Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1181 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1181 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME nato a Melito di Porto Salvo il 04/03/1966
avverso la sentenza del 24/05/2023 della Corte di appello di Reggio Calabria letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata;
udita la relazione del consigliere NOME COGNOME;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procura Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alla determinazione della pena e inammissibilità del ricorso resto;
udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei mot di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Reggio Calabria, pronunciando in sede di rinvio, ha riformato la sentenza emessa dal Giudic dell’udienza preliminare del locale Tribunale, all’esito del giudizio abbreviat 30 novembre 2016, ridelerminandu la pena per i reati di cui ai capi A), A3) A4 A5), A6), A7) A8), All), Al2), A13), A17), A18), A19), A20), A21),A24), A25) e
A26) in anni 19 e mesi 6 di reclusione e 6 mila euro di multa, ritenuta la continuazione già ravvisata, e confermando nel resto la sentenza appellata.
La Corte di appello ha premesso che con sentenza del 9 settembre 2021 questa Corte aveva annullato la precedente sentenza di appello e rinviato ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria limitatamente al trattamento sanzionatorio relativo ai reati satellite posti in continuazione e, in accoglimento del ricorso del Procuratore Generale, per la rivalutazione della posizione dell’imputato relativamente al reato di estorsione, contestato al capo A26), con conseguente eventuale rideterminazione della pena complessiva; aveva dichiarato inammissibile nel resto il ricorso dell’imputato e irrevocabile l’accertamento della responsabilità.
Alla luce delle censure di questa Corte in ordine all’estorsione in danno dell’imprenditore COGNOME, contestata al ricorrente in concorso con COGNOME NOME COGNOME, condannato con sentenza irrevocabile, la Corte di appello ha ritenuto provata dalle conversazioni intercettate tra il COGNOME e vari interlocutori la responsabilità del COGNOME, capo dell’omonima cosca di San Lorenzo e titolare Il effettivo del INDIRIZZO, ubicato nella zona di Marina di San Lorenzo, ove vi id era anche il INDIRIZZO Azul dell’imprenditore concorrente COGNOME, costretto con reiterate minacce a limitare le proprie iniziative commerciali, al punto da dover rinunciare ad aprire una discoteca, realizzata, invece, presso il INDIRIZZO. Emblematico veniva ritenuto il colloquio nel corso del quale il COGNOME, dopo la convocazione del COGNOME presso il ricorrente, riferiva ad un interlocutore che la questione era risolta, affermando “ma non glielo permettiamo, già abbiamo stabilito le cose.. .la discoteca la facciamo noi”.
In ragione della gravità del fatto e del danno cagionato alla persona offesa e tenuto conto delle aggravanti ad effetto speciale, la Corte di appello ha rideterminato la pena complessiva, ritenuto più grave il reato di estorsione e applicati sulla pena base di nove anni di reclusione e seimila euro di multa gli aumenti per la seconda a2gravante ad effetto speciale e per la continuazione con la riduzione per il rito,E`a condannato l’imputato alla pena prima indicata.
Avverso la sentenza hanno proposto distinti ricorsi i difensori del COGNOME.
L’avv. COGNOME deduce i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 110-629 cod. pen. per non avere la Corte chiarito quale sia stata in concreto la condotta posta in essere dal ricorrente, ritenuto responsabile solo in forza del rapporto di parentela con il coimputato COGNOME e della posizione di capo della ‘ndrina. Al ricorrente non è contestata alcuna azione, sicché si tratta di responsabilità da posizione, svincolata da ogni contributo concreto; è congetturale il riferimento alla località in cui si sarebbe dovuto recare il Sarica per incontrare il ricorrente, che non
viene menzionato direttamente con la conseguenza che la responsabilità è affermata in base a deduzioni e solo in relazione alla posizione apicale ricoperta, non essendo apprezzabili minacce implicite o esplicite nell’atteggiamento del ricorrente né risultando che abbia tratto un profitto dalla vicenda denunciata.
2.2. Violazione di legge in relazione all’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. i fitenuta in modo automatico in base a massime di esperienza, senza tener conto della condotta in concreto tenuta dal ricorrente, che non ha adottato alcun metodo mafioso né tenuto condotte oggettivamente intimidatorie.
2.3. Violazione di legge in relazione all’art. 416 bis.1 cod. pen.. L’aggravante doveva essere esclusa anche sotto il profilo finalistico, in quanto le prospettive di arricchimento erano personali e non dell’associazione.
2.4. Violazione di legge in relazione al trattamento sanzionatorio per essere state calcolate pene relative a reati dichiarati prescritti, oggetto dei capi A11) e A13), sicché il relativo aumento di pena pari a mesi sei di reclusione deve essere eliminato, residuando l’aumento di tre mesi di reclusione solo per il capo Al2). La pena base per il reato estorsivo di cui al capo A26) è stata determinata in misura eccessiva con riferimento alle modalità della condotta, contestate per le ragioni esposte al precedente punto 2.1.
2.5. Violazione degli artt. 133 cod. pen.’ 627, 650 e 656 cod. proc. pen. in quanto, pur essendo il reato di cui all’art. 629, secondo comma, cod. pen. più grave del reato di cui all’art. 416 bis, comma secondo, cod. pen. la Corte di appello non avrebbe potuto invertire l’ordine di gravità dei reati, dovendo considerarsi irrevocabile la pena inflitta per il reato di cui al secondo comma dell’art. 416 bis cod. pen., stante il rigetto del ricorso dell’imputato.
L’avv. NOME COGNOME articola motivi in larga parte sovrapponibili.
3.1. Con il primo motivo denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’estorsione in danno del Sarica.
L’affermazione di responsabilità del ricorrente è riconosciuta in ragione della posizione apicale; la motivazione, infatti, è interamente dedicata al COGNOME ed alle conversazioni intercettate relative alle due fasi della vicenda, che nulla riferiscono sul ruolo del ricorrente; la motivazione è illogica perché, da un lato, ritiene che la vicenda non interessava solo il capo cosca, ma l’associazione, dall’altro, ne afferma la partecipazione all’estorsione in assenza di un coinvolgimento diretto o indiretto. La Corte di appello erroneamente ritiene che il ricorrente abitasse “là sopra” (San Fantino di San Lorenzo) ove, invece, abitavano altre figure apicali della cosca, mentre il ricorrente dimorava a San Lorenzo Marina, ove era sottoposto a sorveglianza speciale: al fine di ribadire che i dialoghi provano solo la responsabilità del COGNOME, non essendo sufficiente l’utilizzo del plurale a dimostrare il coinvolgimento del ricorrente, s riporta la motivazione della sentenza assolutoria, annullata da questa Corte.
3.2. Violazione del divieto di reformatio in peius e vizio di motivazione.
Si deduce, in particolare, la violazione del giudicato parziale, atteso che questa Corte non aveva annullato la pena base, stabilita dal primo giudice per il reato di associazione mafiosa e divenuta definitiva; inoltre, la Corte di appello ha errato nella determinazione della pena, in quanto il ricorrente era stato prosciolto dai reati oggetto dei capi A11) e A13) per intervenuta prescrizione e assolto dai reati di cui ai capi A2) e A26).
Con motivi nuovi l’avv. COGNOME ha approfondito il quarto e quinto motivo, evidenziando che l’aumento di pena per i reati di cui ai capi All) e A13) doveva essere eliminato e che la Corte di appello non poteva sovvertire la pena base per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. coperta dal giudicato né sovvertire il computo, applicando per detto reato a titolo di continuazione la pena di sei anni e otto mesi di reclusione, mentre il primo giudice aveva applicato per il reato di estorsione a titolo di continuazione la pena di soli sei mesi d reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al trattamento sanzionatorio, inammissibile nel resto.
Sono inammissibili i motivi articolati nei ricorsi con declinazioni sovrapponibili in relazione al reato di estorsione, in quanto meramente reiterativi e oppositivi. Risultano, infatti, riproposte censure motivatamente disattese in sentenza e, ancor prima, nella sentenza rescindente nella parte in cui criticava il ragionamento del precedente giudice di appello, che aveva assolto l’imputato, ritenendo dirimente la mancanza di prova dell’incontro tra l’imprenditore concorrente NOME COGNOME e il COGNOME, presso il quale lo avrebbe convocato il COGNOME, ritenuto unico responsabile.
Nella sentenza di annullamento espressamente questa Corte ha ritenuto inidonea detta circostanza ad escludere la responsabilità del COGNOME, in quanto non erano stati considerati i rapporti tra il COGNOME e il COGNOME nella gestione del lido e degli interessi della cosca nonché l’interesse del COGNOME nella vicenda della discoteca che il COGNOME intendeva realizzare ed a tal fine aveva dato disposizioni al COGNOME, come rivelato dalle intercettazioni; questa Corte aveva, inoltre, sottolineato che l’uso del plurale da parte del COGNOME non era casuale, ma faceva riferimento ad altro soggetto coinvolto nella vicenda, logicamente identificabile nel ricorrente, capo cosca e titolare effettivo del lido, direttamente interessato a curare gli interessi dell’impresa
come emerso anche dalle altre vicende relative all’ampliamento del lido (v. pag. 39 della sentenza di annullamento).
A tali coordinate si è attenuto il giudice del rinvio, valoriz.zando il contenuto dei colloqui intercettati, letti alla luce dei rapporti tra il COGNOME e il ricorr e fornendo logica spiegazione dell’uso della prima persona plurale da parte del COGNOME, formale intestatario dell’attività e la cui responsabilità per detto reato è stata riconosciuta con sentenza irrevocabile. In particolare, la Corte di appello ha attribuito rilievo alle espressioni utilizzate dal COGNOME nei colloqui con terzi in merito alle iniziative del concorrente in tempi diversi /ovvero nell’aprile 2010 e nel maggio-giugno 2011 1 a riprova della radicata conflittualità esistente e della soluzione trovata, impedendo, con metodo mafioso, al Sarica di aprire una discoteca nella zona di Marina di San Lorenzo, conl:rollata dalla cosca capeggiata dal COGNOME.
Particolare rilievo è stato attribuito alla circostanza che già nel 2010 il COGNOME, riferendosi al COGNOME, affermava che “è lui che deve dare conto a noi” e che lo avrebbe bloccato, intervenendo sui referenti della cosca, interni all’amministrazione comunale, per arginare le iniziative del COGNOME, che intendeva chiedere controlli sulla regolarità dei titoli autorizzativi rilasciati al concorren anzi, il COGNOME minacciava di “fargli passare una brutta fantasia, che si deve fare i cazzi suoi, lui..” e, sempre in merito alla necessità di intervenire su concorrente (“qua dobbiamo prendere provvedimenti seri”), riferiva all’COGNOME di averlo esortato ad andare a parlare con chi di dovere (“ma perché non prendi e sali là sopra… non sali e non parli con chi si deve parlare?”) ovviamente riferendosi alla necessità di parlare con i vertici della cosca.
Sul punto l’obiezione difensiva, secondo la quale l’espressione del COGNOME sarebbe riferibile ad altri esponenti della cosca e non al ricorrente, che non dimorava in San Fantino, ma nella zona di Marina di San Lorenzo, riguarda una circostanza di fatto, il cui accertamento è rimesso al giudice di merito, che già nella sentenza di primo grado aveva dato atto che nella frazione di San Fantino risiede NOME COGNOME, ma che anche Settimo era lì spesso reperibile (pag. 80); in ogni caso si tratta di circostanza idoneamente dimostrativa del totalizzante potere di controllo esercitato dalla cosca sulle iniziative economiche locali e sulla concorrenza.
La Corte ha, inoltre, valorizzato il comportamento tenuto ancora l’anno successivo nei confronti del COGNOME, costretto a rinunciare ad aprire la discoteca dopo la convocazione presso il ricorrente, il cui interesse nella vicenda è chiaramente correlabile al fatto, emerso dai colloqui intercettati, che il vero titolare del lido La COGNOME era lui e non il cognato COGNOME NOME (v. sentenza di annullamento pag. 48) e di ciò era consapevole il COGNOME se era stato sufficiente che il COGNOME lo avesse semplicemente invitato a passare dal lido “perché ti vuole lui”.
Le contestazioni difensive sul punto perdono ogni consistenza a fronte delle eloquenti espressioni minatorie, riportate in sentenza (pag. :35-36), dalle quali emerge nitidamente la prevaricazione esercitata nei confronti del COGNOME, costretto a rinunciare al progetto imprenditoriale in favore del ricorrente dopo la convocazione (“tu la discoteca non la fai perché non la devi fare”; non glielo permettiamo… già abbiamo stabilito le cose, la discoteca la facciamo noi”), dovendo persino ritenersi appagato dal fatto che gli era stato consentito inaugurare il lido.
La circostanza che il COGNOME non parlasse solo per sé, ma nell’interesse del ricorrente, che, oltre ad essere l’effettivo titolare dell’attività, era anch capo della cosca, è logicamente ed ineccepibilmente spiegata in sentenza, laddove si rimarca l’impossibilità che una simile iniziativa potesse essere assunta da un sodale senza l’autorizzazione del vertice, né pare irrilevante che risulti accertata in via definitiva la responsabilità del COGNOME e del ricorrente per il reato di intestazione fittizia di tale attività (oggetto del capo A17).
Ne deriva che, a fronte della lettura parcellizzata proposta nei ricorsi, correttamente la Corte di appello ha effettuato una valutazione unitaria degli elementi acquisiti, contestualizzando e valutando i colloqui in una prospettiva che pone in luce i collegamenti e la confluenza nel contesto mafioso accertato e chiarisce in modo inequivoco la matrice delle minacce, riconducibili al ricorrente.
