Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27018 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27018 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1586/2025
– Relatore –
NOME COGNOME NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 16/12/2024 della Corte di appello di Napoli lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con l’adozione delle statuizioni consequenziali.
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 16 dicembre 2024 e depositata il 26 febbraio 2025, la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME volta all’applicazione della continuazione tra i reati oggetto della sentenza resa dalla Corte di appello di Napoli il 27 novembre 2017, irrevocabile il 14 giugno 2019, e quelli oggetto della sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli il 15 marzo 2016, irrevocabile il 12 ottobre 2017.
Il giudice dell’esecuzione ha osservato che il contenuto di quella complessiva istanza replicava quello dell’istanza presentata in precedenza da COGNOME e seguita dall’ordinanza di rigetto emessa dalla stessa Corte di appello di Napoli con l’ordinanza del 20 gennaio 2021, nonchØ quello dell’ulteriore istanza presentata dal medesimo COGNOME, esitata da ordinanza di inammissibilità pure resa da quella Corte il 24 novembre 2023.
Nemmeno il provvedimento di applicazione della continuazione in favore del coimputato NOME COGNOME ha costituito, per la Corte di appello, un dato nuovo dirimente nel senso prospettato dall’istante: pertanto, in ragione del fatto che COGNOME non aveva impugnato i precedenti provvedimenti reiettivi, nØ aveva allegato elementi nuovi, l’istanza Ł stata ritenuta inammissibile.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso il difensore di COGNOME chiedendone l’annullamento in base a due motivi, oggetto di unitaria trattazione.
2.1. Con il primo motivo si prospetta il vizio della motivazione e anche la sua mancanza rispetto alle deduzioni svolte nell’istanza e nella memoria di replica al parere formulato dal Pubblico ministero.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia l’erronea applicazione degli artt. 666 e 671 cod. proc. pen. in merito alla ritenuta inidoneità della situazione dedotta di superare il giudicato
esecutivo costituitosi con il primo provvedimento di rigetto.
La difesa ha precisato che, oltre al fatto che la prima istanza di applicazione della continuazione era stata presentata e decisa prima che NOME COGNOME, coimputato di COGNOME in entrambe le vicende processuali, ottenesse il riconoscimento del chiesto vincolo fra i reati in forza di ordinanza del 20 giugno 2022, anche la seconda istanza era stata presentata nel febbraio 2022 e – pur se poi era stata decisa, all’esito di riserva assunta il 25 ottobre 2022, con provvedimento depositato il 24 novembre 2023 – non aveva dedotto l’avvenuto riconoscimento della continuazione in favore del coimputato: di conseguenza, il presente procedimento Ł stato il primo in cui tale elemento Ł stato prospettato.
Secondo la difesa, la vicenda esecutiva che aveva condotto all’applicazione della continuazione in favore di COGNOME ha costituito un elemento nuovo, in quanto non conosciuto e valutato in precedenza dal giudice dell’esecuzione, idoneo a modificare la pregressa situazione inerente alla posizione di COGNOME al fine dell’individuazione del medesimo disegno criminoso fra i reati giudicati con le due indicate sentenze, tenendo conto degli altri dati emersi in precedenza e ribaditi nell’impugnazione.
In particolare, era emerso che COGNOME, secondo il collaboratore di giustizia NOME COGNOME, era a completa disposizione di NOME COGNOME vicinanza confermata dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME in merito alla consapevolezza di COGNOME dell’estorsione perpetrata ai danni di COGNOME, oltre che corroborata dalle dichiarazioni del commerciante NOME COGNOME che aveva riferito di essere stato convocato a casa di NOME COGNOME da COGNOME.
Il ricorrente ha, quindi, desunto dal segnalato dato nuovo, riguardato in relazione al complesso delle già emerse circostanze, l’emersione di un’adeguata serie di elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso anche in ordine alla sua posizione, elementi che – sostiene – il giudice dell’esecuzione ha erroneamente omesso di prendere in considerazione.
