Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6055 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 6055 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI NOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 01/09/1980
avverso l’ordinanza del 30/05/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento del 2 marzo 2024, depositato il 4 marzo 2024, il Magistrato di sorveglianza di Napoli rigettava la richiesta presentata dal detenuto in espiazione pena NOME COGNOME per ottenere la revoca dell’ordinanza in data 15 dicembre 2011, n. 5984/2011, con la quale lo stesso Ufficio, per il periodo dal 19 aprile 2006 al 12 agosto 2009, aveva rigettato una richiesta di liberazione anticipata presentata da COGNOME.
NOME COGNOME proponeva reclamo rivolto al Tribunale di sorveglianza di Napoli, che lo rigettava con ordinanza del 30 maggio 2024, rilevando, fra l’altro, che la modifica della precedente citata ordinanza del 15 dicembre 2011, n. 5984/2011 non era ammissibile, perché tale provvedimento era divenuto definitivo in mancanza di impugnazione e perché non erano sopravvenuti nuovi elementi.
Avverso l’ordinanza del 30 maggio 2024, il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con atto volto ad ottenerne l’annullamento di tale provvedimento.
La difesa deduce, in primo luogo, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’insussistenza di un interesse ad impugnare l’ordinanza n. 5984/11 del 15 dicembre 2011 in ragione della sopravvenuta espiazione della pena, e la legittimità di una rivalutazione di merito dell’istanza di liberazion anticipata anche in assenza di elementi di novità.
La difesa deduce, in secondo luogo, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., manifesta illogicità della motivazione circa l’irrilevanza del giudicato su una sentenza penale relativa a condotta commessa da COGNOME, quale elemento sopravvenuto di novità ai fini della revoca dell’ordinanza n. 5984/11 del 15 dicembre 2011, di rigetto della precedente istanza di liberazione anticipata.
La difesa deduce, in terzo luogo, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., mancanza di motivazione sia sull’applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità circa l’estensione dell’effetto della condotta negativa ai semestri contigui a quello in cui furono commesse violazioni, sia con riferimento ad espresse argomentazioni difensive tratte dalle relazioni degli istinti di pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché le doglianze proposte sono tutte manifestamente infondate e tendenti a rivalutazioni di elementi fattuali.
1.1. La giurisprudenza di legittimità ha stabilito che, in tema di liberazione anticipata, la mancata impugnazione dell’ordinanza con cui il tribunale di sorveglianza abbia respinto l’istanza determina la formazione del giudicato, sicché rimane precluso l’esame del comportamento nel periodo di detenzione oggetto della prima decisione, se il condannato presenta una nuova richiesta di riduzione della pena (Sez. 1, Sentenza n. 41344 del 14/04/2023, Rv. 285128 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 35796 del 08/03/2019, Rv. 276615 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 1069 del 17/11/2005, dep. 2006, Rv. 233134 – 01). È stato spiegato che, una volta respinta l’istanza di riduzione della pena per liberazione anticipata, si forma il giudicato qualora l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza non venga impugnata ovvero il ricorso per cassazione sia rigettato, con la conseguenza che, se il condannato presenta una nuova istanza di riduzione di pena, la successiva decisione soggiace all’effetto preclusivo del precedente giudicato, talché è inibito riprendere in esame il comportamento del condannato durante il periodo di detenzione oggetto della prima decisione, a nulla rilevando che il provvedimento di rigetto sia stato emesso con la clausola “allo stato”, che deve ritenersi tamquam non esset, essendo precluso al giudice modificare gli effetti che discendono ope legis dal provvedimento stesso (Sez. 1, Sentenza n. 2419 del 26/05/1992, Rv. 191544 – 01).
1.2. In applicazione del richiamato principio di diritto, pienamente condivisibile, deve affermarsi, con riferimento al caso concreto ora in esame, che le doglianze difensive sono manifestamente infondate, come sopra già rilevato.
La decisione del Tribunale di sorveglianza è rispettosa dei principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in materia, ed è basata su motivazione chiara, completa e adeguata, pienamente ragionevole. Essa, nel rispetto delle norme vigenti, ha ancorato la decisione di rigetto del reclamo, per un verso, al rilievo che la decisione di rigetto dell’istanza di liberazione anticipata era divenuta definitiv e si era così realizzato l’effetto preclusivo; per altro verso, alla mancanza di elementi di novità che consentissero di superare tale effetto.
1.3. In definitiva, lo sviluppo argomentativo della motivazione posta a sostegno dell’ordinanza impugnata, esauriente e immune da vizi logici e giuridici, risulta basato su una coerente analisi critica degli elementi disponibili e sulla lore coordinazione in un organico quadro interpretativo, senza alcuna violazione legge.
Detta motivazione, quindi, supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle norme, delle regole della logica e della conformità ai canoni che presiedono all’apprezzamento delle circostanze fattuali.
Il ricorso invoca, in realtà, una ricostruzione alternativa, non consentita in sede di legittimità, degli elementi già considerati dal Tribunale di sorveglianza. Le censure formulate nell’interesse del condannato, a fronte del provvedimento ora impugnato del 30 maggio 2024 – che non risulta, nella sua completezza, manifestamente illogico, né viziato da non corretta applicazione della normativa si risolvono in richieste di analisi critiche esulanti dai poteri di sindacato del giudi di legittimità e sono dirette ad ottenere inammissibili valutazioni sia sulle ragioni della mancata proposizione di impugnazione avverso l’ordinanza di rigetto del 15 dicembre 2011, n. 5984/2011, sia sulla condotta di infrazione che determinò tale rigetto.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in applicazione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma indicata nel seguente dispositivo alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla stregua del principio di diritto affermato da Corte cost. n. 186 del 2000 – la ricorrenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione dell’impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 9 ottobre 2024.