Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24956 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24956 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a FORMIA il 02/07/1987 avverso l’ordinanza del 05/12/2024 della Corte d’appello di Napoli udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 5 dicembre 2024 la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza con la quale NOME COGNOME ha chiesto il riconoscimento della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. tra le seguenti sentenze emesse dalla stessa Corte di appello:
16 novembre 2017, irrevocabile il 26 maggio 2020, per il delitto di cui all’art. 629, comma secondo, cod. pen, aggravato ai sensi dell’art. 7 legge n. 203 del 1991, commesso a Marano di Napoli in epoca prossima al 4 novembre 2014;
28 aprile 2020, irrevocabile il 16 giugno 2021, per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. commesso fino al 28 gennaio 2015 a Mondragone;
12 febbraio 2019, irrevocabile il 15 giugno 2021, per i delitti di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990, commessi a Mondragone nel 2014.
L’istanza Ł stata considerata mera riproposizione di altra già rigettata dallo stesso giudice dell’esecuzione il 27 ottobre 2023.
Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore di fiducia, articolando un motivo con il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 81 cod. pen.
In primo luogo, sarebbe stata omessa la valutazione di altre ordinanze emesse nei confronti di originari coimputati del ricorrente in favore dei quali il vincolo della continuazione invocato anche nel presente procedimento Ł stato riconosciuto.
Nel caso di specie, tale elemento di novità Ł stato sottoposto alla cognizione del giudice dell’esecuzione, con la conseguenza che l’istanza non avrebbe potuto essere considerata mera riproposizione di altra precedentemente rigettata.
Infatti, le argomentazioni affrontate e risolte da altre Autorità Giudiziarie in merito a profili omogenei a quelli in rilievo per quanto riguarda la posizione del ricorrente, costituivano circostanze inedite intervenute successivamente alla valutazione della precedente istanza nell’interesse di COGNOME decisa nel 2023 e, pertanto, non avrebbero potuto essere trascurate.
In particolare, a seguito di annullamento disposto da questa Corte di una precedente ordinanza
di dinego della continuazione nei confronti dell’originario correo NOME COGNOME, la Corte di appello di Napoli ha riconosciuto il vincolo della continuazione nei confronti di altri coimputati, quali NOME COGNOME e NOME COGNOME; tali diverse determinazioni avrebbero precluso la declaratoria di inammissibilità oggetto di impugnazione.
Nel merito, peraltro, il ricorrente illustra le ragioni a fondamento della tesi secondo cui i reati oggetto delle sentenze di condanna sono stati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, per come desumibile dalle modalità di commissione, dai luoghi di consumazione delle condotte delittuose e dall’epoca alla quale risalgono i fatti.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł inammissibile.
Il ricorrente ha proposto l’istanza di riconoscimento del vincolo della continuazione successivamente al rigetto, in data 27 ottobre 2023, di altra precedente richiesta di analogo contenuto adducendo, quale elemento idoneo a superare la preclusione in sede esecutiva, la novità costituita dal riconoscimento, medio tempore intervenuto, dello stesso vincolo nei confronti di altro originario coimputato.
Il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che si fosse in presenza di una «mera riproposizione» di una richiesta già oggetto di un precedente provvedimento di rigetto, con la conseguente operatività dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. che, qualora l’istanza sia basata sui «medesimi elementi», consente la declaratoria di inammissibilità da parte del giudice o del presidente del collegio con decreto motivato.
E’ stata dichiaratamente fatta applicazione del principio in base al quale ‘in tema di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, Ł irrilevante che in separata sede cognitiva o di esecuzione il vincolo ex art. 81, comma secondo, cod. pen. sia stato riconosciuto in favore di concorrenti nei reati plurisoggettivi oggetto della richiesta’ (Sez. 1, n. 14824 del 08/01/2021, COGNOME, Rv. 281186 – 01).
La norma Ł espressione del generale principio del ne bis in idem che «permea l’intero ordinamento giuridico e fonda il preciso divieto di reiterazione dei procedimenti e delle decisioni sull’identica regiudicanda, in sintonia con le esigenze di razionalità e di funzionalità connaturate al sistema» (Sez. 1, n. 10320 del 06/10/2022, dep. 2023, in motivazione).
Il nucleo del ricorso riguarda la possibilità di qualificare l’elemento posto a supporto della nuova istanza ex art. 671 cod. proc pen. (il sopravvenuto riconoscimento del vincolo in accoglimento di altre istanze presentate da originari coimputati del ricorrente) quale prospettazione in grado di superare la rilevata preclusione.
Sul punto, l’elaborazione della giurisprudenza di questa Corte afferma principi piuttosto costanti e qui condivisi.
