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Giudicato esecutivo: No a nuova istanza per coimputato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati, basando la nuova istanza su un provvedimento favorevole emesso per un coimputato. La Corte ha ribadito la solidità del principio del giudicato esecutivo, specificando che la diversa valutazione per un altro soggetto non costituisce un ‘fatto nuovo’ idoneo a superare la preclusione.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Giudicato Esecutivo e Istanza del Coimputato: La Cassazione Fa Chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura penale: i limiti alla riproposizione di un’istanza in fase esecutiva e la tenuta del giudicato esecutivo. La Corte ha stabilito che la concessione di un beneficio a un coimputato non costituisce un ‘fatto nuovo’ tale da giustificare una nuova istanza da parte di chi se l’era vista precedentemente rigettare. Analizziamo insieme i contorni di questa importante decisione.

I Fatti alla base del Ricorso

Il caso riguarda un soggetto condannato con tre diverse sentenze per reati gravi, tra cui estorsione aggravata, associazione di tipo mafioso e traffico di sostanze stupefacenti. In fase di esecuzione della pena, egli aveva presentato alla Corte d’Appello un’istanza per ottenere il riconoscimento della ‘continuazione’ tra i reati oggetto delle diverse condanne. Questo istituto, previsto dall’art. 81 del codice penale, avrebbe comportato un ricalcolo della pena in senso più favorevole, unificando i reati sotto un unico ‘disegno criminoso’.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva dichiarato l’istanza inammissibile, considerandola una semplice riproposizione di una richiesta identica, già respinta pochi mesi prima. Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso per cassazione.

L’Argomento del Ricorrente e il Principio del Giudicato Esecutivo

L’elemento centrale del ricorso si basava su una presunta novità: nel frattempo, la stessa Corte d’Appello aveva riconosciuto il vincolo della continuazione ad altri suoi coimputati. Secondo la difesa, questa diversa e favorevole determinazione costituiva una circostanza inedita che avrebbe dovuto superare la preclusione derivante dalla precedente decisione negativa e imporre al giudice un nuovo esame del merito. Si scontravano, quindi, due principi: da un lato, l’esigenza di parità di trattamento; dall’altro, la stabilità del giudicato esecutivo.

L’articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale, stabilisce infatti che il giudice può dichiarare inammissibile un’istanza che costituisca una mera riproposizione di una richiesta già rigettata e basata sui medesimi elementi, in applicazione del principio generale del ne bis in idem (non due volte sulla stessa cosa).

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo inammissibile e manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito in modo netto la portata del concetto di ‘elemento nuovo’ idoneo a superare il giudicato esecutivo. Hanno affermato che la novità dell’elemento di fatto o della questione giuridica deve essere riferita specificamente alla posizione e ai temi che hanno formato oggetto del precedente provvedimento riguardante il richiedente, e non a profili esterni.

In particolare, l’eventuale diverso trattamento riservato ad altri soggetti, seppur coimputati nello stesso procedimento, non costituisce una circostanza che afferisce alla posizione personale dell’interessato. Si tratta, infatti, di una ‘circostanza inidonea a scardinare la citata preclusione’, poiché si sostanzia in una difforme valutazione compiuta da un giudice in riferimento a un altro soggetto. Non esiste, secondo la Corte, un dovere per il giudice dell’esecuzione di conformarsi alla motivazione adottata in un altro procedimento per una posizione diversa. La decisione favorevole al coimputato non integra né un nuovo fatto né una nuova questione giuridica per il ricorrente, ma attiene a profili valutativi di merito non suscettibili di essere fatti valere per superare una decisione già divenuta irrevocabile.

Conclusioni

La sentenza ribadisce con forza il principio della stabilità e dell’intangibilità del giudicato esecutivo. La possibilità di riproporre un’istanza già rigettata è subordinata alla presentazione di elementi realmente nuovi e pertinenti alla specifica posizione del richiedente. Una decisione favorevole ottenuta da un coimputato non rientra in questa categoria, in quanto rappresenta una valutazione autonoma e distinta che non può scalfire l’autorità di una precedente decisione negativa divenuta definitiva. Questa pronuncia offre un importante parametro per definire i confini del principio del ne bis in idem in fase esecutiva, bilanciando le esigenze di giustizia sostanziale con quelle di certezza e razionalità del sistema.

È possibile presentare una nuova istanza in fase esecutiva dopo un primo rigetto?
Sì, ma solo se si deducono elementi di fatto o questioni giuridiche nuove, sopravvenute o preesistenti, che non siano già state oggetto di valutazione nella decisione precedente. Una mera riproposizione basata sui medesimi elementi è inammissibile.

Una decisione favorevole a un coimputato costituisce un ‘fatto nuovo’ per superare il giudicato esecutivo?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione positiva ottenuta da un coimputato riguarda la sua specifica posizione e non costituisce un fatto o una questione giuridica nuova per chi si è visto rigettare una precedente e analoga istanza. Si tratta di una circostanza esterna e non pertinente a superare la preclusione.

Cosa significa il principio del ‘ne bis in idem’ in fase esecutiva?
Significa che, una volta che il giudice dell’esecuzione si è pronunciato su una determinata richiesta con un provvedimento divenuto irrevocabile, non è possibile presentare una nuova istanza basata sugli stessi fatti e sulle stesse argomentazioni, al fine di garantire la stabilità delle decisioni giudiziarie e la razionalità del sistema.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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