Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23363 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23363 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI MESSINA nel procedimento a carico di:
NOME nato a MESSINA il 24/02/1961
avverso l’ordinanza del 06/12/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18 dicembre 2024 la Corte di appello di Messina, quale giudice dell’esecuzione, ha rideterminato in due anni e quattro mesi di reclusione la pena applicata a NOME COGNOME a titolo di aumento per la continuazione, per i reati, indicati ai capi 72) (associazione mafiosa) e 73) (associazione mafiosa finalizzata al narcotraffico) dell’imputazione, per i quali egli è stato condannato con sentenza della Corte di assise di appello di Messina del 18 gennaio 2002.
A tal fine, premesso che, con precedente ordinanza ex art. 671 cod. proc. pen. del 16 gennaio 2023, è stata riconosciuta la continuazione tra tali reati ed altro, più grave, per il quale egli ha riportato, con sentenza della Corte di appello di Messina del 17 giugno 2021, la pena di tredici anni di reclusione, ha rilevato che l’aumento stabilito per la continuazione con i reati di cui ai capi 72) e 73) della sentenza della Corte di assise di appello di Messina del 18 gennaio 2002, emessa nell’ambito di procedimento definito con il rito abbreviato, era stato determinato senza tener conto della necessità di ridurre la pena di un terzo, operazione che, pertanto, COGNOME aveva, con successiva istanza, legittimamente sollecitato.
Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Messina propone ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo, con il quale deduce, sotto un duplice profilo, violazione di legge.
Rileva, in primo luogo, che la Corte di appello, nella precedente ordinanza resa il 16 gennaio 2023, con la quale ha applicato il vincolo della continuazione tra i reati accertati, rispettivamente, con le sentenze del 18 gennaio 2002 e del 17 giugno 2021, ha determinato la sanzione da infliggersi a COGNOME, a titolo di aumento per la continuazione, per avere egli commesso i reati di cui ai capi 72) e 73) della sentenza della Corte di assise di appello di Messina del 18 gennaio 2002, in misura che già teneva conto della riduzione per il rito, per come, del resto, univocamente, ancorché implicitamente, evincibile dalla motivazione del provvedimento.
Nota, ulteriormente, che la più recente istanza di COGNOME avrebbe dovuto, comunque, essere dichiarata inammissibile perché proposta con riferimento a questione ormai coperta dal giudicato, formatosi sulla decisione del 16 gennaio 2023, divenuta definitiva a seguito della sua omessa impugnazione da parte dei soggetti a ciò legittimati.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
NOME COGNOME ha depositato, 1’11 febbraio 2025, una memoria, con allegati, con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso o, in subordine, il suo rigetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Il provvedimento impugnato muove dal postulato secondo cui la pena di tre anni e sei mesi di reclusione irrogata, con ordinanza del 16 gennaio 2023 ed a titolo di aumento per la continuazione, per i reati di cui ai capi 72) e 73) della sentenza della Corte di assise di appello di Messina del 18 gennaio 2002, sarebbe stata determinata al lordo della riduzione di un terzo, conseguente all’avere, in quella sede, l’imputato optato per il rito abbreviato.
In senso adesivo a tale decisione si è espresso COGNOME che, con la più recente memoria, ha segnalato, da un canto, che il silenzio serbato, sul punto, dalla Corte di appello nell’ordinanza del 16 gennaio 2023 è segno che quel giudice non ha considerato la necessità di operare la prevista riduzione e, dall’altro, che il contestato provvedimento, per quanto sintetico, è chiaramente frutto del riconoscimento, da parte del giudice dell’esecuzione, della fondatezza della sua richiesta.
Il ragionamento sotteso all’ordinanza impugnata non convince, perché contrastante con pregnanti argomenti che, sul piano ermeneutico, inducono a preferire l’opposta interpretazione, propugnata dal pubblico ministero ricorrente.
Dalla documentazione allegata all’impugnazione risulta, invero, che il giudice della cognizione aveva applicato, per i reati di cui ai capi 73) e 72), la pena complessiva di cinque anni di reclusione e £. 20.000.000 di multa (e, precisamente, di quattro di reclusione e £. 20.000.000 di multa, per l’uno, e di un anno di reclusione, per l’altro), determinata, previo riconoscimento della continuazione tra i due reati, in ragione della maggiore gravità del primo ed applicando la riduzione di un terzo per la scelta del rito abbreviato (cfr. pagg. 31, 32 e 34 della sentenza della Corte di appello di Messina del 18 gennaio 2002).
