Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13377 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13377 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SALERNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/03/2023 della CORTE di APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli, giudicando in sede di rinvio disposto da Corte di cassazione Sez. 3, n. 14274 del 03/02/2016, ha riformato la pronuncia del Tribunale di Salerno del 18/12/2013, che aveva ritenuto NOME responsabile del reato previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, rideterminando la pena irrogata nella misura di mesi otto di reclusione ed euro 1200,00 di multa, confermando nel resto la pronuncia impugnata.
La Corte territoriale, sul presupposto che l’annullamento della sentenza della Corte di appello di Salerno del 03/07/2014 aveva riguardato solo il trattamento sanzioNOMErio ed il beneficio della sospensione condizionale della pena, si è ritenuta esonerata da ogni ulteriore valutazione in ordine alla affermazione della responsabilità penale dell’imputato ed ha ritenuto inammissibile la richiesta di applicazione della continuazione esterna avanzata solo in quella sede dalla difesa dell’imputato, in quanto estranea al perimetro del giudizio di rinvio, fatta salva la facoltà di rinnovare la richiesta al giudice dell’esecuzione.
Pertanto, tenuto conto della cornice edittale prevista dall’ art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, divenuta fattispecie autonoma di reato, e ritenuto di poter escludere la recidiva contestata, già esclusa originariamente in ragione del bilanciamento operato con l’ipotesi circostanziata, ha determiNOME la pena in mesi otto di reclusione ed euro 1200 di multa, in applicazione dei criteri indicati dall’art 133 cod. pen., avuto riguardo alla negativa personalità del prevenuto, già gravato da plurimi precedenti che rendevano non concedibili i benefici di legge invocati dalla difesa.
Avverso tale sentenzairicorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, sulla base dei seguenti motivi:
-inosservanza o erronea applicazione degli articoli 2, 157 cod. pen. e 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. Si lamenta la violazione del principio che regola la prescrizione del reato dal momento che, ad avviso del ricorrente, il perimetro del rinvio non poteva ritenersi limitato alla determinazione della pena, ma involgeva la qualificazione giuridica del reato previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990. Ciò avrebbe imposto al giudice del rinvio, prima di procedere alla rideterminazione della pena, di adottare la pronuncia della declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Infatti, l’originario capo di imputazione era riferito alla fattispecie di cui all’ar comma 1-bis, d.P.R. n. 309/1990, per la detenzione illecita di circa 70 g. di sostanza stupefacente per uso non ritenuto esclusivamente personale dai giudici di merito, con inquadramento nella fattispecie di cui al comma 5 dello stesso art.
73 d.P.R. n. 309/1990, poi sottoposto a giudizio di bilanciamento, ma senza considerare la formulazione della nuova fattispecie autonoma con pena più mite, introdotta dal d.l. n. 36/2014 convertito nella legge n. 79 del 2014. Sostiene il ricorrente che dalla riqualificazione del reatq t discenderebbe la conseguenza, ignorata dalla Corte territoriale, del decorso di un termine di prescrizione autonomo, che incide sul tempo necessario a determinarne gli effetti, favorevole all’imputato nei sensi di cui agli artt. 2 e 157 cod. pen. In tal senso, il ricorren cita Sez. 3, n. 33256 del 12/05/2022, Falanga n.m., che ha negato che il principio di formazione progressiva del giudicato possa riguardare anche le statuizioni strettamente connesse con quelle annullate;
inosservanza o erronea applicazione della degli artt. 163 e 164 cod.pen. e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod.proc.pen. Il ricorrente denuncia l’incoerenza della sentenza impugnata rispetto alle coordinate stabilite dalla sentenza rescindente, posto che l’annullamento in punto di trattamento sanzioNOMErio, tenuto conto della modificata cornice normativa e della mutata natura del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, divenuta fattispecie autonoma, avrebbe imposto la rivalutazione di tutti gli elementi che concorrono a determinare la pena, tra cui la recidiva che era stata elisa dal giudice di primo grado per effetto del bilanciamento con l’ipotesi circostanziata. Nessuna congrua motivazione era poi stata fornita rispetto alla concessione della sospensione condizionale della pena.
Il Procuratore generale, nella persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
GLYPH Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La questione giuridica che lo stesso propone attiene alla applicazione della disciplina della prescrizione del reato per cui si procede (art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990) nell’ipotesi, corrispondente a quella in esame, in cui la Corte di cassazione ha annullato la sentenza impugnata in punto di trattamento sanzioNOMErio, tenuto conto della modificata cornice normativa e della mutata natura del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, divenuto fattispecie autonoma, che ha imposto la rivalutazione di tutti gli elementi che concorrono a determinare la pena, tra cui la recidiva, elisa dal giudice di primo grado per effetto del bilanciamento con l’ipotesi circostanziata.
Ritiene il ricorrente che la sentenza impugnata sia errata in quanto, male interpretando l’ambito del rinvio, non avrebbe considerato in concreto inefficace il disposto dell’art. 624 cod.proc.pen., che fissa il principio del formarsi progressivo del giudicato penale. Ad avviso del ricorrente, il giudice del rinvio disposto dalla Corte di cassazione sulla base del mancato inquadramento del fatto contestato nella formulazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 introdotta dalla I. n. 79 del 2014 successivamente alla commissione del reato, ma applicabile perché più favorevole, era stato investito, oltre che della determinazione del trattamento sanzioNOMErio, necessariamente, anche della qualificazione del fatto di reato. Invoca, dunque, l’applicazione del principio espresso dalla sentenza della Sez. 3 n. 33256/2022.
Occorre premettere che la giurisprudenza della Corte di cassazione è ferma nel ritenere la natura meramente dichiarativa e non costitutiva, in caso di annullamento parziale, della indicazione in dispositivo delle parti della sentenza impugnata divenute irrevocabili, ex art. 624, comma secondo, cod. proc. pen. Conseguentemente, ove tale dichiarazione, come è avvenuto nel caso di specie, sia stata omessa, è comunque consentito alla Corte – adita con ricorso avverso la sentenza del giudice di rinvio – di individuare, sulla base dell’interpretazione della sua precedente sentenza, le parti passate in giudicato (ex plurimis, Sez. 4, n. 29186 del 29/05/2018, Rv. 272966; Sez. 2, n. 46419 del 16/10/2014, Rv. 261050.
Sulla base di tale principio, va precisato il rapporto tra annullamento parziale, giudicato parziale ed estinzione del reato, alla luce della previsione dell’art. 624 cod. proc. pen., secondo il quale, se l’annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata.
Deve a tal proposito essere condiviso il principio (vd. Sez. 3, n. 54357 del 03/10/2018, C., Rv. 274129-01), pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, sin dall’arresto a Sezioni Unite COGNOME ed altri, secondo il quale, nel caso di annullamento parziale da parte della Corte di cassazione che abbia ad oggetto statuizioni diverse dall’accertamento del fatto-reato e della responsabilità dell’imputato, la pronuncia di condanna diviene irrevocabile, con conseguente preclusione per il giudice di rinvio di dichiarare prescritto il reato, non solo quando la causa estintiva sia sopravvenuta ma anche quando, eventualmente, tale causa fosse preesistente e non sia stata valutata dalla Corte di cassazione; in particolare, come chiarito dalle Sezioni Unite, per l’applicazione dell’art. 129 c.p.p., è necessario sussista ancora un “procedimento” in punto esistenza del reatoaffermazione di responsabilità dell’imputato, ma evidentemente detto “procedimento” più non esiste una volta che questa Corte abbia annullato solo su
altri punti, rigettando il ricorso su quello relativo alla responsabilità (Sez. U, 6019 del 11/05/1993 – dep. 14/06/1993, COGNOME ed altri, Rv. 193418).
La Corte di Cassazione, disponendo l’annullamento con rinvio in ordine al solo trattamento sanzioNOMErio ed al profilo della concedibilità della sospensione condizionale della pena, ha ribadito l’inquadramento del “fatto-reato” nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 introdotta dalla I. n. 79 del 2014, divenuta fattispecie autonoma di reato e non ipotesi circostanziata, ed ha rigettato nel resto il ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno del 3.07.2014 e segnatamente il primo motivo, con cui venivano dedotti vizi della sentenza in punto di responsabilità dell’imputato, tendendo gli stessi ad intaccare il giudizio sulla finalità di spaccio. Ciò ha determiNOME l’irrevocabilità della sentenz in punto di responsabilità dell’imputato sul “fatto-reato”, il reato di cessione d sostanze stupefacenti, residuando al giudice del rinvio la determinazione del trattamento sanzioNOMErio relativo al medesimo fatto inquadrato.
L’art. 624 cod. proc. pen. espressamente fa coincidere il concetto di autorità di cosa giudicata della sentenza relativamente alle parti non annullate con quello di irrevocabilità (di tali parti). Dunque, l’autorità di cosa giudicata-irrevocabil riguarda le disposizioni delle sentenze relative alle parti non annullate (e non in connessione essenziale con quelle annullate) e tra tali “disposizioni” vi è, oltre l’accertamento del “fatto-reato”, la pronuncia di condanna, sicuramente incompatibile con l’avvenuta estinzione del reato: ulteriore conferma che, nel caso di annullamento parziale nei termini di cui sopra, il “giudicato” riguarda anche la non esistenza di cause estintive del reato.
L’intervenuta irrevocabilità della statuizione sulla “esistenza del reatoresponsabilità dell’imputato”, conseguente al rigetto sul punto del ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno del 3.07.2014, precludeva pertanto al giudice del rinvio – ed a maggior ragione, preclude a questa Corte, avendo acquisito autorità di cosa giudicata la sentenza quanto all’affermazione della “esistenza del reato-responsabilità dell’imputato” sin dal 3.02.2016, data della sentenza rescindente – di dichiarare la causa estintiva.
Pure manifestamente infondati sono i successivi motivi, con i quali ci si duole del mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena e si attacca la motivazione della sentenza impugnata, che ha negato il beneficio in ragione della negativa personalità del reo e dei plurimi precedenti.
Si deve in proposito ricordare (vd. Sez. 5, n. 17953 del 07/02/2020, Filipache, Rv. 279206 – 02; Sez. 3, n. 35852 del 11/05/2016, COGNOME, Rv. 267639 – 01) che in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad
indicare quelli da lui ritenuti prevalenti in senso ostativo alla sospensio compresi i precedenti GLYPH E r, 4 L t
Inoltre, non può ritenersi intrinsecamente illogica la sentenza c esclude la recidiva e nega il beneficio (Sez. 1, Sentenza n. 4035 del 27/09/1 Ud. (dep. 1977) Rv. 135500 – 01, COGNOME), posto che la contestazione della recidiva, risponde ad esigenze ed a finalità diverse da quelle che presiedono concessione o meno del beneficio previsto dall’art 163 cod. pen.
Non sussiste, pertanto, difetto di motivazione, nella sentenza che neghi sospensione condizionale della pena sul rilievo che i precedenti pen dell’imputato sono tali da far ritenere che non si asterrà dal commettere reati.
Essendo il ricorso inammissibile e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese d procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de Ammende.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2024.