Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 598 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 598 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/11/2023
SENTENZA
nei confronti di NOMECOGNOME nato a Montesilvano il 10/05/1967
avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila del 07/03/2023
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le memorie scritte depositate dal difensore dell’imputato, Avvocato NOME COGNOME che ha contestato le conclusioni del PG insistendo per l’accoglimento del ricorso.
-4/
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di L’Aquila con sentenza del 7 marzo 2023 (motivazione depositata il successivo 27 marzo), in parziale riforma di quella di condanna in primo grado, ha dichiarato l’intervenuta prescrizione della contravvenzione di cui all’art. 651 cod. pen. (Capo B dell’imputazione) rideterminando in mesi otto e giorni quindici di reclusione la pena a carico di NOME NOME per i residui reati a lui ascritti.
I fatti per i quali la Corte territoriale ha confermato la condanna hanno ad oggetto le contestazioni di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale (artt. 337 e 341-bis cod. pen.: Capi C e D) nonché il rifiuto di sottoporsi a controllo etilometrico e sull’assunzione di sostanze stupefacenti (artt. 186 comma 7 e 187 comma 7 codice della strada: Capo A) – fatti commessi in data 3 settembre 2016.
Avverso detta sentenza l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso nel quale deduce quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo eccepisce che erroneamente la Corte di appello – che ha dichiarato la prescrizione per la contravvenzione ex art. 651 cod. pen. – non ha adottato analoga pronuncia per il reato di cui al Capo A) – rifiuto di sottoporsi ai controlli previsti dal codice della strada – ritenendo che il motivo di gravame sul punto fosse inammissibile, senza considerare che la prescrizione deve essere comunque dichiarata di ufficio ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
3.2. Con il secondo e il terzo motivo deduce l’insussistenza, rispettivamente, delle fattispecie di resistenza – perché il Leone era ben noto agli operanti e dunque illegittima era la richiesta dagli stessi affinché l’imputato fornisse le propr generalità ed esibisse i documenti, difettando dunque gli elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie – e di oltraggio a pubblico ufficiale – non essendo stata provata la presenza di altri soggetti, oltre all’imputato e ai pubblici ufficiali ipotesi ingiuriati, circostanza, questa, dedotta nei motivi di gravame e sulla quale la sentenza impugnata nulla ha detto.
3.3. Con il quarto e ultimo motivo eccepisce che illegittimamente la Corte di appello ha respinto il motivo di gravame relativo all’invocata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen., per la quale sussistevano tutti i presupposti
3.4. Nella seconda memoria scritta depositata in data 8 novembre 2023, il difensore dell’imputato ha richiamato, in riferimento al primo motivo di ricorso, quanto di recente affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Penale, con la sentenza n. 19415/2023 a pag. 16 punto 11. In particolare, si evidenzia che in detto arresto si è precisato che: “L’impugnazione mira ad emendare tale errore. L’ammissibilità del ricorso non è pregiudicata dal fatto che il ricorrente, con
le conclusioni rassegnate in appello, non ha eccepito la prescrizione maturata nel corso di quel giudizio; né alcuna rilevanza preclusiva all’ammissibilità dell’impugnazione può attribuirsi, in caso di prescrizione verificatasi addirittura prima della proposizione dell’appello, alla mancata deduzione di parte con i relativi motivi (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.). L’art. 129 cod. proc. pen. impone al giudice, come recita la rubrica, l’obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità e a tale “obbligo” il giudice di merito non può sottrarsi e deve ex officio adottare il provvedimento consequenzialz…. Se a tanto non adempie, la sentenza di condanna emessa,. in quanto viziata da palese violazione di legge, può essere fondatamente impugnata con atto certamente idoneo ad attivare il rapporto processuale del grado superiore, il che esclude la formazione del c.d. “giudicato sostanziale”. Pertanto, si insiste per l’accoglimento di detto motivo di ricorso.
Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell’ar 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020, e le parti hanno depositato le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e dunque inammissibile.
Il secondo motivo – relativo alla giuridica configurabilità del delitto di cu all’art. 337 cod. pen. – è manifestamente infondato, avendo la sentenza della Corte territoriale correttamente evidenziato che la fattispecie di cui all’art. 651 cod. pen. «si perfeziona con il semplice rifiuto di fornire al pubblico ufficiale indicazioni circ la propria identità personale, per cui è irrilevante, ai fini dell’integrazio dell’illecito, che tali indicazioni vengano successivamente fornite o che l’identità del soggetto sia facilmente accertata per la conoscenza personale da parte del pubblico ufficiale o per altra ragione» (Sez. 6, n. 34689 del 03/07/2007, Tedesco, Rv. 237606 – 01)». Pertanto, immune da critiche è l’argomentazione della Corte territoriale che ha ritenuto sussistente il reato contestato, dal momento che l’intervento degli operanti – i quali avevano richiesto all’imputato di declinare l generalità e di esibire i documenti, richiesta che ha determinato la reazione violenta del Leone – era pienamente legittimo.
Manifestamente infondato è anche il terzo motivo, con il quale si contesta la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 341.-bis cod. pen. E’ vero che, a front del motivo di appello con il quale l’imputato aveva sostenuto che dall’istruttoria non era emerso che le frasi offensive potessero essere state percepite da terzi, la sentenza impugnata non si è espressa. Tuttavia, dalla pronuncia di primo grado (la cui motivazione si salda con quella di appello, trattandosi di “doppia conforme”,
con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale: ex multis, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01) emerge che i fatti sono avvenuti sulla pubblica via alla presenza di persone diverse dai pubblici ufficiali oltraggiati:: i particolare,A.Vigili del Fuoco che erano stati “coinvolti nei comportamenti penalmente rilevanti” posti in essere dall’imputato (così, sentenza di appello, pag. 4) e “i curiosi che si erano fermati a vedere” (v. pag. 1).
3.1. Ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 341 bis cod. pen. rileva dunque la presenza, sul luogo ove Leone ha profferito le espressioni oltraggiose nei confronti degli operanti della Polizia Municipale, del Vigili del Fuoco e dei “curiosi”, in quanto «Ai fini della configurabilità del reato di oltraggio di cui all’ 341-bis cod. pen. è sufficiente che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale possano essere udite dai presenti, poichè già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per la P.A. di cui ira parte, e ulteriori rispetto a quel ordinarie» (così, Sez. 6 n. 19010 del 28/03/2017, COGNOME, Rv. 269828 – 01).
Manifestamente infondato è anche il primo motivo. Il ricorrente non contesta che, in relazione alla contravvenzione di cui agli artt. 186 e 187 cod. della strada, nell’atto di appello non si era articolato alcuno specifico motivo di gravame avverso la pronuncia del primo giudice, essendosi l’appellante limitato a “chiedere la riforma integrale della sentenza, avanzata con l’atto di appello e si è impugnata la sentenza di primo grado nella sua interezza”. Evidente è, dunque, la inammissibilità in parte qua dell’impugnazione, con conseguente irrevocabilità della penale responsabilità per detta imputazione. Invero, zinche prima della modifica normativa dell’art. 581 cod. proc. pen. operato dalla “riforma Cartabia” (d.lgs. n. 150 del 2022) era pacifico nella giurisprudenza di legittimità che «In tema di impugnazione, ai fini della valutazione dell’ammissibilità dei motivi di appello, sotto il profilo della specificità, è necessario che il ricorrente non si lim a contestare semplicemente il punto della pronuncia di cui chiede la riforma, ma che rispetto ad esso indichi le ragioni di fatto o di diritto per cui non ne condivide la valutazione» (ex multis, Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME Rv. 275841 – 01).
4.1. Né su tale profilo incide la circostanza che rispetto ad altri capi l’appello fosse ammissibile; infatti «In caso di ricorso per cassazione avverso una sentenza di condanna cumulativa, relativa a più reati ascritti allo stesso imputato col vincolo della continuazione, l’autonomia delle singole fattispecie di reato e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido
rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per questi ultimi, sui quali si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione e di procedere alla rideterminazione della pena eliminando l’aumento per la continuazione. (In motivazione, la Corte ha precisato che la disciplina del reato continuato ha valenza unificante esclusivamente sul piano sanzionatorio)» (Sez. 6, n. 20525 del 13/04/2022, COGNOME, Rv. 283269 – 01).
4.2. Non pertinenti risultano altresì i precedenti invocati dal ricorrente (Sez. 5, n. 10409 del 15/01/2015, COGNOME, Rv. 263889 – 01 e, nella citata memoria integrativa, Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022 – dep. 2023, COGNOME, Rv. 284481 01). Invero, la possibilità di rilevare in sede di legittimità la prescrizione che s maturata precedentemente alla sentenza di secondo grado, ancorché non eccepita né rilevata in sede di appello, presuppone che su detto reato non si sia formato precedentemente il giudicato. Nel caso di specie, invece, la mancata impugnazione del capo della sentenza di primo grado relativo alla contravvenzione del codice della strada ha determinato l’irrevocabilità della condanna su detto reato, commesso il 3 settembre 2016, impedendo perciò di dare rilievo alla prescrizione, che è maturata il 3 settembre 2021 e dunque dopo la pronuncia da parte del Tribunale della condanna di primo grado in data 22 giugno 2021.
4.3. Rileva ancora il Collegio che la recente sentenza delle Sezioni unite, indicata dal ricorrente, concerne una situazione ben diversa, ossia quella in cui il Giudice di appello in sede di concordato ex art. 599 bis cod. proc. pen. non rilevi la prescrizione di un reato in ordine al quale era stato proposto gravame dall’imputato nei confronti della condanna intervenuta in primo grado (ancorchè non si fosse specificamente eccepita la prescrizione). In tale ipotesi – precisa al § 11 del Considerato in diritto il Supremo Collegio – «L’ammissibilità del ricorso non è pregiudicata dal fatto che il ricorrente, con le conclusioni rassegnate in appello, non ha eccepito la prescrizione maturata n& corso di quel giudizio; né alcuna rilevanza preclusiva all’ammissibilità dell’impugnazione può attribuirsi, in caso di prescrizione verificatasi addirittura prima della proposizione dell’appello, alla mancata deduzione di parte con i relativi motivi (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.). L’art. 129 cod. proc. pen. impone al giudice, come recita la rubrica, l’obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità e a tale “obbligo” il giudice di merito non può sottrarsi e deve ex officio adottare il provvedimento consequenziale. Se a tanto non adempie, la sentenza di condanna emessa, in quanto viziata da palese violazione di legge, può essere fondatamente impugnata con atto certamente idoneo ad attivare il rapporto processuale del grado superiore, il che esclude la formazione del c.d. “giudicato sostanziale”». Tale principio presuppone, però, che sul reato risultato prescritto non si fosse, prima
della data di prescrizione, già formato il giudicato come invece si è verifica caso in esame.
Infine, in relazione all’ultimo motivo, con il quale il ricorrente si duol mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., rileva la Corte che n condivisibile il rilievo formulato dal PG nella sua requisitoria scritta, secondo reati ex artt. 337 e 341-bis cod. pen. – di cui risponde il Leone – non è applica la particolare tenuità del fatto, attesa l’espressa esclusione stabilita proprio dall’art. 131-bis. Invero, la preclusione relativa alle fattispecie di artt. 337 e 341-bis cod. pen – peraltro limitata ai fatti commessi nei confro un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di p giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni – è stata introdotta nel 20 dunque, ai sensi dell’art. 2 cod. pen., inapplicabile ai fatti ascritti all’imp risalgono al 2016.
5.1 Cionondimeno, il motivo è inammissibile dal momento che il rigetto della relativa richiesta è stato adeguatamento motivato dalla Corte territoria considerazione “se non altro dell’articolazione e reiterazione dei comportame penalmente rilevanti che ebbero a coinvolgere dapprima i Vigili del Fuoco ed in gli Agenti della Polizia Municipale”. A ciò si aggiunga che dalla sentenza impugna risulta che i fatti sono avvenuti dopo che l’imputato aveva avuto un incid stradale e si era rifiutato di sottoporsi ai controlli volti a verific:are l’as alcool e di sostanze stupefacenti (il che colora la condotta i termini di obiett particolare tenuità).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, come per legge, la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non emergendo assenza d colpa nella proposizione del ricorso, della somma, giudicata c:ongrua, di trem euro in favore della Cassa delle ammende.
P. Q.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il 10 novembre 2023
Il Consigliere esi nsor