Con l’ordinanza ex art. 671 cod. proc. pen. resa il 16 gennaio 2023, il giudice dell’esecuzione ha riconosciuto la continuazione tra i due reati de quibus agitur e quello, più grave, associativo per cui COGNOME è stato condannato, con separata sentenza della Corte di appello di Messina del 17 giugno 2021, alla pena di tredici anni di reclusione.
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Per effetto di tale provvedimento, il reato di cui al capo 72) ha mantenuto la sua connotazione di fattispecie «satellite», pur rispetto ad un diverso reato – cioè a quello accertato con la sentenza del 17 giugno 2021, anziché a quello di cui al capo 73) – mentre quello ascritto a COGNOME al capo 73) è, a sua volta, diventato «satellite» di quello ex art. 416-bis cod. pen. che gli è valso la condanna, il 17 giugno 2021, alla pena di tredici anni di reclusione.
Il giudice dell’esecuzione, nello stabilire, per i delitti di cui ai capi 72) e 73) la pena da infliggere a Ventura ai sensi dell’art. 81 cod. pen., la ha lasciata, per il primo (che si è detto non avere mutato, per effetto del più intervento, carattere di reato «satellite»), intatta, e la ha ridotta, per il secondo (che, al contrario, ha perso la connotazione di reato più grave), a due anni e sei mesi di reclusione, tenuto conto, quanto al delitto associativo ex art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, «della durata dell’associazione, del ruolo del prevenuto e degli altri elementi valorizzati nel giudizio di cognizione».
Il tenore della predetta decisione e le motivazioni ad essa sottesa accreditano, quindi, la ricostruzione, suggerita dal Procuratore generale ricorrente, secondo cui il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento del 16 gennaio 2023, ha proceduto alla rideterminazione delle pene per i reati sub 72) e 73) in termini già comprensivi della riduzione di un terzo per la scelta del rito abbreviato.
Il provvedimento impugnato è, comunque, affetto da un ulteriore, ed assorbente, vizio di legittimità perché emesso con riferimento ad una questione il quantum di pena da applicarsi a NOME COGNOME a titolo di aumento per la continuazione, per i reati di cui ai capi 72) e 73) – non più sindacabile perché già vagliata nell’ambito del procedimento definito con l’ordinanza del 16 gennaio 2023, medio tempore divenuta irrevocabile.
Se è vero, infatti, che, come segnalato da COGNOME con la memoria dell’Il febbraio 2025, «In tema di esecuzione, l’intervenuta irrevocabilità del provvedimento del giudice preclude una nuova decisione sul medesimo oggetto, a condizione che non siano prospettati nuovi elementi di fatto o nuove questioni giuridiche, dovendosi intendere come tali non solo gli elementi sopravvenuti, ma anche quelli preesistenti, di cui non si sia tenuto conto ai fini decisori» (così, tra le tante, Sez. 4, n. 45413 del 04/12/2024, De Nuptiis, Rv. 287352 – 01; Sez. 5, n. 15341 del 24/02/2010, COGNOME, Rv. 246959 – 01), non è men vero, per contro, che COGNOME, nel rivolgersi, illo tempore, al giudice dell’esecuzione, gli ha chiesto di intervenire sia sull’an che sul quantum della pena che egli avrebbe dovuto scontare per avere commesso tutti i reati oggetto dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. e che la Corte di appello ha offerto, in proposito, una risposta completa e coerente.
Per completezza ed a smentita di quanto eccepito da COGNOME con la memoria dell’il. febbraio 2025, va aggiunto che il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza
del 16 gennaio 2023, ha determinato la pena in misura non esorbitante i limiti previsti, onde, con riferimento alla fattispecie in esame, non può in alcun modo
discutersi di illegalità della sanzione, condizione che, qualora sussistente, avrebbe consentito – come, da ultimo, ribadito, proprio in materia di commisurazione della
pena in sede di esecuzione, da Sez. 1, n. 38848 del 18/09/2024, COGNOME Rv.
287098 – 01 – l’intervento correttivo anche al di là dei limiti del giudicato.
5. Le precedenti considerazioni impongono, in conclusione, l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, con il quale è stata operata la non
consentita modificazione del trattamento sanzionatorio relativo ai reati commessi da NOME COGNOME ed ascrittigli ai capi 72) e 73) del procedimento penale definito
con sentenza della Corte di assise di appello di Messina del 18 gennaio 2002.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Così deciso il 18/03/2025.