E’, infatti, pacifico che la minaccia costitutiva del delitto di estorsione oltr che essere esplicita, palese e determinata, può essere manifestata anche in maniera indiretta, ovvero implicita ed indeterminata, purché sia idonea ad incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima ed alle condizioni ambientali in cui opera, sicché non può prescindersi dal contesto in cui la vicenda in esame si iscrive.
Risulta, pertanto, coerentemente e logicamente giustificato il concorso del ricorrente nel reato di estorsione, avuto riguardo al ruolo del COGNOME, affiliato incaricato di gestire gli affari della cosca, di curare i rapporti con la pubblic amministrazione e le attività economiche della cosca, prestandosi ad intestazioni fittizie, che dal ricorrente e dalla sua posizione apicale ha ricevuto un contributo agevolatore, essendo risultata decisiva e di indubbia efficienza causale ai fini dell’estorsione la convocazione del Sarica. E’, infatti, noto che ai fini della configurabilità del concorso di persone nel reato, il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione dell’evento lesivo, ma anche quando assuma la forma di un contributo agevolatore, essendo sufficiente che la condotta di partecipazione si manifesti in un comportamento che arrechi un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della sua condotta,
idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato perché in forza del rapporto associativo diventano sue anche le condotte degli altri concorrenti (Sez. 5, n. 43569 del 21/06/2019, P., Rv. 276990).
Contrariamente all’assunto difensivo è configurabile l’aggravante mafiosa di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. in entrambe le declinazioni previste dalla norma.
Correttamente ed in linea con i principi affermati da questa Corte, secondo i quali ai fini della configurabilità dell’aggravante del “metodo mafioso”, di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., è sufficiente, in un territorio in cui è radic un’organizzazione mafiosa storica, che il soggetto agente si riferisca implicitamente al potere criminale della consorteria, in quanto tale potere è di per sé noto alla collettività (Sez. 2, n. 34786 del 31/05/2023, Gabriele, Rv. 284950), è stata ravvisata la sussistenza del metodo mafioso, oggettivamente risultante dalle modalità della condotta e dalle pressioni esercitate sul concorrente, convocato presso il capo cosca.
Analogamente risulta correttamente ravvisata la finalità di agevolare la cosca, pur a fronte dell’accertato interesse personale del ricorrente, in quanto le sentenze di merito danno atto dell’obiettivo della cosca di acquisire, con metodo mafioso, il monopolio nel settore turistico balneare e le conversazioni intercettate lo confermano, dimostrando che il COGNOME non controllava soltanto le iniziative del Sarica, ma anche quelle di altri imprenditori del settore (“E’ lui che deve dare conto a noi, se io apro gli spacco il culo a tutti e tre là sotto”, riferendosi ai lidi presenti sul litorale di Marina di San Lorenzo, v. pag. 79 sentenza di primo grado). Anche altre vicende esaminate nelle sentenze di merito dimostrano che il COGNOME imponeva ad imprenditori del settore assunzioni di associati o persone vicine alla cosca, in tal modo confermando l’obiettivo della cosca di controllare in modo asfissiante e totalizzante un settore altamente remunerativo.
A . Sono, invece, fondati nei limiti di seguito precisati i rilievi relativ trattamento sanzionatorio.
A.1. L’annullamento disposto riguardava l’aumento apportato per i reati in continuazione perché erroneamente era stato applicato l’aumento di sei mesi di reclusione per tredici reati satellite ovvero per un numero di reati inferiore rispetto a quelli contestati e per i quali era stata ritenuta la responsabilit dell’imputato nonché calcolato per errore anche l’aumento per i reati per i quali vi era stata assoluzione. Nel rinviare per nuovo giudizio sul reato di estorsione, questa Corte aveva rimesso al giudice del rinvio l’eventuale rideterminazione della pena complessiva, sicché, una volta ritenuta la responsabilità dell’imputato
per il reato di estorsione aggravata ex art. 629, comma 2, cod. pen. e ex art. 416 bis.1 cod. pen., la Corte di appello ha ritenuto che ne risultasse modificata la struttura del reato continuato e ha preso a base del calcolo il reato estorsivo, considerato più grave tra quelli in continuazione, ivi compreso il reato associativo, in ragione del limite di pena più elevato nel massimo.
Le censure difensive sul punto sono fondate, riscontrandosi la violazione del giudicato parziale formatosi, ai sensi degli artt. 624, comma 1, e 627, comma 2, cod. proc. pen., sulla misura della pena base, in quanto la Corte di appello non si è avveduta che la sentenza rescindente non solo aveva dichiarato definitivo il giudizio di responsabilità per il più grave delitto associativo, anche la determinazione della pena inflitta (pag. 74 sentenza n. 43629/21), sicché, non riguardando l’annullamento la pena inflitta per il reato più grave, coperto da giudicato, non poteva essere modificato l’ordine di gravità dei reati né la pena inflitta per il reato associativo. Il trattamento sanzionatorio risultava quindi, ancora da determinare soltanto per i reati satellite, ivi compreso il reato estorsivo nel caso di affermazione della responsabilità dell’imputato.
Sul punto vanno richiamati i principi affermati dalle Sezioni unite nella sentenza n. 3423 del 29/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280261 in tema di formazione progressiva del giudicato, applicabili al caso in esame. In detta sentenza si afferma, infatti, che nessuna incongruenza si registra con riguardo alla pena irrogata in relazione a un capo qualora la determinazione di detta pena, insieme con l’affermazione di responsabilità dell’imputato anche, in particolare, in relazione alle circostanze del reato, abbia acquisito, in termini di “certezza” e di “completezza”, autorità di cosa giudicata. Infatti, tale pena, per la autonomia giuridico-concettuale delle statuizioni relative a ciascun capo (ove non in connessione essenziale con gli altri), si presta ad essere messa in esecuzione, senza incontrare ostacoli in sede applicativa qualora il giudizio di rinvio modifichi il quantum della pena complessivamente irrogata per altri capi autonomi (costituenti, ad esempio, rispetto al reato più grave già dotato di autorità di cosa giudicata, reati-satellite del reato continuato) di cui alla sentenza oggettivamente cumulativa. E indubbio, infatti, che il quantum della pena irrogata e divenuta irrevocabile in relazione a un capo, per il quale sia intervenuto il giudicato parziale in termini tali da attribuire il carattere dell’irrevocabilità alla pena stes può certo subire modifiche all’esito del giudizio di rinvio in ordine ad altri capi. S tratta, però, di modifiche attinenti a vicende “esterne” al capo divenuto irrevocabile, quali, ad esempio, la continuazione con altri reati-satellite.
Ne deriva l’intangibilità della pena inflitta per il reato associativo, presa base del calcolo complessivo, e l’immodificabilità della sequenza dei reati nella individuazione del rato più grave.
4 2. Precisato che la censura difensiva riguardava unicamente l’errore commesso nel calcolo della pena, applicando gli aumenti anche per reati per i
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quali vi era stata assoluzione e dichiarata la prescrizione (v. pag. 8 della sentenza rescindente), a differenza di quanto sostenuto nei ricorsi, non va eliminato l’aumento di pena di tre mesi di reclusione ciascuno per i reati di cui ai capi A11) e A13), in quanto sono stati dichiarati prescritti solo le violazioni edilizie e i reati paesaggistici di natura contravvenzionale, non gli altri rea contestati in detti capi (occupazione di terreno demaniale e abuso d’ufficio, v. pag. 49 sentenza di annullamento) i né risulta calcolato l’aumento per i reati per i quali vi era stata assoluzione, atteso che, come precisato nella sentenza impugnata (pag. 38-39), l’aumento per i reati satellite è stato determinato in complessivi 7 anni e 3 mesi di reclusione.
Il ricorso va, quindi, accolt e la pena deve essere conseguentemente rideterminata.
Tuttavia, alla rideterminazione della pena può provvedere direttamente questa Corte ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen., senza disporre la celebrazione di un apposito giudizio di rinvio, in quanto non risultano necessari ulteriori accertamenti. La Corte di cassazione, infatti, pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all’esito di valutazioni discrezionali, può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando necessari ulteriori accertamenti (Sez. U, n. 3464 del 30/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271831).
Alla luce di quanto rilevato in precedenza e muovendo dalla pena base per il reato associativo, determinata in anni 18 di reclusione, per i reati satellit vanno applicati gli aumenti nella misura determinata dal primo giudice, che anche per il capo A 26) aveva stabilito l’aumento in mesi 6 di reclusione. Pertanto, la pena base di anni 18 di reclusione va aumentata di complessivi mesi 9 di reclusione per i reati di cui ai capi A11), Al2), A13), e di ulteriori 84 mesi d reclusione per gli altri reati, ivi compreso il reato di estorsione, così da pervenire alla pena complessiva di anni 25 e mesi 9 di reclusione, che, con la riduzione per il rito, determina la pena finale in anni 17 e mesi 2 di reclusione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento oinzionatorio, che ridetermina in anni diciassette e mesi due di reclusione. Oiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso, 22 novembre 2023
GLYPH
Il consigliere estensore