Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27269 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27269 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato ad Afragola il 13/06/1964
avverso l’ordinanza del 25/03/2025 del TRIBUNALE DI NAPOLI (SEZIONE PER IL RIESAME DELLE MISURE CAUTELARI PERSONALI)
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’ inammissibilità del ricorso;
udito il difensore del ricorrente, Avvocato NOME COGNOME che, esposti i motivi, ha insistito per il loro accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25 marzo 2025 il Tribunale di Napoli, decidendo ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli del 4 febbraio 2025, con la quale era stata rigettata l’istanza di declaratoria d’inefficacia, presentata ai sensi dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., della misura della custodia cautelare in carcere cui l’imputato si trovava sottoposto, in relazione al
reato di partecipazione al clan camorristico ‘COGNOME‘, in esecuzione dell’ordinanza emessa in data 9 aprile 2022 dal Giudice per le indagini preliminari presso quel Tribunale.
A sostegno della decisione assunta il Tribunale ha evidenziato come sulla questione concernente la declaratoria d’inefficacia della misura cautelare applicata – fatta valere dall’appellante sostenendo che il termine di fase fosse scaduto, dovendo essere retrodatato alla precedente ordinanza adottata nei suoi confronti dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma in data 25 febbraio 2021 per fatti connessi – si fosse formato il giudicato cautelare, tanto precludendo l’adozione di una nuova decisione sullo stesso tema, in base al principio del ‘ ne bis in idem ‘ (art. 649 cod. proc. pen.). Preclusione non superabile sulla base degli elementi nuovi allegati a corredo della nuova istanza di declaratoria d’inefficacia della misura stessa (segnatamente, la deposizione del Luogotenente della Guardia di Finanza COGNOME e la sentenza della Corte di Cassazione relativa a fatti verificatisi fino al 24 gennaio 2012), trattandosi di elementi non valutabili ai fini della retrodatazione, poiché, entrambi, successivi alla data di emissione della seconda ordinanza cautelare e poiché la deposizione del Luogotenente COGNOME costituiva «atto meramente ricognitivo e ripetitivo di elementi già acquisiti».
Con il ricorso per cassazione proposto avverso l’illustrata ordinanza i difensori di NOME COGNOME hanno articolato un solo motivo – qui enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione – con il quale hanno chiesto, in via principale, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata per violazione dell’art. 306 cod. proc. pen. in relazione all’art. 297, comma 3, cod. proc. pen.; in subordine, l’annullamento con rinvio dell’ordinanza medesima per omessa valutazione di prove decisive.
Dopo avere allegato: I.) che il ricorrente era stato attinto da misura cautelare personale custodiale, applicatagli con ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma del 25 febbraio 2021 (eseguita l’8 aprile 2021) per fatti di frode fiscale e di autoriciclaggio, aggravati dalla finalità di agevolazione del clan ‘COGNOME‘; II.) che questi fatti risultavano avvinti da connessione, soggettiva, oggettiva e qualificata con i fatti di partecipazione al clan camorristico ‘COGNOME‘, per i quali NOME COGNOME era stato sottoposto alla misura cautelare personale custodiale oggetto del presente procedimento; III.) che l’ordinanza che aveva applicato la seconda misura poggiava su un quadro indiziario già esistente al momento dell’emissione della prima ordinanza, in quando desunto dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Napoli, confluite nel procedimento n. 30350/13 R.G.N.R., i difensori del ricorrente hanno denunciato la violazione
dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione da travisamento per omissione di elementi di prova decisivi.
In particolare, tali sarebbero stati quelli desumibili:
I.) dalla deposizione del Luogotenente COGNOME, resa alle udienze del 17 settembre e del 31 ottobre 2023 e del 15 ottobre 2024, suscettibile di costituire elemento nuovo, perché il relativo contenuto non era conosciuto dal Tribunale di Napoli Nord che in data 29 novembre 2022, aveva respinto l’istanza di declaratoria di inefficacia della misura applicata al COGNOME: questo perché le informative GICO n. 98291 e n. 387887, sul cui contenuto aveva riferito il menzionato Ufficiale di Polizia Giudiziaria non erano state acquisite nel compendio investigativo posto a fondamento della seconda misura cautelare applicata al ricorrente;
II.) dall’ordinanza del Tribunale di Roma che, ai fini dell’acquisizione delle intercettazioni disposte, aveva riconosciuto l’esistenza di una connessione qualificata tra i distinti procedimenti penali istaurati – dalla Procura della Repubblica di Roma e da quella di Napoli – a carico di NOME COGNOME.
Negando loro dignità di elementi nuovi, il giudice censurato, in definitiva, avrebbe violato il diritto vivente, espressosi sia nel senso che «le ordinanze in materia cautelare, quando siano esaurite le impugnazioni previste dalla legge, hanno efficacia preclusiva “endoprocessuale” solo con riguardo alle questioni esplicitamente o implicitamente dedotte (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 235908 – 01), sia nel senso che «L’ ‘ idem ‘ il cui ‘ bis ‘ è precluso non può concretarsi ed esaurirsi, in ambito cautelare, come avviene invece nel processo cognitivo, nella mera identità del fatto ma ricomprende necessariamente anche l’identità degli elementi posti (e valutati) a sostegno o a confutazione di esso e della sua rilevanza cautelare» (Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, dep. 2011, COGNOME, in motivazione).
Dunque, poiché erano stati addotti a sostegno dell’istanza di declaratoria d’inefficacia della misura cautelare applicata ad NOME COGNOME dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, respinta dal Tribunale di Napoli con ordinanza del 4 febbraio 2025, «elementi di novità concreti, rappresentativi non di una mera riproposizione di argomenti già esaminati, ma di un diverso quadro giuridico fattuale, determinatosi per effetto dell’acquisizione della prova assunta in uno dei due procedimenti connessi», non poteva essere opposta al ricorrente la preclusione del giudicato cautelare.
Ciò posto, il giudice censurato avrebbe dovuto esaminare nel merito l’appello proposto avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli in data 4 febbraio 2025 ed accogliere il gravame, essendosi verificata un’illegittima duplicazione di misure cautelari in violazione della libertà personale di NOME COGNOME.
Con memoria depositata tramite PEC in data 1 luglio 2025, l’Avvocato COGNOME difensore del ricorrente, ha concluso per l’accoglimento del ricorso, tornando ad evidenziare come né il Giudice per le indagini preliminari né il Tribunale di Napoli Nord avessero mai avuto conoscenza delle informative presenti nel processo capitolino, oggetto della testimonianza del luogotenente COGNOME
Il ricorso è stato trattato nelle forme della discussione orale avendone avanzato tempestiva richiesta i difensori dei ricorrenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
L’esame della questione oggetto di sindacato esige il richiamo alla nozione di ‘giudicato cautelare’ come delineata dal diritto vivente.
Le Sezioni Unite (con le sentenze: n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 235908 – 01; n. 14 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216261 – 01; n. 29952 del 24/05/2004, COGNOME, Rv. 228117 – 01; n. 14 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216261 – 01; n. 2 del 15/01/1999, COGNOME, Rv. 212807 – 01) hanno statuito che il ‘giudicato cautelare’ va inteso come preclusione operante esclusivamente allo stato degli atti e con riguardo soltanto alle questioni esplicitamente o implicitamente dedotte (così, anche Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, dep. 2011, COGNOME, in motivazione), di modo che il divieto cede di fronte alla sopravvenienza di fatti nuovi.
La giurisprudenza delle Sezioni Semplici ha, poi, chiarito che «In tema di cosiddetto ‘giudicato cautelare’, la preclusione derivante da una precedente pronuncia del tribunale del riesame può essere superata quando si prospettino nuovi elementi di valutazione e di inquadramento dei fatti, per effetto di sopravvenuti sviluppi delle indagini, anche con riguardo a circostanze maturate prima della deliberazione del giudice del gravame» (Sez. 5, n. 5959 del 14/12/2011, dep. 2012, Rv. 252151 – 01; Sez. 6, n. 4112 del 30/11/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 235610 – 01; Sez. 6, n. 26743 del 06/05/2003, COGNOME, Rv. 226991 – 01).
Alla stregua dei riportati principi e di quanto allegato dal ricorrente deve escludersi che la deposizione del Luogotenente della Guardia di Finanza COGNOME, resa nel corso del dibattimento nel processo celebrato a carico di NOME COGNOME
per il delitto di partecipazione al clan camorristico ‘COGNOME‘, sia stata tale da apportare elementi di valutazione nuovi ed ulteriori rispetto a quelli delibati dai giudici (segnatamente, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli e il Tribunale di Napoli Nord), che avevano respinto (rispettivamente con le ordinanze in data 2 agosto 2022 e 29 novembre 2022) le istanze di dichiarazione di inefficacia della misura cautelare personale custodiale imposta ad NOME COGNOME su provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli del 9 aprile 2022, presentate ai sensi dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen.
Non sono state specificamente illustrate nell’atto di impugnativa le ragioni per le quali le informative del GICO n. 98291 e n. 387887, del cui contenuto aveva riferito il Luogotenente COGNOME nella sua deposizione dibattimentale (cfr. pag. 7 del ricorso), non fossero meramente ricognitive e ripetitive di elementi di prova già acquisiti, come ritenuto dal giudice dell’ordinanza impugnata, ma fossero, invece, espressive di sviluppi di indagine, avviate sul conto di NOME COGNOME da parte dell’Autorità Giudiziaria capitolina, in grado di mettere radicalmente in discussione, per la sostanziale novità e decisività dei fatti accertati, l’apprezzamento compiuto dai giudici della cautela del procedimento penale partenopeo – che avevano respinto l’istanza di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare in relazione alla seconda misura applicata all’odierno ricorrente – circa la mancanza di prova della «anteriore ‘desumibilità’, dagli atti inerenti alla prima ordinanza cautelare, delle fonti indiziarie poste a fondamento dell’ordinanza cautelare successiva». Anteriore ‘desumibilità’ che, peraltro, secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte, consiste «non nella mera conoscibilità storica di determinate evenienze fattuali, ma nella condizione di conoscenza derivata da un determinato compendio documentale o dichiarativo che consenta al pubblico ministero di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità degli indizi, suscettibile di dare luogo, in presenza di concrete esigenze cautelari, alla richiesta e alla adozione di una nuova misura cautelare» (Sez. 3, n. 48034 del 25/10/2019, Di, Rv. 277351 – 02).
4. Inammissibile è poi il rilievo difensivo proteso ad eccepire l’omesso esame della portata innovativa dell’ordinanza del Tribunale di Roma che, ai fini dell’acquisizione delle intercettazioni disposte, aveva riconosciuto l’esistenza di una connessione qualificata tra i distinti procedimenti penali istaurati – dalla Procura della Repubblica di Roma e da quella di Napoli – a carico di NOME COGNOME. Il ricorrente, infatti, non ha dimostrato di avere dedotto tale elemento al giudice di appello, come, invece, sarebbe stato necessario, visto che nell’ordinanza impugnata è menzionata la sola sentenza della Corte di Cassazione «esibita in
udienza dai difensori». Nondimeno, il rilievo è, comunque, manifestamente infondato, poiché questa Corte ha precisato che la nozione sostanziale di unicità del procedimento individuata dalle Sezioni Unite n. 51 del 28/11/2019, COGNOME, riguarda esclusivamente la specifica disciplina delle intercettazioni e non può essere trasposta in ambiti processuali diversi (così, in motivazione, Sez. 4, n. 29174 del 15/05/2024, De Mitri, Rv. 286655 – 01).
L’infondatezza della censura relativa alla questione dei ‘ nova’ atti a determinare il superamento del giudicato cautelare formatosi sull’istanza di retrodatazione del termine di custodia cautelare esime il Collegio dall’esame delle ulteriori censure prospettate dal ricorrente; censure che, oltretutto, laddove attingono l’esistenza stessa dei requisiti di applicazione dell’istituto di cui all’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., appartengono alla cognizione del giudice dell’appello cautelare.
S’impone, pertanto, il rigetto del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 07/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME