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Giudicato esecutivo e cella: quando non c’è novum

Un detenuto ha richiesto una riduzione di pena per sovraffollamento, istanza già respinta in passato. Ha ripresentato il ricorso sostenendo che una nuova sentenza delle Sezioni Unite costituisse un ‘novum’. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che una pronuncia meramente chiarificatrice non è un elemento nuovo capace di superare la preclusione del giudicato esecutivo.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Giudicato Esecutivo e Spazio Vitale in Cella: Una Sentenza Chiarificatrice Non è un “Novum”

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8600 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale nell’ambito del diritto dell’esecuzione penale: i limiti del giudicato esecutivo di fronte a presunti cambiamenti giurisprudenziali. Il caso riguarda la richiesta di un detenuto di ottenere uno sconto di pena per le condizioni di sovraffollamento patite in carcere, una richiesta già rigettata in passato e riproposta sulla base di una presunta novità interpretativa introdotta dalle Sezioni Unite. La Corte ha colto l’occasione per ribadire la stabilità delle decisioni esecutive e definire con precisione cosa costituisca un vero “novum” capace di superarle.

I fatti del caso: la richiesta di risarcimento e il reclamo

Un detenuto, che aveva trascorso un periodo di detenzione in condizioni ritenute non conformi agli standard minimi di spazio vitale, aveva presentato un’istanza ai sensi dell’art. 35-ter dell’Ordinamento Penitenziario. Tale norma offre un rimedio (uno sconto di pena o un indennizzo) per chi subisce trattamenti inumani o degradanti a causa del sovraffollamento. La sua richiesta era stata però dichiarata inammissibile.

Successivamente, il detenuto ha riproposto la medesima istanza, sostenendo che una recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (la n. 6551/2021, nota come sentenza “Commisso”) avesse introdotto un criterio interpretativo nuovo e più favorevole per il calcolo dello spazio disponibile in cella, in particolare riguardo alla superficie occupata dagli arredi fissi come i letti a castello. Secondo la difesa, questa sentenza rappresentava un “novum” giuridico in grado di superare la precedente decisione e consentire un riesame della questione.

Sia il Magistrato di Sorveglianza prima, sia il Tribunale di Sorveglianza poi, hanno respinto la richiesta, ritenendo che operasse la preclusione derivante dal giudicato esecutivo, ovvero l’impossibilità di tornare su una decisione già presa in assenza di reali novità.

La decisione della Cassazione: il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale di Sorveglianza, dichiarando il ricorso del detenuto inammissibile. La motivazione centrale è netta: una sentenza che si limita a chiarire o esplicitare un principio di diritto già esistente, seppur in modo autorevole come fanno le Sezioni Unite, non costituisce un “novum” capace di travolgere il giudicato esecutivo.

Le motivazioni della Corte: il concetto di “novum” e il giudicato esecutivo

La Corte ha fondato la sua decisione su alcuni pilastri fondamentali del diritto processuale penale, applicati alla fase esecutiva.

Il procedimento di sorveglianza, come quello di esecuzione, è governato dal principio del ne bis in idem (non due volte per la stessa cosa), sancito dall’art. 666, comma 2, del codice di procedura penale. Questo significa che, una volta che un’istanza è stata decisa e rigettata, non può essere riproposta se si basa sugli stessi elementi. La decisione, pur non essendo una sentenza di merito in senso classico, acquista una stabilità, definita appunto giudicato esecutivo.

L’unico modo per superare questa preclusione è l’introduzione di un novum, ovvero un elemento di fatto o di diritto realmente nuovo e sopravvenuto rispetto alla decisione precedente.

Perché la sentenza “Commisso” non è un novum giurisprudenziale?

Il punto cruciale della motivazione della Cassazione riguarda la natura della sentenza “Commisso”. La Suprema Corte spiega che tale pronuncia non ha introdotto un criterio radicalmente nuovo, ma ha semplicemente applicato e chiarito principi già consolidati nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), in particolare nei casi “Torreggiani c. Italia” e “Mursic c. Croazia”.

Il principio secondo cui nel calcolo dello spazio vitale minimo (3 mq per detenuto) bisogna considerare solo la “superficie calpestabile”, escludendo quindi lo spazio occupato da arredi fissi, era già un orientamento consolidato. L’art. 35-ter Ord. pen. fa un “rinvio mobile” all’art. 3 della CEDU, il che significa che l’interpretazione della norma nazionale deve costantemente adeguarsi all’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Le Sezioni Unite, con la sentenza Commisso, hanno solo specificato che anche i letti a castello rientrano tra quegli arredi fissi da detrarre, senza però innovare il principio generale. Si è trattato di una specificazione, non di una rivoluzione interpretativa. Di conseguenza, non può essere considerata un “novum” giuridico.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La sentenza ribadisce con forza il principio di stabilità delle decisioni nella fase esecutiva, ponendo un argine a tentativi di riaprire continuamente questioni già definite. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Stabilità del giudicato esecutivo: Le decisioni dei magistrati di sorveglianza, una volta divenute definitive, sono difficilmente attaccabili se non in presenza di elementi fattuali o giuridici realmente nuovi e non semplici chiarimenti di principi esistenti.
2. Definizione restrittiva di “novum”: Non ogni nuova sentenza, neanche se proveniente dalle Sezioni Unite, può essere invocata come “novum”. È necessario che essa introduca un mutamento radicale e imprevedibile dell’orientamento giuridico, e non una semplice precisazione o consolidamento.
3. Onere della specificità: Chi invoca un “novum” deve dimostrare non solo la novità del principio, ma anche la sua diretta applicabilità al proprio caso concreto, cosa che nel ricorso in esame non era stata fatta con sufficiente dettaglio.

Una nuova sentenza delle Sezioni Unite costituisce sempre un “novum” in grado di superare una decisione precedente?
No. La Cassazione chiarisce che una sentenza, anche delle Sezioni Unite, che si limita a esplicitare o chiarire un principio giuridico già esistente nella giurisprudenza (specialmente quella europea), non costituisce un “novum” idoneo a superare la preclusione del giudicato esecutivo.

Come si calcola lo spazio minimo vitale in una cella secondo la giurisprudenza?
Lo spazio minimo individuale è di tre metri quadrati. Nel calcolo si deve considerare solo la superficie “calpestabile”, ovvero quella che assicura il normale movimento. Pertanto, devono essere detratti dal totale gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, come i letti (inclusi quelli a castello).

Cosa succede se si ripropone una richiesta già rigettata senza nuovi elementi?
La richiesta viene dichiarata inammissibile. Il principio del bis in idem e del giudicato esecutivo impedisce al giudice di riesaminare una questione già decisa in modo definitivo, a meno che non vengano presentati elementi di fatto o di diritto realmente nuovi, sorti dopo la precedente decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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