Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15738 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15738 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 31/01/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Tropea il 17/11/1984 Avverso l’ordinanza emessa in data 23/07/2024 dal Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23/07/2024, il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’appello proposto, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., nell’interesse di COGNOME NOME, avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Palmi, in data 27/06/2024, aveva respinto un’istanza di revoca o modifica della misura cautelare in carcere, applicata al COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen.
Ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla gravità indiziaria. Si contesta l’univocità e concludenza degli elementi a carico, anche in considerazione del coinvolgimento del ricorrente in una unica conversazione ambientale, di molti giorni anteriore alla cessione dello stupefacente.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
2.3. Violazione di legge con riferimento alla ritenuta irrilevanza del tempo trascorso in regime inframurario, tenuto anche conto dello stato di incensuratezza. Si deduce che l’episodio in contestazione risaliva al 2019, e che non era stata adeguatamente analizzata la posizione e la personalità del COGNOME, dedito al lavoro per sostenere la propria famiglia e coinvolto solo in una fase anteriore alla cessione contestata. La difesa richiama inoltre una decisione volta a riconoscere rilevanza al c.d. tempo silente anche nei procedimenti in cui vige la presunzione di cui all’art. 275 comma 3, cod. proc. pen.
2.4. Violazione di legge con riferimento alla proporzionalità ed adeguatezza della misura applicata.
Con requisitoria tempestivamente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, osservando che le censure difensive dovevano ritenersi precluse dal giudicato cautelare formatosi a seguito della mancata impugnazione dell’ordinanza emessa in sede di riesame, in cui la difesa aveva proposto le medesime questioni reiterate nell’odierno incidente cautelare.
All’odierna udienza, il Procuratore Generale si è riportato alla predetta requisitoria, mentre la difesa del COGNOME (che aveva in precedenza “rinunciato” alla richiesta trattazione orale: dichiarazione peraltro priva di effetti, ai se dell’art. 611, comma 2-ter, cod. proc. pen.), non è comparsa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Deve invero conferirsi rilievo assorbente al fatto che, come evidenziato dal Tribunale di Reggio Calabria (pag. 2 dell’ordinanza impugnata), la difesa del COGNOME aveva proposto altre analoghe istanze de libertate che il Giudice procedente aveva disatteso, e che gli appelli proposti ex art. 310 cod. proc. pen. avverso tali decisioni erano stati rigettati dal Tribunale reggino con ordinanze emesse rispettivamente in data 26/09/2023, 05/12/2023 e 13/02/2024.
In particolare, con riferimento all’ordinanza del 05/12/2023, viene in rilievo la sentenza n. 39565 del 27/09/2024, con cui la Sesta Sezione di questa Suprema Corte aveva dichiarato inammissibile il ricorso presentato avverso tale provvedimento, osservando tra l’altro che le censure prospettate in punto di gravità indiziaria (con riferimento alla conversazione intercettata), di sussistenza dell’aggravante ex art. 416.1 cod. pen., e di esigenze cautelari (in relazione al tempo trascorso tra il fatto contestato e l’applicazione della misura) erano state
formulate «nei medesimi termini proposti sia con l’impugnazione di riesame, s con l’appello avverso il primo rigetto del provvedimento di revoca o sostituzi
della misura cautelare, senza che si possano apprezzare elementi dotati necessario carattere di novità e tali da consentire la rivalutazione delle cond
cautelari nella prospettiva dell’impugnazione del provvedimento emesso ai sen dell’art. 299 cod. proc. pen.»” (cfr. pag. 4 della sentenza n. 39565 del 2024
Tali condivisibili rilievi devono essere integralmente ribaditi con riferi all’odierno ricorso, in relazione al quale non è dato rinvenire elemen
apprezzabile novità rispetto a quanto già precedentemente valutato n procedimenti incidentali cui si è accennato: le questioni sollevate devono pert
ritenersi coperte dal c.d. giudicato cautelare.
3. Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria d inammissibilità del ricorso, e la condanna del MATURI al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Non derivando dall’odierno provvedimento la rimessione in libertà de ricorrente, la Cancelleria provvederà agli adempimenti comunicativi di cui all
94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa de Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2025