Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30326 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30326 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 13/03/1987
avverso l’ordinanza del 18/02/2015 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 18/02/2025, la Corte di appello di Bari, quale giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza avanzata da NOME COGNOME affinchè si procedesse alla retrodatazione della condotta associativa a suo carico accertata con sentenza di condanna n. 1891/2021 della Corte di appello di Bari in data 10/05/2021 e si fissasse l’interruzione della permanenza nel reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 al mese di dicembre 2016, data del suo arresto e di quello dei promotori del sodalizio.
A COGNOME era stato notificato in data 19/12/2022 dalla Procura Generale presso la Corte di appello di Bari provvedimento di esecuzione di pene concorrenti con contestuale ordine di esecuzione per la carcerazione recante n. 916/2022 SIEP.
Nel provvedimento erano confluite diverse sentenze. Con la sentenza
emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bari in data 19/01/2017, parzialmente riformata con sentenza della Corte di appello di Bari in data 20/11/2017, irrevocabile dal 05/01/2018, era stato ritenuto responsabile e condannato ad anni cinque di reclusione ed euro 20.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90, aggravato ai sensi dell’art. 80 d.P.R. n. 309/90, commesso in Mola di Bari e per il quale era stato arrestato in flagranza il 05/09/2016.
La pena inflitta era stata interamente scontata dal giorno dell’arresto al 23/06/2020.
Durante la detenzione era stato attinto da ordinanza di custodia cautelare per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90, contestato dal mese di maggio 2016 fino all’attualità e per reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90 commessi tra il 14/08/2016 e il 15/08/2016.
Per questi fatti era stata condannato in forza della citata sentenza n. 1891/2021 della Corte di appello di Bari in data 10/05/2021, divenuta definitiva quanto all’accertamento della responsabilità e alla commisurazione della pena principale in data 15/12/2022.
Il Procuratore Generale territoriale aveva ancorato la cessazione della permanenza per il reato associativo alla data del 14/03/2018 (quella di esecuzione della custodia cautelare) e non aveva per questo tenuto conto della presofferta detenzione nel periodo intercorso tra il 05/01/2017 e il 14/03/2018 in relazione al titolo derivante dal procedimento per il reato di cui agli artt. 73 e 80 d.P.R. n. 309/90, in quanto non fungibile essendo stato il reato associativo commesso in epoca antecedente dal maggio 2016 in permanenza e quindi anche dopo il predetto periodo di custodia cautelare.
Secondo l’istante, invece, l’operatività dell’associazione doveva considerarsi cessata dal mese di dicembre 2016, quando tutti i promotori dell’associazione erano stati arrestati, come peraltro si sarebbe ricavato dalla motivazione di un precedente provvedimento del Tribunale di sorveglianza in tema di liberazione anticipata con riguardo ai quattro semestri di pena espiata dal 05/09/2016 al 05/09/2018.
La Corte di appello di Bari ha ritenuto tale istanza inammissibile poiché l’accertamento della cessazione della permanenza del reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90 era stato già oggetto di precedente decisione della stessa Corte di appello, in qualità di giudice dell’esecuzione, in data 11/01/2024, divenuta irrevocabile a seguito del rigetto del ricorso per cksazione in data 10/05/2024.
Dopo avere riportato integralmente tale precedente ordinanza, il provvedimento impugnato aveva concluso che l’istanza proposta era identica a quella già rigettata e che l’unico elemento nuovo era costituito dal
provvedimento del Tribunale di sorveglianza che incidentalmente accertava in modo diverso l’epoca di cessazione della permanenza vnon poteva incidere sul giudicato esecutivo.
Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la suddetta ordinanza e con un unico motivo ha censurato l’omessa motivazione sulla questione dedotta con la nuova istanza, che non chiedeva l’accertamento della cessazione della condotta partecipativa del COGNOME ma l’accertamento del momento in cui l’associazione stessa aveva smesso di operare e di essere attiva, dissoltasi per l’arresto di tutti i promotori, così come si ricava dalla sentenza di condanna del 10/05/2021 e come ha pure affermato il Tribunale di sorveglianza di Bari.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato perché il contenuto dell’istanza dichiarata inammissibile non poteva considerarsi del tutto sovrapponibile a quella della precedente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il ricorrente lamenta che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto valutare non tanto i profili attinenti alla condotta di partecipazione all’associazione delittuosa da parte del condannato quanto l’accertamento del momento in cui l’associazione stessa aveva smesso di operare e di essere attiva, perché dissoltasi per l’arresto di tutti i promotori, così come si ricava dalla sentenza di condanna del 10/05/2021 e come ha pure affermato il Tribunale di sorveglianza di Bari. Ciò al fine di consentire allo stesso condannato di ottenere, nel calcolo della pena da espiare, il computo del periodo di carcerazione sofferta dal 05/01/2017 al 14/03/2018.
Tuttavia, correttamente il provvedimento impugnato ha fatto richiamo alla precedente ordinanza della Corte di appello di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, in data 11/01/2024, passato in giudicato a seguito di rigetto di ricorso per cassazione, che ha esaminato partitamente la medesima questione.
Già tale precedente ordinanza dà conto del contenuto delle sentenze di merito e afferma: «già dopo l’arresto del COGNOME, NOME COGNOME (condannato come organizzatore del gruppo) si interessò alla sorte del sodale ed apprese che l’incarto relativo all’arresto non era stato ancora consegnato all’avvocato (pag.
411 della motivazione di primo grado), per cui già questo aspetto dimostra un interesse del vertice dell’associazione alla perdurante tutela del sodale.
A pag. 390 della sentenza di primo grado, nell’ottica del riconoscimento dell’esistenza dell’associazione, risulta poi evidenziata la conversazione nel corso della quale si apprendeva che l’organizzazione, tramite NOME (pure condannato per la partecipazione), aveva provveduto al pagamento di una parcella a favore dell’avvocato che difendeva COGNOME Samuel, arrestato il 05/09/2016».
La motivazione prosegue ricostruendo tutta una serie di conversazioni che, ad avviso dei giudici di merito, dimostravano come i partecipi all’associazione mantenevano legami di solidarietà criminale tra loro, provvedevano al pagamento dei difensori gli uni per gli altri, discutevano della possibilità di aiutare il COGNOME ad ottenere gli arresti donniciliari e poi ad allontanarsi dall’Itali con documenti falsi.
Il provvedimento, riportato nell’ordinanza impugnata, conclude in punto di fatto che «solo lo smantellamento dell’associazione con l’esecuzione dell’ordinanza cautelare ha prodotto l’interruzione del vincolo del Muca con gli altri» e quindi indica la cessazione della permanenza alla stessa data indicata dalla Procura Generale.
Sebbene si limiti ad affermare che a quella data il vincolo del Muca con l’associazione si scioglie, il giudice dell’esecuzione aveva comunque esplicitamente descritto come operante fino a quella data il sodalizio.
Quindi la questione era stata già esaminata e non può avere rilevanza l’accertamento della data di scioglimento dell’associazione, visto che, a questo punto, fermo il giudicato, non potrebbe che essere individuata in un’epoca successiva al 14/03/2018, data che è quella di interesse del ricorrente ai fini dell’ottenimento del computo per presofferto in base alle sue richieste.
Correttamente poi il giudice dell’esecuzione non ha tenuto conto di quanto statuito nel più volte richiamato provvedimento del Tribunale di sorveglianza che ha comunque effettuato una valutazione che non gli competeva e che non può avere refluenza nell’incidente di esecuzione.
E infatti “il “tempus connmissi delicti” del reato oggetto della condanna sopravvenuta deve essere individuato dal tribunale di sorveglianza esclusivamente in base a quanto accertato dal giudice della cognizione, non spettando al tribunale medesimo alcun autonomo potere di delimitazione temporale della condotta. (Fattispecie in tema di condanna per associazione per delinquere, contestata con l’indicazione della sola data di cessazione)”. (Sez. 1, n. 9167 del 14/12/2022, dep. 2023, Scalogna, Rv. 284511 – 01).
3. Il ricorso deve essere pertanto respinto e il ricorrente va condannat pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 09 maggio 2025
Il Consigliere estensore
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Il Presidente