Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 4770 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 4770  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Vasto il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/10/2023 del Tribunale di L’Aquila visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste scritte trasmesse dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso:
Depositata in Cancelleria
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
 Con ordinanza del 9 ottobre 2003, la sezione per il riesame del Tribunale di L’Aquila ha respinto l’appello proposto dall’odierno ricorrente avverso l’ordinanza con cui il G.i.p. del Tribunale Vasto aveva rigettato l’istanza di sostituzione della misura cautelare dell’obbligo di dimora nelle regioni dell’Abruzzo e del Molise, applicata in relazione al reato di detenzione illecita di 50 gr. d cocaina.
Avverso l’ordinanza, a mezzo dei difensori fiduciari, COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione deducendo l’assenza di motivazione e la violazione degli art. 275 e 277 cod. proc. pen. per l’omesso bilanciamento delle esigenze cautelari poste a fondamento della misura rispetto alla necessità di tutelare e garantire i diritti della persona, nella specie fortemente compromessi dalla misura applicata. Si lamenta, inoltre, l’omessa considerazione del decorso del tempo, in violazione del principio di c.d. dinamicità della vicenda cautelare.
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
3.1. Va in primo luogo rilevato che sulla legittimità dell’applicata misura dell’obbligo di dimora, limitata alle Regioni Abruzzo e Molise con l’ordinanza resa il 12 giugno 2023 dal Tribunale del riesame, è sceso il c.d. giudicato cautelare. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, le ordinanze in materia cautelare, quando siano esaurite le impugnazioni previste dalla legge, hanno efficacia preclusiva endoprocessuale riguardo alle questioni esplicitamente o implicitamente dedotte, con la conseguenza che una stessa questione, di fatto o di diritto, una volta decisa, non può essere riproposta, neppure adducendo argomenti diversi da quelli già presi in esame (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 235908; più di recente, Sez. 5, n. 27710 del 04/05/2018, COGNOME e a. Rv. 273648). In questa sede, dunque, può soltanto valutarsi se siano medio tempore intervenuti fatti nuovi che consentano di rivedere la decisione assunta (cfr., di recente, Sez. 3, n. 24256 del 21/04/2023, Drewes, Rv. 284683), ma, facendo corretta applicazione dei principi di diritto che regolano la materia e con non illogica motivazione, l’ordinanza impugnata ha escluso che tale situazione ricorra nel caso di specie.
3.2. In particolare, è incensurabile il rilievo che l’unico elemento nuovo suscettibile di considerazione ai fini della decisione sull’istanza di sostituzione d misura – resa dal g.i.p. a poco più di tre mesi dalla ordinanza pronunciata a definizione del giudizio di riesame – era rappresentato dal tempo decorso, ma lo stesso doveva considerarsi quale elemento neutro rispetto alla perdurante
sussistenza delle ragioni che ne avevano determinato l’adozione e non era pertanto valutabile. Si specifica, del resto, che, alla luce della gravità e modalit del fatto oggetto di procedimento – la detenzione a fini di spaccio di una non modesta quantità di cocaina presso la propria abitazione – dei due precedenti specifici dell’imputato e del suo inserimento nell’ambiente malavitoso del luogo di residenza, la richiesta misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria non sarebbe in alcun modo idonea a prevenire il pericolo di reiterazione del reato.
Nel contestare la sproporzione della misura in atto e l’omessa motivazione sul punto il ricorrente trascura di considerare che, come bene ha rilevato il Tribunale, il mero decorso di poco più di tre mesi dalla sua conferma in sede di riesame è elemento che certo non può dirsi “nuovo” ed idoneo a rivedere il giudizio reso, dovendo al proposito richiamarsi il consolidato principio – tanto più valido quanto più, come nel caso in esame, sia breve il lasso temporale di cui si discute – giusta il quale esso non assume di per sé rilievo determinante come fattore di attenuazione delle esigenze cautelari, esaurendo la sua valenza soltanto nell’ambito della disciplina dei termini di durata massima della custodia (Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2018, COGNOME, Rv. 273139; Sez. 2, n. 10808 del 16/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266161; Sez. 1, n. 24897 del 10/05/2013, COGNOME, Rv. 255832).
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, tenuto conto della sentenza Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che nella presente fattispecie non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., oltre all’onere del pagamento delle spese del procedimento anche quello del versamento in favore della cassa delle ammende della somma equitativamente fissata in Euro 3.000,00. 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 9 gennaio 2024.