E’ stato affermato che «in tema di incidente di esecuzione, l’art. 666 comma secondo cod. proc. pen., nella parte in cui consente al giudice la pronuncia di inammissibilità qualora l’istanza costituisca una mera riproposizione di una richiesta già rigettata, configura una preclusione allo stato degli atti che, come tale, non opera quando vengano dedotti fatti o questioni che non hanno formato oggetto della precedente decisione» ( Sez. 1, n. 19358 del 05/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269841).
Si tratta di principio sostanzialmente conforme all’altro secondo cui, il perimetro entro il quale deve essere compiuta la valutazione del giudice dell’esecuzione, Ł individuato tenendo conto che «il provvedimento del giudice dell’esecuzione divenuto formalmente irrevocabile preclude, ai sensi dell’art. 666, comma secondo, cod. proc. pen., una nuova pronuncia sul medesimo “petitum” finchØ non si prospettino elementi che, riguardati per il loro significato sostanziale e non per l’apparente
novità della veste formale, possono essere effettivamente qualificati come nuove questioni giuridiche o nuovi elementi di fatto, sopravvenuti ovvero preesistenti, che non abbiano già formato oggetto di valutazione ai fini della precedente decisione. ed altre precedenti conformi» (Sez. 3, n. 50005 del 01/07/2014, COGNOME, Rv. 261394).
A precisazione dell’orientamento esposto e qui ribadito, deve essere affermato che la novità dell’elemento di fatto e delle questioni giuridiche che giustificano la riproposizione dell’istanza al giudice dell’esecuzione devono essere riferiti specificamente alla posizione e ai temi che hanno formato oggetto del precedente provvedimento e non anche a profili ad essi estranei.
In particolare, occorre che il dato nuovo abbia riguardo al soggetto che propone l’istanza e tale non può ritenersi l’eventuale diverso trattamento riservato ad altri (anche originari coimputati) in ulteriore procedimento esecutivo, non afferendo la questione alla posizione dell’interessato.
Si tratta di una circostanza inidonea a scardinare la citata preclusione, sostanziandosi nella difforme valutazione compiuta da un altro giudice di merito in riferimento ad un altro soggetto.
NØ esiste, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, un generico dovere del giudice dell’esecuzione di confrontarsi specificamente con la motivazione adottata da altro giudice in relazione ad una posizione diversa da quella del richiedente l’applicazione della continuazione, non integrando tale motivazione nØ un nuovo elemento di fatto o una nuova questione giuridica riferita al condannato.
Si tratta, infatti, di una «novità» che afferisce, piø propriamente, all’interpretazione delle acquisizioni utili ai fini della decisione sull’istanza di riconoscimento della continuazione e che non Ł suscettibile di essere inquadrata tra i «fatti» nuovi o le nuove «questioni giuridiche» fra le quali, certamente, non Ł compreso il profilo che riguarda la parità di trattamento tra i coimputati che attiene, anch’essa, a profili valutativi di merito insuscettibili di essere fatti valere in sede esecutiva.
A tale scopo si rivela manifestamente infondato il riferimento al noto principio affermato da Sez. 1, n. 4716 del 08/11/2013, dep. 2014, COGNOME Rv. 258227 – 01, secondo cui «il giudice dell’esecuzione, investito da richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., non può trascurare, ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione, una precedente valutazione positiva già operata in fase di esecuzione relativamente ad alcuni reati, potendo da essa prescindere solo previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative ragioni per cui i fatti oggetto di detta richiesta non possono essere ricondotti al delineato disegno».
Si tratta di principio che non riguarda, in alcun modo, il tema principale del presente procedimento, ossia quello del superamento del giudicato esecutivo.
Peraltro, nel caso di specie, secondo la stessa prospettazione del ricorrente, il riconoscimento in favore degli altri coimputati non Ł avvenuto in sede di rinnovata valutazione dell’istanza di continuazione a seguito del superamento della preclusione di cui all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., bensì in conseguenza di annullamento della Corte di cassazione.
Infine, il precedente riferito alla posizione della coimputata NOME COGNOME (Sez. 1, n. 10091 del 14/01/2025) non ha affermato principi in contrasto con quanto sin qui illustrato, ovvero la superabilità della preclusione derivante dal giudicato esecutivo, avendo precisato che il giudice dell’esecuzione deve tenere conto dei provvedimenti di riconoscimento della continuazione nei confronti dei coimputati, ma non anche che occorra farlo nel caso (come quello in esame) di riproposizione della medesima istanza.
Da quanto esposto, discende l’inammissibilità del ricorso in quanto contenente enunciati manifestamente infondati.
Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 27/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME