Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4728 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4728 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ANDRIA il 27/02/1966
avverso la sentenza del 02/04/2024 della CORTE D’APPELLO DI BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letto il ricorso e la memoria nell’interesse del ricorrente;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato che:
con sentenza n. 37070 del 2023, la Prima Sezione di questa Corte di cassazione rigettava parzialmente il ricorso quanto alla responsabilità dell’imputato, in ordine ai delitti di tentata rapina impropria, tentato omicidio, detenzione e porto di arma da sparo e danneggiamento aggravato, mentre annullava la sentenza della Corte di appello di Bari del 8 aprile 2022, senza rinvio, quanto alla ritenuta aggravante del nesso teleologico, nonché con rinvio in ordine alla recidiva, in quanto dal certificato penale in atti risultava che in data 5 marzo 2013 il Tribunale di Sorveglianza di Bari aveva riconosciuto l’esito positivo
dell’affidamento in prova, con estinzione della pena, cosicchè l’estinzione degli effetti penali conseguente risultava ostativa alla valutazione della condanna ai fini della recidiva; ne conseguiva, secondo la Corte di legittimità, la necessità di riesaminare «il punto, nell’ambito della complessiva rideterminazione del trattamento sanzionatorio», dal che il rinvio per nuovo giudizio, come da dispositivo ad altra Sezione della Corte barese;
la Corte di appello di Bari, con la sentenza qui impugnata, escludeva del tutto la recidiva qualificata, rilevando come gli ulteriori precedenti penali – diversi da quello per il quale era intervenuto l’affidamento in prova con esito positivo fossero risalenti e non significativi, escludeva altresì l’aumento per l’aggravante del nesso teleologico, in ragione dell’annullamento senza rinvio della Corte di cassazione sul punto, rideterminava la pena, non riconoscendo le circostanze attenuanti generiche richieste in sede di rinvio, in quanto ‘coperte’ da giudicato parziale e comunque non concedibili;
il motivo di ricorso, variamente articolato, lamenta violazione di legge, avendo la Corte di merito contraddetto la sentenza rescindente, in relazione alla regola dell’art. 627 comma 3 cod. proc. pen. per aver ritenuto erroneamente sussistente un giudicato parziale in ordine al tema delle circostanze attenuanti generiche e alla dosimetria della pena (primo profilo); per non essersi uniformata alla necessità di procedere alla complessiva rideterminazione del trattamento sanzionatorio integrando ciò violazione di legge (secondo profilo); infine, per vizio di motivazione (terzo profilo), non avendo tratto le conseguenze in ragione della esclusione della recidiva e della esclusione della aggravante del nesso teleologico, che dovevano avere incidenza sia sulla dosimetria della pena base, che sul riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, invece negate, come anche sugli aumenti per la continuazione;
la difesa ha poi depositato memoria a seguito dell’avviso ex art. 610, comma 1, cod. proc. pen. con la quale ha ribadito le ragioni di ammissibilità del ricorso, in quanto la «complessiva rideterminazione del trattamento sanzionatorio» doveva intendersi comprendere l’intera dosimetria della pena, non inediti, in quanto non deducibili con il primo appello;
tanto premesso, va evidenziato come non sono consentite e comunque sono manifestamente infondate le doglianze in esame, in quanto l’espressione «complessiva rideterminazione del trattamento sanzionatorio» è stata correttamente interpretata dalla Corte di merito, nel senso che andava dosata la pena alla luce delle determinazioni del Giudice di legittimità in tema di recidiva e di esclusione dell’aggravante del nesso teleologico; nel caso in esame, sui punti della dosimetria della pena e dell’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non risultava proposto alcun motivo con il primo ricorso per
cassazione (e per le circostanze attenuanti generiche neanche con l’appello), per quanto risulta dal riepilogo dei motivi di gravame contenuto nella sentenza rescindente (fol. 5-8) e nella prima sentenza di appello (fol. 2), che il ricorrente avrebbe dovuto specificamente contestare, cosicchè l’attuale motivo è del tutto inedito;
la sentenza impugnata è in sintonia con il principio per cui, in caso di annullamento con rinvio della sentenza di condanna su ricorso dell’imputato relativo alla sussistenza del reato ed alla sua responsabilità, la cognizione del giudice di rinvio è limitata dal giudicato implicito formatosi sul capo della sentenza relativo alla misura della pena, non interessato dall’annullamento, cosicché, in caso di conferma della condanna, per il combinato disposto degli artt. 597, comma 3, 609 e 627, comma 2, cod. proc. pen, la pena irrogata non può essere più grave, per specie e quantità, di quella inflitta dal giudice di primo grado o, se inferiore, di quella rideterminata in grado d’appello con la sentenza annullata (Sez. 2, n. 7808 del 04/12/2019, dep. 27/02/2020, COGNOME, Rv. 278680 – 01; conf.: N. 46307 del 2016 Rv. 268315 – 01). D’altro canto, in tema di annullamento parziale da parte della Corte di cassazione, per “parti” della sentenza, su cui può formarsi il giudicato parziale, devono intendersi le statuizioni aventi un’autonomia giuridicoconcettuale e, quindi, non solo le decisioni che concludono il giudizio in relazione ad un determinato capo d’imputazione, ma anche a quelle che, nell’ambito di una stessa contestazione, individuano aspetti non più suscettibili di riesame (Sez. 5, n. 19350 del 24/03/2021, COGNOME, Rv. 281106 – 01), cosicchè nel caso in esame la Corte di appello ha escluso di poter intervenire sulla pena base o di poter riconoscere ex novo le circostanze attenuanti generiche, non oggetto di precedenti censure, giungendo così alla riduzione della pena complessiva da 14 anni a 9 anni e 6 mesi di reclusione (nel rispetto del principio del divieto di reformatio in peius), ferma restando la pena di anni 7 di reclusione già determinata per il reato più grave (corretto è il richiamo della Corte di merito al principio che applica il divieto di “reformatio in peius” anche al giudizio rescissorio e che, nel caso di gravame del solo imputato, non consente di superare la misura complessiva della pena già irrogata, e la seconda derivante dal giudicato parziale formatosi, ai sensi degli artt. 624, comma 1, e 627, comma 2, cod. proc. pen., sulla misura della pena base, che non può essere mutata; così Sez. 6, n. 16676 del 30/03/2023, COGNOME, Rv. 284591 – 01); Corte di Cassazione – copia non ufficiale va anche evidenziato, comunque, come la Corte territoriale dopo aver affermato la intangibilità per giudicato parziale sia del tema della sussistenza delle circostanze attenuanti generiche sia anche quanto alla determinazione della pena, offre comunque una motivazione sia in ordine alla congruità della pena e degli aumenti per la continuazione, sia anche in relazione alla sussistenza di presupposti
ostativi al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; con questa seconda ratio decidendi, consistente in una motivazione non manifestamente illogica e da sufficiente argomentazione sostenuta, il ricorso non si confronta, cosicchè lo stesso è per tale ragione inammissibile;
infatti, il ricorso per cassazione che si limiti alla critica di una sola dell rationes decidendi poste a fondamento della decisione, ove siano entrambe autonome ed autosufficienti, in quanto da una pronuncia favorevole su di esse non potrebbe derivare all’impugnante quella modificazione della sua situazione processuale in cui si sostanzia l’interesse che, per espresso dettato normativo, deve sottostare ad ogni impugnazione (Sez. 3, n. 30021 del 14/07/2011, F., Rv. 250972; Sez. 3, n. 27119 del 05/03/2015, P.G. in proc. COGNOME, Rv. 264267; Sez. 3, n. 2754 del 06/12/2017, Bimonte, Rv. 272448);
in effetti, quanto alla solidità della motivazione impugnata, in ordine alla pena base di anni sette di reclusione, per il delitto di tentato omicidio aggravato, e dei correlati aumenti per la continuazione, la Corte territoriale evidenziava che «tale pena pare adeguatamente rapportata alla gravità dei fatti ascritti all’imputato, e comunque, conforme ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.»; tale motivazione risulta per la pena base certamente adeguata, tenuto in conto che anni sette di reclusione è pari al minimo edittale previsto per il delitto di omicidio tentato non aggravato (nel minimo punito con anni ventuno di reclusione, ridotta di due terzi ex art. 56 cod. pen. ad anni sette, appunto). Pertanto, la motivazione risulta assolutamente congrua, in quanto non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01): infatti, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’art. 133 cod. pen., quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio (Sez. 6, n. 35346 de 12/06/2008, COGNOME, Rv. 241189); tuttavia, nel caso in cui venga irrogata, come nel caso in esame, una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283), ovvero se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 267949). Requisiti motivazionali sussistenti nella sentenza impugnata; Corte di Cassazione – copia non ufficiale quanto agli aumenti per la continuazione, genericamente ‘attaccati,’ la medesima motivazione risulta adeguata e congrua in relazione agli aumenti
operati: nella misura di anni uno e mesi sei di reclusione per la tentata rapina aggravata dall’uso dell’arma, di mesi cinque per il porto dell’arma, di mesi cinque per la detenzione dell’arma, di mesi uno per ciascuno dei due danneggiamenti, per un totale di anni due e mesi sei di reclusione: la quantificazione della pena in aumento per la continuazione – replicata da quella già quantificata della prima sentenza di appello – risulta comunque di entità proporzionata e non richiedente alcuna peculiare ulteriore motivazione, per altro comunque fornita con riferimento al criterio di gravità, già sviluppato nei precedenti gradi di merito; d’altro canto, nessuna specifica doglianza viene rivolta a tale dosimetria degli aumenti, operati in sintonia con la previsione di Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269, che richiede un onere motivazionale di proporzione ispirato allo stesso criterio previsto per la pena base, e richiede che gli aumenti siano nei limiti dell’art.81 cod. pen., che non sia stato operato un surrettizio cumulo materiale di pene, che sussista la proporzione fra pena principale e pene dei delitti satellite, elementi tutti ricorrenti nel caso in esame, in ordine ai quali il ricorso nulla adduce;
infine, anche in ordine alla negazione delle circostanze attenuanti generiche risulta sussistente una più che adeguata motivazione, esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione: nel caso in esame la Corte di appello offre una motivazione assolutamente congrua, richiamando la gravità dei fatti per i quali l’imputato è stato riconosciuto colpevole, i numerosi precedenti penali anche specifici dei quali è gravato, seppur non recenti, indicativi di una notevole pericolosità sociale, tale da non giustificare la riduzione ulteriore della pena. Tale argomentazione risponde al consolidato principio per cui la necessità dell’adeguamento della pena non può mai essere data per scontata o per presunta, avendo il giudice l’obbligo, quando ne affermi la sussistenza, di fornire apposita e specifica motivazione idonea a fare emergere gli elementi atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (ex multis Sez. 3, n. 19639 del 27 gennaio 2012, Gallo e altri, Rv. 252900; Sez. 5, n. 7562 del 17/01/2013 – dep. 15/02/2013, P.G. in proc. La Selva, Rv. 254716). Ed è in questa cornice che devono essere inseriti gli ulteriori principi per cui la concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo, anche quindi
limitandosi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio (Sez. 6 n. 41365 del 28 ottobre 2010, Straface, rv 248737; Sez. 2, n. 3609 del 18 gennaio 2011, COGNOME e altri, Rv. 249163);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18/12/2024