Il Procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in quanto – anche a voler ritenere mai esaminata in precedenza la questione dell’avvenuto riconoscimento della continuazione al coimputato NOME COGNOME il giudice dell’esecuzione ha incensurabilmente chiarito che tale dato, riguardante altro condannato, non influenza la diversa posizione di COGNOME il quale, al di là della non determinante circostanza succitata, non ha fornito nuovi elementi tali da giustificare la rivalutazione della fattispecie dedotta nel senso della sussistenza del medesimo disegno criminoso alla base dei reati da lui commessi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł da ritenersi reiterativo e, in ogni caso, manifestamente infondato: esso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Si osserva che il giudice dell’esecuzione, a ragione della declaratoria di inammissibilità, assunta, in ogni caso, dopo l’instaurazione del contraddittorio e lo svolgimento della corrispondente udienza camerale, il giudice dell’esecuzione ha puntualizzato che gli argomenti addotti dalla difesa nelle due istanze pregresse erano perfettamente sovrapponibili a quelli prospettati in questo procedimento e, quindi, l’istanza in valutazione non conteneva elementi di novità rispetto a quelli valutati in precedenza: in particolare, la deduzione dell’esito favorevole che aveva avuto l’analoga istanza presentata di NOME COGNOME non costituiva elemento nuovo, sia per la diversità di posizione di quest’ultimo rispetto a quella di COGNOME (a differenza del coimputato, COGNOME aveva
ricoperto un ruolo di prestigio all’interno del clan COGNOME, essendo stato considerato dai collaboratori di giustizia al vertice dei traffici di droga e delle attività estorsive nel territorio di Torre del Greco), sia perchØ la continuazione applicata a COGNOME era stata sancita da provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli emesso il 20 giugno 2022, ossia in epoca antecedente all’ordinanza di inammissibilità del 24 novembre 2023.
In questa prospettiva, la conclusione del giudice dell’esecuzione Ł che Ł mancata l’evenienza di nuove circostanze di fatto ovvero di nuove questioni di diritto idonee ad autorizzare il superamento della preclusione processuale costituita dal giudicato esecutivo, anche l’istanza oggetto di esame avendo dedotto la strumentalità del reato di estorsione oggetto della seconda sentenza rispetto alla partecipazione all’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti accertata con la prima sentenza, ossia un argomento già scartato con il primo provvedimento di rigetto.
Questo ragionamento non risulta scalfito, nemmeno nella prospettazione, dalle deduzioni del ricorrente, essendo rimasto incontrastato il dato di fatto che lo stesso giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza del 24 novembre 2023, aveva già dichiarato inammissibile quella che era, a sua volta, la nuova istanza di applicazione della continuazione, giacchØ, prima ancora, sempre la Corte di appello di Napoli, con ordinanza del 20 gennaio 2021, aveva rigettato la stessa istanza, affermando la mancata emersione del medesimo disegno criminoso in capo al condannato in ordine alla commissione dei reati (associazione finalizzata al traffico di stupefacenti ed estorsioni aggravate accertati con le due indicate sentenze); ciò, senza che Imperato impugnasse tale provvedimento e senza che successivamente avesse dedotto effettive novità.
L’atto impugnatorio ha, nella sostanza, criticato l’ordinanza in verifica per non aver valorizzato quale novità il fatto che, con provvedimento emesso il 20 giungo 2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, sempre in funzione di giudice dell’esecuzione, era stata applicata la continuazione fra gli stessi reati per la posizione di NOME COGNOME e, però, la Corte di appello ha dato conto in modo chiaro e adeguato delle ragioni per le quali tale provvedimento non poteva, nØ può rappresentare un’effettiva sopravvenienza idonea a incidere in modo apprezzabile sulla valutazione – negativa – già formulata circa la continuazione fra i reati commessi da COGNOME
Infatti, come ha puntualmente rilevato il giudice dell’esecuzione, l’ordinanza di applicazione per NOME COGNOME della continuazione fra i medesimi reati, oltre che (elemento nemmeno da sottovalutare) l’ulteriore reato di estorsione oggetto della sentenza n. 408/20, irrevocabile per COGNOME il 26 giugno 2020, Ł stata emessa – in sede rescissoria dopo annullamento pronunciato dalla Corte di cassazione – in forza di motivazione imperniata in via primaria sull’indice sintomatico costituito dal ruolo apicale del suddetto COGNOME nel clan COGNOME, consorteria nella quale si Ł rimarcato COGNOME rivestiva un ruolo egemonico, ruolo che, secondo le argomentazioni espresse dal Giudice per le indagini preliminari che ha applicato la continuazione, aveva determinato il reo a elaborare e coltivare un unitario progetto criminoso egemonico sul territorio torrese con riguardo al settore del traffico di stupefacenti e al settore dell’imposizione del pizzo estorsivo, così costituendo il collante finalistico individuato alla base dei reati considerati.
Pertanto, al di là dell’antecedenza temporale dell’ordinanza applicativa della continuazione a Gaudino rispetto alla declaratoria di inammissibilità della seconda istanza formulata da COGNOME (argomento pure esposto nell’ordinanza), quel che rileva Ł che Ł stata la funzione determinante rivestita dal succitato elemento sintomatico – peculiare con
riferimento alla sola sfera di COGNOME e per nulla trasponibile a quella dell’attuale ricorrente ad avere determinato il giudice dell’esecuzione a ritenere, alla luce di argomentati riferimenti al contenuto delle sentenze accertative dei reati e della posizione di COGNOME nella corrispondente causazione, il fatto addotto come privo di novità per l’attuale ricorrente.
In particolare, si Ł motivatamente ritenuto che nemmeno la collocazione ancillare di COGNOME rispetto a NOME COGNOME, addotta dalla difesa come elemento significativo, potesse essere, in relazione al concreto dipanarsi delle condotte dell’interessato, un fattore rilevante allo scopo di fornire concreti ragguagli circa la configurabilità dell’unitarietà progettuale anche in capo a COGNOME in ordine alla progressiva commissione dei reati suindicati.
La conseguenza Ł stata inevitabilmente che, escluso ogni effettivo spessore del dedotto novum , il giudice dell’esecuzione ha constatato – e il rilievo Ł restato sostanzialmente insuperato – che il tema per il resto coltivato dall’istante, ossia la prospettazione della strumentalità del reato estorsivo rispetto ai fini perseguiti dall’associazione dedita al traffico di stupefacenti, identificava il leitmotiv delle precedenti istanze, già valutato dai corrispondenti provvedimenti come inidoneo a dimostrare la medesimezza del disegno criminoso per la posizione di COGNOME
Posto tale quadro di elementi valutabili, occorre ritenere che, essendo identici i titoli di reato oggetto del precedente provvedimento negativo, il giudice dell’esecuzione abbia rettamente rilevato la sussistenza, nella constatata carenza di elementi nuovi, della preclusione scaturente nella stessa sede esecutiva dagli effetti del rigetto ormai cristallizzatosi: essendo restato sostanzialmente invariato il thema decidendum , Ł stato correttamente considerato dal giudice dell’esecuzione che il radicarsi della preclusione propria del giudicato esecutivo non consentiva l’ammissibile proposizione della complessiva nuova istanza.
4.1. La Corte di appello ha fatto giusta applicazione del principio di diritto – che si ribadisce – secondo cui la pronuncia del giudice dell’esecuzione di rigetto della richiesta di applicazione della continuazione preclude la riproposizione della richiesta, con riferimento e, quindi, se del caso, limitatamente – ai reati per cui Ł stato escluso il riconoscimento del reato continuato (Sez. 1, n. 10320 del 06/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284242 – 01; Sez. 1, n. 36337 del 16/03/2016, COGNOME, Rv. 268562 – 01; Sez. 1, n. 12823 del 03/03/2011, COGNOME, Rv. 249913 – 01).
Tale assunto si coniuga in modo coerente con il piø generale rilievo annesso alla preclusione processuale, altrimenti definita come giudicato esecutivo, in relazione a cui si Ł precisato, da parte del piø autorevole consesso di legittimità, che essa Ł rilevabile anche di ufficio, dalla stessa Corte di cassazione, giacchØ la stessa, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., determina l’inammissibilità dell’istanza che sia meramente reiterativa di una domanda già esaminata e che si limiti a riproporre identiche questioni in assenza di nuovi elementi (Sez. U, n. 40151 del 19/04/2018, Avignone, Rv. 273650 – 01).
Nel caso in esame, quindi, per il – perfettamente corrispondente – ambito costituito dai reati oggetto delle due succitate decisioni, nessun novum determinante appariva essere stato dedotto e illustrato, sicchØ il rilievo della preclusione processuale da parte del giudice dell’esecuzione si mostra incensurabile.
4.2. Si precisa che diverso sarebbe stato il caso della sopravvenienza di una sentenza accertativa di un altro reato tale da modificare il cumulo, così da influire sulla consecutio dei reati oggetto dell’istanza o della corrispondente valutazione.
Si Ł chiarito che, in tema di applicazione della continuazione in fase esecutiva, Ł
ammissibile, in quanto non meramente ripropositiva, la domanda relativa a fatti, successivamente ricompresi insieme ad altri in un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti ex art. 663 cod. proc. pen., che abbiano formato oggetto di una precedente istanza di applicazione della continuazione, costituendo la sopravvenienza di un provvedimento di cumulo, ancorchØ comprensiva di reati per i quali l’esistenza del vincolo sia già stata valutata, un elemento nuovo che impone una rivalutazione del nesso ideativo e volitivo tra tutti i fatti in esso confluiti (Sez. 1, n. 44564 del 18/10/2019, COGNOME, Rv. 277149 – 01; Sez. 1, n. 7333 del 09/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254805 – 01; v. anche Sez. 1, n. 4761 del 25/10/2024, dep. 2025, D., Rv. 287553 – 01).
4.3. Il tema introdotto Ł stato, dunque, inquadrato in modo da dare risposta alla questione se la dedotta sopravvenienza potesse valere quale novum idoneo a superare la preclusione costituita dal giudicato esecutivo, nell’alveo del condiviso orientamento secondo cui la preclusione del giudicato esecutivo Ł inoperante quando – e soltanto quando vengano dedotti elementi nuovi, di fatto o di diritto, cronologicamente sopravvenuti alla decisione, ovvero siano prospettati elementi pregressi o coevi che, tuttavia, non abbiano formato oggetto di considerazione, neppure implicita, da parte del giudice (Sez. 1, n. 27712 del 01/07/2020, COGNOME, Rv. 279786 – 01; Sez. 1, n. 7877 del 21/01/2015, COGNOME, Rv. 262596 – 01, nel solco definito anche da Sez. U, n. 18288 del 21/01/2010, COGNOME, Rv. 246651 – 01), questione che si incrocia con il tema della corrispondente, sia pure circoscritta, revocabilità dei provvedimenti esecutivi (su cui v., sia pure con riferimento a diverso ambito esecutivo, Sez. 1, n. 15552 del 05/02/2020, COGNOME Rv. 279056 – 01).
Nel caso di specie, la risposta – sorretta da motivazione adeguata e non illogica – Ł stata nel senso che la sopravvenienza effettiva non si Ł registrata e che, quindi, l’istanza era da considerarsi meramente reiterativa di quelle precedenti, già esitate in senso negativo a COGNOME.
Il ricorrente – avendo basato l’allegazione del novum sulle argomentazioni indicate, risultate irrilevanti oppure non estranee al novero di elementi già scrutinato nell’analisi che aveva esitato l’ordinanza del 20 gennaio 2021 e poi l’ordinanza del 24 novembre 2023, e, comunque, su dati afferenti ad altro soggetto, inidonei a incidere sull’analisi della sua posizione – si Ł visto opporre, in modo corretto, l’efficacia preclusiva dei precedenti provvedimenti esecutivi ora richiamati, per essere mancata, in relazione alle, reiterative e generiche, allegazioni connotanti l’istanza, l’emersione dell’elemento nuovo che avrebbe legittimato la riproposizione della domanda.
Sotto l’indicato profilo, i motivi introdotti con l’impugnazione soggiacciono al rilievo di inammissibilità.
Tale esito determina, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost., sent. n. 186 del 2000) – di una somma alla Cassa delle ammende in misura che, per il contenuto dei motivi dedotti, si fissa equamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 07/05/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME