Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8921 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8921 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOMENOMECOGNOME nato a Roma il 07/07/1974
avverso la sentenza del 29/03/2024 della Corte di appello di Roma lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le memorie del difensore, Avv. NOME COGNOME che ha concluso per
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Roma, decidendo in sede di rinvio, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma in data 25 novembre 2021, ha rideterminato la pena in anni quattro mesi sei e giorni quindici di reclusione e 1.290 euro di multa, confermando nel resto la sentenza appellata.
Ne chiede l’annullamento per due motivi.
:
1.1. Con il primo denuncia la violazione degli artt. 627 e 531 cod. proc. pen. per avere la Corte di appello omesso di dichiarare la prescrizione dei reati contestati al capo 5) dell’imputazione, commessi prima del 28 giugno 2016, aventi ad oggetto la falsificazione di sedici certificati medici.
Deduce che la Corte di appello sembra aver valutato la richiesta, formulata con memoria depositata in udienza, come questione nuova, benché ai sensi dell’art. 627, comma 2, cod. proc. pen. il giudice del rinvio sia investito di pieni poteri di cognizione, ivi compreso il potere di decidere questioni rilevabili d’uffici in ogni stato e grado, come la prescrizione. Segnala che la sentenza di annullamento di questa Corte aveva ad oggetto il reato più grave e il rinvio era stato disposto per la rideterminazione della pena, in quanto la pena per i reati satellite era stata calibrata su quella del reato più grave, sicché, essendo il rapporto processuale in punto di pena ancora aperto, il giudice avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione dei reati per i quali era nelle more decorso il termine di prescrizione. Cita in proposito recenti pronunce di questa Corte relative a casi in cui l’annullamento con rinvio aveva ad oggetto il reato più grave; riporta ampi passaggi della motivazione in cui si giustifica il superamento del diverso orientamento, cui aderisce la Corte di appello, senza argomentare e senza rilevare, una volta individuato il nuovo reato più grave, l’intervenuta prescrizione dei reati di cui al capo 5), essendole demandato il compito di rivalutare il trattamento sanzionatorio e di incidere sugli aumenti per i reati satellite.
1.2. Con il secondo motivo denuncia la erronea applicazione degli artt. 133 e 81 cod. pen. e plurimi vizi della motivazione per avere la Corte di appello applicato un aumento irragionevole per il capo 5), pari a giorni 15 di reclusione per ogni episodio, nonostante la non gravità del fatto e la circostanza che la falsificazione dei certificati è elemento costitutivo di altre fattispecie di re contestate, sicché è palese la sproporzione tra l’aumento (di 2 anni e 5 mesi) applicato per il reato di falso e quello per altri reati ben più gravi come l ricettazione e la truffa ed evidente l’apparenza della motivazione, che non giustifica l’eccezionale disvalore del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
1.1. Del tutto infondato è il primo motivo al pari della censura rivolta al giudice del rinvio, invece, correttamente attenutosi alla sentenza di annullamento ed al giudicato formatosi anche sul capo 5) per espressa statuizione di questa Corte.
Nella sentenza rescindente si chiarisce, infatti, che, in accoglimento del relativo motivo di ricorso, l’annullamento della precedente sentenza di appello è
parziale, investendo solo il reato di ricettazione, oggetto del capo 4) per insussistenza del fatto, mentre tutti gli altri motivi di ricorso, relativi agl reati, puntualmente esaminati, risultavano inammissibili. Si precisa, inoltre, che, riguardando l’annullamento senza rinvio il reato più grave per il quale era stata determinata la pena base su cui applicare gli aumenti per gli altri reati, doveva rimettersi al giudice di merito la rideterminazione della pena per i reati residui per i quali, a seguito della pronuncia di inammissibilità, ai sensi dell’art. 624 cod proc. pen. l’affermazione di responsabilità diveniva irrevocabile.
A fronte della precisa e chiara statuizione di questa Corte, al giudice del rinvio era preclusa ogni nuova valutazione sul decorso del termine di prescrizione, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso in base ad un’erronea lettura delle sentenze citate nel ricorso, che non riguardano affatto sentenze emesse in sede di rinvio.
Correttamente la Corte di appello ha ritenuto vincolante la sentenza di questa Corte, conformandosi all’orientamento secondo il quale l’obbligo del giudice di rinvio di uniformarsi alla sentenza della Corte di cassazione per quanto riguarda ogni questione di diritto con essa decisa è assoluto ed inderogabile, e si è allineata al principio consolidato secondo il quale l’annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione ai soli fini della rideterminazione della pena comporta la definitività dell’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato, sicché la formazione del giudicato progressivo impedisce in sede di giudizio di rinvio di dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale (Sez. U, n. 4904 del 26/03/1997, Attinà, Rv. 207640; Sez. 5, n. 51098 del 19/09/2019, M. Rv. 278050; Sez. 2, n. 4109 del 12/01/2016, COGNOME, Rv. 265792; Sez. 3, n. 15101 del 11/03/2010, COGNOME e altro, Rv. 246616). E ciò in forza del chiaro disposto dell’art. 624 cod. proc. pen. a norma del quale “se l’annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata”: è dunque indubbiamente riconosciuta dalla legge l’autorità del giudicato sia ai capi che ai punti della sentenza non oggetto di annullamento (Sez. U, n. 1 del 19/01/2000, COGNOME, Rv. 216239).
Le uniche ipotesi in cui è eccezionalmente possibile per il giudice del rinvio dichiarare la prescrizione maturata anteriormente alla sentenza parziale di annullamento sono limitate al caso in cui la Corte di cassazione abbia escluso la sussistenza di un’aggravante ed imposto un nuovo esame della questione relativa alla corretta individuazione della data di consumazione del reato (Sez. 5, n. 17050 dell’8 febbraio 2013, Pace, Rv. 255092) o nel caso di dichiarazione di illegittimità della norma incriminatrice contestata che abbia determinato la modifica del regime sanzionatorio in senso più favorevole all’imputato (Sez. 4, n.
12640 del 06/02/2018, COGNOME, Rv. 272244), ipotesi che non ricorrono nel caso di specie.
Alla luce di tali principi non c’era spazio per dichiarare la prescrizione di reati per i quali era stata definitivamente accertata la sussistenza del reato e la responsabilità dell’imputato.
Inammissibile è anche il secondo motivo non deducibile perché precluso, atteso che nel precedente ricorso si censurava solo l’applicazione di un unico aumento sulla pena base e non l’aumento per ogni singolo episodio, senza dedurre in alcun modo il profilo dell’entità dell’aumento operato.
Anche detto motivo è stato dichiarato inammissibile, avendo questa Corte rilevato che il giudice di appello aveva, invece, specificato che per ogni singolo episodio la pena era pari a giorni 15 di reclusione e 10 euro di multa, condividendo il computo effettuato dal primo giudice.
Va, tuttavia, rilevato che il giudice del rinvio ha, comunque, giustificato l’entità dell’aumento applicato a titolo di continuazione interna per i numerosi falsi oggetto del capo 5), ritenendola del tutto proporzionata e adeguata alla gravità del fatto ed alla capacità a delinquere dell’imputato, appartenente alla Polizia di Stato, in tal modo attribuendo rilievo assorbente alla qualifica soggettiva del ricorrente, quale elemento che accentua il disvalore della condotta.
3. Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
All’inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.