Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 16348 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 16348 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FONDI il 16/07/1985
avverso la sentenza del 24/09/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e dell’avv.to NOME COGNOME difensore di COGNOME, che ha chiesto l’annullamento della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 10 ottobre 2022 la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cassino del 12.5.2022 -che, all’esito di rito abbreviato, aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 73, comma 1, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309, e, concesse le circostanze attenuanti generiche e applicata la riduzione per il rito, lo aveva condannato alla pena di anni due, mesi otto di reclusione ed C 12.000,00 di multa- ritenuta l’ipotesi di cui all’art
73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, ha rideterminato la pena in anni due, mesi due e giorni 20 di reclusione ed C 4000,00 di multa.
Con sentenza in data 7/6/2023, la Quarta Sezione della Corte di cassazione, in parziale accoglimento del ricorso dell’imputato, ha annullato la decisione limitatamente al trattamento sanzionatorio rinviando ad altra Sezione della Corte d’appello di Roma.
Con sentenza in data 24/9/2024, la Corte d’appello, pronunciando in sede di rinvio, ha rideterminato la pena in anni uno, mesi uno e giorni dieci di reclusione ed C 1333,00 di multa, determinata muovendo dalla pena base di anni due e mesi sei di reclusione ed C 3000,00 di multa, ridotta per le generiche ad anni uno e mesi otto di reclusione ed C 2000,00 di multa, ulteriormente ridotta per la scelta del rito, con pena sospesa e non menzione.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, che, con unico motivo, denuncia la violazione di legge sostanziale e processuale deducendo che:
con le conclusioni scritte trasmesse in data 11/9/2024 era stato rappresentato he il medesimo fatto era stato oggetto della sentenza di applicazione pena n. 183 adottata dal GIP del Tribunale di Cassino in data 29/5/2023, divenuta irr. il 30/1/2024;
era stato, quindi, eccepita “la violazione del principio del bis in idem”; le conclusioni erano state ignorate dalla Corte territoriale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.
In primo luogo, vengono in rilievo i princìpi, da tempo sedimentati nella giurisprudenza di legittimità in tema di effetti della formazione del giudicato cd. parziale ricavati dall’art. 624 cod. proc. pen. che statuisce l’intrinseca irrevocabili discendente dalle statuizioni del giudice di legittimità che non riguardano i capi e le parti oggetto di annullamento e non sono in connessione essenziale con quelle per le quali è stato disposto il nuovo giudizio: esse divengono, dunque, definitive ed acquistano autorità di cosa giudicata (Sez. U, n. 4904 del 26/03/1997, COGNOME, Rv. 207640 – 01), rimanendo irrilevanti l’assenza, nel dispositivo della sentenza rescindente, del dato meramente formale della declaratoria dell’intervenuto passaggio in giudicato della parte non annullata ( Sez. 1, n. 47344 del 05/12/2024, COGNOME, Rv. 287290 – 01).
In particolare, la sentenza da ultima citata, chiamata a pronunciarsi sulla rilevanza, nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento riguardante esclusivamente aspetti relativi al trattamento sanzionatorio, delle questioni
relative al mutato regime di procedibilità del reato, ne ha statuito l’irrilevanz ritenendo che al pari della prescrizione “anche la causa di improcedibilità sopravvenuta non può spiegare alcuna efficacia a fronte del giudicato parziale, così come – secondo l’autorevole insegnamento del massimo consesso nomofilattico, reso in riferimento ad altra fattispecie, ma sicuramente significativo ai fini che qui rilevano – non può spiegare alcuna efficacia a fronte di un ricorso inammissibile: ed invero, quando il d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, recante disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità in attuazione della delega di cui all’ar 1, commi 16 e 17, legge 23 giugno 2017, n. 103, introdusse la procedibilità a querela di alcuni reati originariamente perseguibili d’ufficio, Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, COGNOME, Rv. 273551 – 01 ebbe a statuire che «In tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effet del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità l’inammissibilità del ricorso esclude che debba darsi alla persona offesa l’avviso previsto dall’art. 12, comma 2, del predetto decreto per l’eventuale esercizio del diritto di querela», rilevando (in armonia con quanto già osservato da Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266818 – 01) che l’improcedibilità non riveste valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilità, no attribuisce al giudice dell’impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione, sicché il mutato regime di procedibilità del reato per il quale la sentenza impugnata ha pronunciato condanna non determina alcuna possibilità di incidere un “giudicato sostanziale” che si è già formato ed i cui effetti retroagiscono al momento del mancato instaurarsi di un valido rapporto processuale”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso di specie, la statuizione sulla responsabilità di COGNOME NOME era divenuta irrevocabile, ai sensi dell’art. 624 cod. proc. pen., benché ciò non avesse formato oggetto di espressa dichiarazione nella sentenza rescindente, essendo stato demandato al giudice del rinvio solo il compito di procedere alla rideternninazione del trattamento sanzionatorio, sicché è priva di effetti la sopravvenuta improcedibilità derivante, nella prospettazione difensiva, dal passaggio in giudicato della sentenza n. 183 del GIP del Tribunale di Cassino.
Il Collegio non ignora che, altra Sezione della Corte, ha di recente espresso valutazioni differenti da quelLtappena enunciate, sostenendo che “l’improcedibilità dell’azione penale per violazione del divieto di “bis in idem” nazionale ed internazionale è rilevabile d’ufficio in qualunque stato e grado del giudizio,
compreso quello di rinvio per la sola determinazione della pena (Sez. 5, n. 15818 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 279202 – 01).
Va, però osservato che la sentenza, nella premessa del considerato in diritto, ha precisato che se l’affermazione della penale responsabilità era ormai intangibile, ostandovi il giudicato interno, era tuttavia ancora sub iudice la decisione in ordine alla punibilità dell’imputato, in quanto il giudice di rinvio e stato chiamato dalla sentenza rescindente non soltanto a determinare il trattamento sanzionatorio, ma, ancor prima, a “decidere motivatamente sull’eventuale applicazione delle attenuanti generiche ed eventualmente a rinnovare il giudizio di bilanciamento tra circostanze, all’esito del quale ben avrebbe potuto nuovamente dichiarare il reato estinto per prescrizione”. Ha, quindi, ritenuto che “nel caso di specie, non è applicabile il principio di diri secondo il quale l’annullamento con rinvio disposto dalla Corte di Cassazione ai soli fini della rideterminazione della pena comporta la definitività dell’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato, sicché la formazione del giudicato progressivo impedisce in sede di giudizio di rinvio di dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale (Sez. 2, n. 4109 del 12/01/2016, COGNOME, Rv. 265792)”.
Il più ampio perimetro della decisione demandata al giudice del rinvio nella sentenza della quinta Sezione, pertanto, costituisce un significato elemento di differenziazione rispetto alla vicenda in esame, in cui alla Corte territoriale er stato rimesso solo il compito di procedere alla rideterminazione della pena da irrogare senza alcuna ulteriore valutazione in ordine alla punibilità dell’imputato.
In ogni caso, anche a voler non condividere il risultato interpretativo cui si è pervenuti, non per questo potrebbe formularsi a un giudizio di ammissibilità del ricorso.
Il verbale dell’udienza del 24/9/2024, la cui disamina è resa possibile dalla norma processuale di cui è stata denunciata la violazione, rivela che l’avv.to COGNOME dinanzi alla Corte d’appello di Roma, allegò alle conclusioni trasmesse in data 11/9/2024 la copia del dispositivo letto all’udienza del 29/5/2023 dal GIP del Tribunale di Cassino nell’ambito del proc. pen. 2240/2020 RGNR e 230/2023 RG Gip, e copia dell’imputazione.
L’allegazione difensiva, secondo cui la sentenza era divenuta irrevocabile, quindi, non trovava riscontro nella documentazione allagata.
Secondo i principi generali, chi eccepisce l’improcedibilità ha l’onere di fornirne dinanzi al giudice di merito la sentenza irrevocabile mentre non ha alcun fondamento la pretesa che sia il giudice, dinanzi al quale l’eccezione sia stata sollevata, di verificarne la fondatezza mediante l’esercizio dei poteri istruttor
riconosciuti dall’ordinamento (Sez. 2, n. 31542 del 30/05/2017, COGNOME, R 270552 – 01; Sez. 1, n. 23181 del 28/04/2004, COGNOME, Rv. 228665 – 01; Sez. n. 29740 del 17/06/2003, Mulino, Rv. 225460 – 01; Sez. 4, n. 1789 de 15/01/1990, Allegro Rv. 183263 – 01).
Va, peraltro, aggiunto che il rigore di tale approdo interpretativo non l certamente l’imputato esposto al rischio di duplicazione sanzionatoria, essendo consentito di far valere la pluralità di titoli di condanna per il medesim davanti al giudice dell’esecuzione chiedendo la revoca delle sentenze che han irrogato la pena più grave, ai sensi dell’art. 669 cod. proc. pen.
Non vi erano, ancora, gli estremi perché la Corte territoriale dovesse dichia l’improcedibilità per la pendenza dell’altro procedimento penale, non essendo st neppure allegato che l’azione penale era stata promessa in epoca success rispetto a quanto avvenuto nel procedimento nel quale era intervenuta la senten prodotta.
Il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sull’imputato comport l’inammissibilità della doglianza difensiva prospettante l’omessa motivazione de Corte territoriale sull’eccezione di improcedibilità. In tema d’impugnazioni, in è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per Cassazione avver sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile “ah origine” per manifesta infondatezza, in quan l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole sede di giudizio di rinvio (Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, COGNOME, Rv. 27 – 01; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019; COGNOME, Rv. 276745 – 01).
Per completezza, va altresì escluso che la preclusione formatasi a seguito giudicato possa essere apprezzata da questa Corte a seguito del ricors valutazione, così da consentire di disporre, ai sensi del combinato disposto artt. 620 comma 1 lett. h) e 621 cod. proc. pen. l’esecuzione della sentenz favorevole all’imputato.
Dato atto che, in ordine alla possibilità di procedere ad acquisizioni documen ai fini della deducibilità dinanzi alla Corte di Cassazione della preclusione der dal giudicato formatosi in relazione al medesimo fatto, sussiste un contr registrandosi un orientamento che la ammette, al fine di evitare un err procedendo (Sez. 6, n. 29188 del 15/05/2024, B. Rv. 286759 – 01; Sez. 2, 5772 del 10/01/2019, Percontra, Rv. 276319 – 01) e sentenze che la negano ritenendo precluso al giudice di legittimità di pervenire ad un accertamen fatto, per cui non sarebbe consentito alla parte di produrre, in tale sede, doc concernenti elementi fattuali, la cui valutazione è rimessa esclusivament giudice di merito (Sez. 2, n. 6179 del 15/01/2021, COGNOME, Rv. 280648 – 01; S
3, Ordinanza n. 57912 del 21/09/2017; COGNOME Rv. 273606 – 01), va rilevato che neppure dinanzi a questa Corte è stata prodotta la copia corredata
dall’attestazione del passaggio in giudicato della sentenza n. 183 del GIP del
Tribunale di Cassino fondante l’eccezione.
6. In conclusione, il ricorso proposto nell’interesse del ricorrente deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente stesso, ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13
giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, esercitando la
facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità
del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/3/2025