Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8599 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8599 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/07/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOMEAVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata Il Tribunale di sorveglianza di Venezia ha respinto il reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza con la quale il Magistrato di sorveglianza di Padova aveva dichiarato inammissibile l’istanza di rivalutazione di periodo pregresso (dal 3 giugno 2017 al 28 ottobre 2020), ai fini di ottenere la detrazione di pena quale rimedio specifico, ex art. 35-ter Ord. pen., per la detenzione patita presso la Casa circondariale di Padova.
Il Tribunale ha condiviso la posizione del Magistrato di sorveglianza di Padova, ritenendo operativa la preclusione derivante dal giudicato esecutivo.
Si richiama la decisione della Suprema Corte n. 18288 del 21 gennaio 2010 secondo cui il procedimento di esecuzione, come quello di sorveglianza, tenuto conto del richiamo operato dall’articolo 678 cod. proc. pen. alla stessa disciplina, è soggetto al principio della preclusione processuale derivante dal divieto di bis in idem, ex articolo 666, comma 2, cod. proc. pen, norma che impone al giudice dell’esecuzione di dichiarare inammissibile la richiesta ove questa sia mera riproposizione di altra già rigettata in quanto basata sugli stessi elementi.
Si è, altresì, ritenuto che la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 6551 del 2021, non è un elemento di diritto che rappresenta novum idoneo a superare la preclusione descritta.
Si tratta di pronuncia che, per il Tribunale, ha soltanto chiarito i criteri interpretativi già invalsi nella giurisprudenza di legittimità con riferimento al rimedio di cui all’articolo 35-ter Ord. pen.
Il Tribunale, infatti, ha ritenuto che le Sezioni Unite quanto al computo del letto singolo, non avrebbero introdotto un criterio nuovo, mai preso in esame dalla giurisprudenza precedente; sicché tale pronuncia non ha assunto efficacia di elemento di diritto idoneo a travolgere il giudicato esecutivo.
2.Avverso detto provvedimento propone tempestivo ricorso il condannato, per il tramite del difensore, deducendo, con tre motivi, violazione degli artt. 117, comma primo, Cost., 3 CEDU, Legge n. 848 del 1955 e 35-ter Ord. pen., 666 cod. proc. pen. (primo motivo), violazione degli artt. 3, 6 Cost., 125, comma 3, cod. proc. pen. (secondo motivo), nonché violazione degli artt. 117, comma primo, Cost., artt. 3 CEDU, Legge n. 848 del 1955 e 35-ter Ord. pen., 666 cod. proc. pen. e dei principi di diritto di cui alla Sez. U, n. 6551 del 2021 (terzo motivo).
2.1. La difesa, con il primo motivo, deduce che l’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite della sezione Prima penale decisa con la sentenza numero 6551 del 2021 aveva evidenziato che l’articolo 35-ter Ord. pen., fa richiamo all’art. 3
CEDU, secondo un meccanismo “mobile” il cui contenuto precettivo è eterodefinito e si modella sull’interpretazione della Corte Edu che consiste, quindi, nel nucleo centrale del precetto normativo, con obbligo per il giudice nazionale di una lettura adeguatrice.
Si evidenzia che la sentenza delle Sezioni unite in argomento prende le mosse dalla pronuncia della Corte Edu COGNOME c. Italia, che richiama, quanto ai rimedi risarcitori in parola, la necessità di applicarli a favore del detenuto nei casi in cui la Corte EDU, direttamente avrebbe potuto condannare lo stato italiano per la violazione dell’art. 3 CEDU.
In tale caso, il legislatore ha adottato uno strumento innovativo valorizzando l’interpretazione della Corte Edu quale elemento integrativo della norma di legge; sicché per effetto della lettura segnalata dell’articolo 35-ter Ord. pen., l’interpretazione dell’art. 3 CEDU, da parte della Corte, diventa parte della norma che il giudice nazionale dovrà applicare.
Al giudice interno, quindi, sono imposte la costante conoscenza e l’analisi le decisioni emerse dalla Corte Edu sul tema in questione.
In tale contesto interpretativo (cfr. pag. 21 della Sez. U n. 6551 del 2021) il rinvio mobile deve essere considerato quello alle sentenze della Corte Edu grande camera del 2016 Music c. Croazia, nonché la sentenza del 2017 Rezmivese c. Romania ed altre citate a pag. 5 del ricorso.
La sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte del 2021, secondo la difesa, quindi, rappresenta un novum rispetto alla ricostruzione del contenuto precettivo dell’art. 35-ter Ord. pen.
Si richiama, inoltre, giurisprudenza di legittimità (cfr. pag. 7 del ricorso) che include nel novum, idoneo a superare la preclusione di cui all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., il mutamento giurisprudenziale anche a seguito di intervenuto delle Sezioni Unite che si rifanno a principi affermati dalla CEDU, attribuendo all’interpretazione carattere di stabilità (Rv. 276604, Rv. 246651).
Quindi, si sostiene che idonea a superare il giudicato esecutivo è l’interpretazione delle Sezioni Unite di questa Corte in relazione alle complessive modalità di calcolo della superficie della cella di pernottamento.
2.2.Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 3, 6 Cost. e 125 comma 3 cod. proc. pen. riscontrando una motivazione soltanto apparente rispetto al devoluto con il reclamo, quanto al contenuto innovativo dedotto dal reclamante, in relazione alla giurisprudenza della Corte EDU.
2.3.Con il terzo motivo si rimarca che si determinerebbe una disparità di trattamento tra detenuti che hanno patito condizioni di sovraffollamento e tra differenti periodi per lo stesso detenuto.
3.11 Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, NOME COGNOME, ha chiesto con requisitoria scritta la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. L’unico argomento indicato dal ricorrente, con riferimento a tutti i tre motivi di ricorso, per sostenere il dedotto novum è quello relativo alla postulata modificazione dell’interpretazione adottata, in sede di legittimità, in ordine ai criteri di misurazione della camera detentiva, allo scopo di verificare il rispetto, da parte dell’Amministrazione penitenziaria, del criterio quantificatore dello spazio vitale minimo che compete, nel corso della restrizione carceraria, a ciascun detenuto.
Tuttavia, come rilevato anche dal Tribunale di sorveglianza, le Sezioni Unite di questa Corte nell’affermare che nella valutazione dello spazio individuale minimo di tre metri quadrati, da assicurare ad ogni detenuto affinché lo Stato non incorra nella violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, stabilito dall’art. 3 della Convenzione EDU, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, si deve avere riguardo alla superficie che assicura il normale movimento nella cella e, pertanto, vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano i letti a castello (Sez. U, n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, Commisso, Rv. 280433) non ha innovato rispetto all’orientamento interpretativo maturato in precedenza in base al quale, ai fini della determinazione dello spazio individuale minimo intramurario, deve aversi riguardo alla superficie pari o superiore a tre metri quadrati da assicurare a ogni detenuto, affinché lo Stato non incorra nella violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, ex art. 3 della Convenzione EDU, come interpretato dalla conforme giurisprudenza della Corte EDU in data 8 gennaio 2013 nel caso COGNOME c. Italia, con la susseguente specificazione, anch’essa confermativa, del suindicato criterio di computo (tra le altre, Sez. 1, n. 41211 del 26/05/2017, COGNOME, Rv. 271087; Sez. 1, n. 13124 del 17/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269514, Sez. 1, n. 52819 del 09/09/2016, COGNOME, Rv. 268231).
In sintonia con l’insegnamento espresso dalla Corte EDU nella pronuncia Mursic c. Croazia del 28/10/2016, che ha posto al centro della verifica da compiersi l’enucleazione della superficie calpestabile e ha sottolineato che è “importante determinare se i detenuti hanno la possibilità di muoversi normalmente nella cella”, le Sezioni Unite hanno applicato, espressamente, il richiamato principio generale ad una specifica categoria di arredi, i letti a
castello, considerati strutture tendenzialmente fisse e limitative della libertà di movimento del recluso.
Non sussiste, pertanto, l’addotto mutamento di interpretazione giurisprudenziale idoneo a legittimare la riproposizione della domanda già rigettata, ma al limite, l’omessa o erronea valutazione, non dedotta specificamente nella presente sede, da parte del Giudice del provvedimento divenuto irrevocabile, di un elemento decisivo, risultante dagli atti sottoposti al suo esame, al momento del provvedimento pronunciato (cfr. Sez. 1, n. 35475 del 24/03/2023, COGNOME, relativa all’ingombro del letto singolo imbullonato al pavimento; Sez. 1, n. 16516 del 24/03/203, RAGIONE_SOCIALE, di cui si ripercorrono le condivisibili argomentazioni) che, tuttavia, non rappresenta un novum suscettibile di determinare il superamento della preclusione derivante dal giudicato esecutivo, ma un errore, di fatto o di diritto, cui deve porsi rimedio con l’impugnazione, in difetto della ·quale si configura l’acquiescenza alla decisione (Sez. 1, n. 47041 del 24/01/2017, Prostamo, Rv. 271453).
1.2. In definitiva, deve rilevarsi che l’ordinanza impugnata, in modo ineccepibile, ha fondatamente dichiarato inammissibile l’istanza ex art. 35-ter Ord. pen., in relazione al periodo dal 3 giugno 2017 al 28 ottobre 2020, trattandosi di domanda dal contenuto meramente reiterativo di altra già esaminata e decisa in senso sfavorevole per il condannato.
Il ricorrente, infatti, secondo il Tribunale (prospettazione non avversata con il ricorso specificamente) si è limitato a riproporre identiche questioni, in assenza di nuovi elementi idonei al superamento della preclusione rebus sic stantibus costituita dal cd. giudicato esecutivo, ossia dell’accertamento giudiziale a contenuto limitato a cui, per ragioni di economia e di efficienza processuale, l’ordinamento annette la stabilizzazione giuridica costituita dalla preclusione (così definita proprio al fine di rimarcarne le differenze con il concetto tradizionale di giudicato) connotata dalla limitata portata dell’effetto, circoscritta alla deduzione dello stesso oggetto in relazione a presupposti di fatto e ragioni di diritto identici a quelli rappresentati (Sez. U, n. 40151 del 19/04/2018, Avignone, Rv. 273650; Sez. U, 21/01/2010, n. 18288, COGNOME, Rv. 246651).
1.3. Va, infine, rimarcato che nel ricorso non viene dedotto, con specifici e puntuali argomenti, che il caso in esame sia, in qualche modo, lambito dalla questione relativa all’eventuale estensione interpretativa, da parte delle Sezioni Unite Commisso, dei criteri affermati in relazione ai letti a castello, in ordine a qualsiasi arredo presente nella camera detentiva, tendenzialmente fisso.
Invero, la censura non precisa, anche ai fini di valutare se attribuire alla decisione delle Sezioni Unite Commisso la qualità di novum, capace di superare il giudicato esecutivo rispetto a quanto deciso nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, per il periodo di detenzione dal 3 giugno 2017 al 28 ottobre 2020, se la questione posta
attenga o meno, a letto singolo ancorato al suolo e di pari ingombro rispetto a quello a castello.
2.11 ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, indicata in dispositivo, in ragione dei motivi devoluti, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, non esulando profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità del ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso il 13 ottobre 2023 Il Consigliere estensore
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Il Presidente