dal Pubblico Ministero quanto alle statuizioni relative alla restituzione dei beni in sequestro, ma è stata impugnata dalla difesa che, in data 23 gennaio 2024, ha proposto ricorso per Cassazione idolendosi che il denaro in sequestro sia stato ritenuto riconducibile ad attività di spaccio e sia stato perciò confiscato ai sensi dell’art. 240 cod. pen.
Il 17 gennaio 2024 la Procura delta Repubblica presso il Tribunale di Novara ha chiesto al Giudice che aveva pronunciato la sentenza di applicazione della pena di disporre nei confronti di NOME COGNOME il sequestro preventivo – finalizzato alla confisca “per sproporzione” ai sensi dell’art. 240 bis cod. pen. – dei medesimi beni che erano stati sottoposti al sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o per equivalente, beni che, con la sentenza dell’8 gennaio 2024, erano stati restituiti agli aventi diritto. Il sequestro preventivo richiesto è stato dispos il 22 gennaio 2024. È stata ritenuta la sproporzione tra i redditi percepiti da COGNOME (che risulta disoccupato), i movimenti economici registrati sulle carte prepagate e sui conti intestati allo stesso COGNOME o alla COGNOME e l’acquisto dell’auto e dell’immobile (avvenuti rispettivamente il 26 febbraio 2022 e il 15 maggio 2023 ad opera della COGNOME).
Il difensore di COGNOME ha impugnato il decreto di sequestro preventivo di fronte al Tribunale distrettuale ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen. sia per ragioni di merito, sia per ragioni processuali. Nel merito, ha sostenuto: che sotto il profilo temporale non v’è collegamento tra l’acquisto dei beni e i reati per cui si procede; che in giudizio è stata fornita prova della legittima provenienza di quei beni; che si tratta di beni non intestati a COGNOME, bensì alla moglie NOME COGNOME. Sotto il profilo processuale, ha sostenuto: che il G.u.p. non era competente a disporre il sequestro avendo già disposto la restituzione dei beni con sentenza non impugnata dal Pubblico ministero (e divenuta definitiva quanto alla restituzione); che gli elementi addotti a sostegno della ritenuta sproporzione non presentavano carattere di novità rispetto a quelli sulla base dei quali era stato disposto il primo sequestro preventivo.
Il decreto di sequestro preventivo del 22 gennaio 2024 è stato confermato dal Tribunale di Novara con l’ordinanza oggetto del presente ricorso.
Col primo motivo, la difesa del ricorrente lamenta violazione di norme penali e processuali e vizi di motivazione. Secondo la difesa, se è vero che l’esigenza di disporre il sequestro preventivo in vista di una futura confisca può verificarsi in ogni fase e grado del procedimento e la confisca può essere disposta anche in fase esecutiva, è pur vero che questo non può avvenire quando un sequestro preventivo sia stato disposto e, all’esito del giudizio di cognizione, i beni in sequestro siano stati restituiti agli aventi diritto. In tal caso, infatti, il ri previsto dall’ordinamento è l’impugnazione. Il Pubblico Ministero, invece, non ha impugnato la sentenza con la quale è stata disposta la restituzione (che, pertanto, è divenuta definitiva), ma ha avanzato una nuova istanza di sequestro. Secondo la difesa, col decreto del 25 gennaio 2024, confermato dal Tribunale, sarebbe stato violato l’art. 649 cod. proc. pen. A differenza di quanto ritenuto dall’ordinanza impugnata, infatti, non opera in questo caso la distinzione tra dedotto e deducibile cui la giurisprudenza fa riferimento in caso di giudicato cautelare. Il giudicato di cui si tratta – osserva il difensore – non attiene alla fase cautelare, ma alla decisione adottata con la sentenza – definitiva per questa parte – che ha restituito agli aventi diritto, senza confiscarli, l’immobile, la macchina e gli orologi oggetto del sequestro preventivo del 29 maggio 2023.
3.1. Il secondo motivo costituisce sviluppo del primo: la difesa sottolinea che il GRAGIONE_SOCIALEp. non ha disposto la restituzione di tutti i beni in sequestro, ma ha motivatamente distinto tra i beni da confiscare e quelli da restituire, espressamente affermando che la confisca era possibile solo con riferimento al denaro.
3.2. Col terzo motivo, la difesa deduce inosservanza di norme processuali e vizio della motivazione per essere stata dichiarata inammissibile, per carenza di interesse, la doglianza relativa all’appartenenza a terzi dell’immobile e dell’autovettura. Rileva che l’art. 309 cod. proc. pen. attribuisce espressamente all’imputato tale diritto a prescindere dal fatto che, in caso di annullamento, la restituzione debba essere disposta in suo favore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è fondato e assorbente.
Con sentenza in data 8 gennaio 2024 il Giudice per l’Udienza preliminare del Tribunale di Novara ha applicato a Paqualino COGNOME la pena di anni cinque di
reclusione ed C 26.000 di multa per continuate violazioni degli artt. 648 ter cod. pen. e 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/90. Ai sensi degli artt. 240 bis cod. pen. e 85 bis d.P.R. n. 309/90, all’applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. per questi reati, consegue la confisca «del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo, in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica».
Il sequestro preventivo oggetto del presente ricorso è stato disposto in data 22 gennaio 2024, sull’assunto che vi fosse sproporzione tra i redditi di NOME e il valore dei beni sequestrati. Questi beni, però, erano già stati sottoposti a sequestro preventivo nel corso del procedimento e con la sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. ne era stata disposta la restituzione agli aventi diritto.
Nel disporre la restituzione, il Giudice che ha pronunciato la sentenza di patteggiamento ha ritenuto che la confisca del denaro potesse essere disposta ai sensi dell’art. 240 cod. pen., «essendo evidente dagli atti di indagine che trattasi di illecito provento della copiosa attività di spaccio posta in essere dagli imputati, non essendo stati allegati elementi tali da far ritenere che il denaro in sequestro fosse di derivazione lecita» (pag. 28 della sentenza). Ha ritenuto invece che gli altri beni sottoposti a sequestro preventivo dovessero essere restituiti agli aventi diritto «ai sensi dell’art. 262 cod. proc. pen. essendo venuti meno i presupposti di legge». La sentenza contenente questa statuizione non è stata impugnata dal pubblico ministero e, pertanto, è divenuta definitiva.
L’ordinanza impugnata sostiene che il passaggio in giudicato della decisione relativa alla confisca “diretta” o “per equivalente” non impediva al Tribunale di adottare un nuovo provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca “allargata” o “per sproporzione” di cui all’art. 240 bis cod. pen.
Osserva che il sequestro preventivo revocato dalla sentenza di applicazione della pena era stato disposto ai sensi dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. al fine di impedire che «la libera disponibilità dei cespiti potesse indurre gli indagati alla commissione di ulteriori delitti analoghi, incluso il reimpiego e l’autoriciclaggio» e, ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. pen., al fine di procedere alla confisca diretta e per equivalente del profitto del reato. Sottolinea che il sequestro disposto il 22 gennaio 2024 ha tutt’altra motivazione perché ha lo scopo di consentire la confisca ai sensi degli artt. 240 bis cod. pen. e 85 bis d.P.R. n. 309/90 e si fonda sulla constatazione che COGNOME (cui è stata applicata una pena ex art. 444 cod. proc. pen. per violazione degli artt. 648 ter cod. pen. e 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/90) risulta avere la disponibilità – direttamente o «per
interposta persona» (nella specie, la moglie e la suocera) – di beni il cui valore è «sproporzionato» al suo reddito dei quali non può giustificare la provenienza.
Col ricorso che ha introdotto il presente giudizio di legittimità la difesa non ha contestato la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 240 bis cod. pen. Ha sostenuto, invece, che il sequestro finalizzato alla confisca per sproporzione non poteva essere disposto perché, nel corso delle indagini, era già stato emesso un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca e, con la sentenza di applicazione della pena dell’8 gennaio 2024, il denaro oggetto del sequestro preventivo è stato confiscato, ma sono stati restituiti agli aventi diritto altri beni. Secondo la difesa, poiché non sono stati confiscati, quei beni non possono più esserlo e non trova applicazione l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la confisca allargata può essere disposta, su richiesta del pubblico ministero, anche dopo la pronuncia della sentenza, da parte del giudice dell’esecuzione. Questa competenza esiste, infatti, se la sentenza non ha provveduto, ma non quando, come nel caso di specie, un provvedimento sia stato adottato e sia stata disposta la restituzione dei beni senza che tale statuizione sia stata impugnata.
3. I giudici di merito hanno ritenuto che la restituzione dei beni, ancorché disposta con una sentenza che il Pubblico Ministero non ha impugnato, non precludesse l’adozione di un nuovo provvedimento cautelare perché questo provvedimento non era finalizzato alla confisca ai sensi degli artt. 240 o 648 quater cod. pen., bensì finalizzato alla confisca ai sensi dell’art. 240 bis cod. pen. Hanno ritenuto, dunque, che la decisione di restituire i beni e non procedere alla confisca non comportasse un giudicato ex art. 649 cod. proc. pen. Il giudicato riguarderebbe, infatti, la possibilità di considerare i beni in sequestro come prodotto o profitto del reato (e assoggettarli a confisca diretta) oppure la possibilità di ritenere che il valore dei beni sequestrati sia equivalente al profitto del reato di cui all’art. 648 ter cod. pen., ma non riguarderebbe l’ipotizzata sproporzione tra i redditi di NOME e il valore di beni dei quali egli aveva la disponibilità.
A sostegno di tali conclusioni il Tribunale ha fatto riferimento all’orientamento giurisprudenziale che consente al giudice dell’esecuzione di procedere alla confisca quando si tratta di confisca obbligatoria. Nel caso di specie, si è ritenuto che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca “per sproporzione” fosse stato legittimamente disposto dal Giudice che aveva pronunciato la sentenza di applicazione della pena perché questa sentenza non era ancora passata in giudicato essendo stata impugnata dalla difesa nella parte in cui disponeva la
confisca del denaro in sequestro (Sez. 1, n. 33414 del 10/07/2001, COGNOME, Rv. 219657; Sez. 5, Sentenza n. 11677 del 23/02/2005, COGNOME, Rv. 231202).
Così argomentando, l’ordinanza impugnata non ha fatto buon governo dei principi di diritto che disciplinano la materia. Se è vero infatti che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la confisca obbligatoria (e tale è quella prevista dall’art. 240 bis cod. pen.) può essere disposta anche dal giudice dell’esecuzione e, dopo la pronuncia di primo grado non ancora definitiva, anche dal giudice che procede; è pur vero che ciò è possibile quando sulla questione «non abbia già provveduto il giudice della cognizione, con conseguente preclusione processuale» (Sez. U, n. 29022 del 30/05/2001, Derouach, Rv. 219221; Sez. 1, n. 22752 del 09/03/2007, Billeci, Rv. 236876; Sez. 6, n. 27343 del 20/05/2008, COGNOME, Rv. 240585).
Nel caso in esame il giudice della cognizione ha disposto la restituzione agli aventi diritto dei beni in sequestro e il Pubblico Ministero avrebbe dovuto impugnare questa decisione, ma non lo ha fatto, redendola così definitiva.
L’ordinanza impugnata sostiene che la statuizione restitutoria contenuta nella sentenza di applicazione della pena su richiesta avrebbe determinato solo un giudicato cautelare e sottolinea che questo tipo di giudicato copre soltanto il dedotto e non anche il deducibile, ma l’argomento non ha pregio. Ed invero, la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. ha definito il giudizio di cognizione sicché nel caso in esame non viene in considerazione un giudicato cautelare e si deve valutare se una decisione che, concludendo il giudizio di cognizione, dispone la restituzione all’avente diritto di beni in sequestro preclude l’adozione di un successivo provvedimento cautelare finalizzato ad ottenere l’applicazione, su quegli stessi beni, della misura di sicurezza di cui all’art. 240 bis cod. pen.
Ponendosi in questa prospettiva è doveroso rilevare che la sentenza di applicazione della pena ha avuto ad oggetto i fatti itfo4 imputazione e il relativo trattamento sanzionatorío, ivi compresa l’applicazione delle misure di sicurezza e che, in assenza di impugnazione da parte del Pubblico Ministero, questi fatti e le statuizioni adottate in relazione ad essi non possono essere oggetto di nuovo giudizio.
Per quanto esposto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio. Ne consegue la restituzione agli aventi diritto di quanto in sequestro. I relativi adempimenti sono demandati alla cancelleria ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la restituzione di quanto in sequestro all’avente diritto. Manda alla cancelleria per gli adempimen di cui all’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 8 maggio 2024
Il Consigliere estensore
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Il esidente